Hulk Hogan è senza ombra di dubbio il wrestler più popolare della storia di questa disciplina.
Ma chi o cosa ha reso Terry Gene Bollea la più grande stella del pro wrestling negli anni Ottanta?
Fermo restando che - ovviamente - gran parte del merito il buon Hulk lo deve esclusivamente a sé stesso, alla sua straordinaria capacità di interconnettersi con il pubblico, in un periodo storico particolare in cui un "vero americano" era il simbolo perfetto della lotta al nemico straniero interpretato dai vari Nikolai Volkoff e The Iron Sheik, va anche detto che da solo sarebbe stato una impresa alquanto ardua.
Tantissimi sostengono che Hulk Hogan e la Hulkamania siano stati creati dal genio di Vince McMahon: ma ho sempre trovato questa affermazione esagerata, Hogan era già una stella di prim'ordine nella AWA di Verne Gagne, piuttosto possiamo dire che McMahon gli ha offerto un palcoscenico mille volte più grande ed importante, mettendolo al centro del suo progetto di espansione nel mondo della World Wrestling Federation.
Il mio modesto parere è che, se proprio Hulk deve ringraziare qualcuno, allora quelle persone sono due: l'attore Sylvester Stallone, che avendolo voluto in una piccola ma significativa parte nel suo film "Rocky III" lo ha reso popolare anche al di fuori del cerchio dei fan di wrestling e quell'uomo nella foto insieme a lui: Antonio Inoki.
È stato infatti Inoki il primo vero promoter a credere nelle reali potenzialità di Hogan: certo, da lottatore di prima punta, leader della New Japan Pro Wrestling ed idolo assoluto della folla, Inoki avrebbe potuto tranquillamente costruire il gigante biondo come l'ennesimo super avversario straniero da battere in nome dell'orgoglio giapponese.
E invece no.
Inoki costruì praticamente da solo, anche all'insaputa dello stesso Hogan, la figura mitologica del futuro leader della Hulkamania, facendosi non solo battere ma anche accusando pesantamente i colpi tremendi dell'americano, creando una figura immortale che rimarrà per sempre legata all'immaginario collettivo giapponese.
Fu probabilmente anche una grande iniezione di fiducia nello stesso Bollea, diventato consapevole delle proprie incredibili capacità, che saprà meglio sviluppare in territorio statunitense.
Hulk ed Antonio rimarranno legati da un sottile ed invisibile, ma ben saldo, filo comune, un rapporto di immenso e reciproco rispetto mai veramente sbandierato ai quattro venti, ma evidente sotto ogni punto di vista.
Ed Hogan non ha mai nascosto quanto il suo periodo nel Sol Levante sia stato quello che gli ha dato maggiori soddisfazioni come wrestler prima che come showman e personaggio televisivo. Addirittura, ancora campione WWF nel 1993, dichiarò in piena conferenza stampa che la cintura di McMahon era poco più di un giocattolo in confronto al prestigioso titolo IWGP, ad ulteriore conferma di cosa fosse disposto a rischiare uno come Hogan che ha sempre pesato le sue parole in conseguenza di ciò che avrebbe causato (beh, almeno fino a pochi anni fa).
Antonio Inoki ed Hulk Hogan hanno ricoperto lo stesso ruolo, in due mondi completamente diversi: uno il Giappone, l'altro gli Stati Uniti. Ma ambedue con un immenso rispetto per una disciplina che li ha accompagnati lungo tutto il percorso della loro straordinaria vita.
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