La Grande Guerra Bizantino-Persiana, durata dal 602 al 628, segnò l'ultimo e il più devastante dei conflitti che per secoli avevano contrapposto l'Impero romano d'Oriente, noto come Bisanzio, e l'Impero Sasanide di Persia. Questa contesa non fu un semplice scontro per la supremazia territoriale, ma una titanica prova di forza tra due antichi imperi, entrambi esausti e sull'orlo del collasso prima dell'improvvisa ascesa dell'Islam. Il casus belli fu l'assassinio dell'imperatore bizantino Maurizio nel 602 da parte del suo rivale politico Foca. Cosroe II, sovrano sasanide e in precedenza alleato e beneficiario del deposto Maurizio, dichiarò guerra a Bisanzio, usando la vendetta come pretesto per lanciare una massiccia offensiva e sfruttare la destabilizzazione interna dell'impero rivale.
Le operazioni militari iniziali, dal 602 al 610, videro i Persiani sasanidi conseguire una serie di successi sbalorditivi. L'impero di Foca si dimostrò militarmente e amministrativamente incapace di contenere l'avanzata di Cosroe II, le cui truppe invasero con relativa facilità l'Armenia, l'Anatolia e l'Osroene. L'odio dei sudditi per l'usurpatore Foca non fece che peggiorare la situazione, spingendo intere regioni a sottomettersi o a rivoltarsi contro Costantinopoli, con Cosroe che alimentava la voce di voler restaurare il legittimo erede di Maurizio. Nonostante il rovesciamento di Foca nel 610 ad opera di Eraclio, che salpò dall'Africa per prendere il potere, la situazione per Bisanzio peggiorò ulteriormente. Cosroe II, respingendo ogni proposta di pace, intensificò le operazioni.
Tra il 610 e il 619, i Persiani raggiunsero l'apice della loro espansione. Invasero la Siria, prendendo Antiochia nel 611, occuparono la Cappadocia e la strategica Cesarea. Il 614 vide il drammatico assedio e la conquista di Gerusalemme, un evento che ebbe un enorme impatto emotivo e religioso, con il Sacro Chiodo e la Vera Croce che furono portati via come trofei. Successivamente, occuparono Tarso e la Cilicia, spezzando l'Impero bizantino in due: da una parte Costantinopoli e l'Anatolia in mano bizantina, dall'altra l'intero Levante e l'Egitto in mano sasanide, quest'ultimo conquistato nel 619. L'impero si trovò sull'orlo del collasso, con i Balcani devastati dagli Avari e Costantinopoli minacciata da carestie e pestilenze.
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Fu in questo momento critico che l'imperatore Eraclio dimostrò una leadership eccezionale. Rifiutando di arrendersi nonostante la disperazione, Eraclio riorganizzò le forze imperiali e dal 622 al 626 condusse una serie di campagne magistrali in territorio persiano, alterando l'equilibrio del conflitto e costringendo i Sasanidi sulla difensiva. Le sue spedizioni in Cappadocia, Armenia e fino in Media furono condotte con audacia, costringendo Cosroe II a richiamare le truppe dai fronti occidentali. Un ultimo disperato tentativo persiano, in alleanza con gli Avari, di espugnare Costantinopoli nel 626 fallì, anche grazie all'alleanza di Eraclio con i Kazari. La fase finale della guerra vide Eraclio marciare nel cuore della Mesopotamia, culminando nella Battaglia di Ninive il 12 dicembre 627. In uno scontro cruento, i Bizantini prevalsero in modo decisivo.
La vittoria a Ninive demoralizzò il nemico e portò alla rapida caduta di Cosroe II, che fu rovesciato e assassinato da un colpo di stato nel 628. Il nuovo sovrano sasanide stipulò la pace con Eraclio, ripristinando lo status quo ante bellum e restituendo tutti i territori e i prigionieri, inclusa la Vera Croce. La guerra si concluse con una vittoria bizantina. Nonostante il trionfo, entrambi gli imperi erano catastroficamente indeboliti, con perdite umane ed economiche ingenti. Le loro risorse erano esaurite e le loro difese orientali erano state logorate da anni di incessante lotta. Questa stanchezza fu il fattore determinante che, di lì a pochi anni, permise alle nascenti armate musulmane del Califfato dei Rashidun di spazzare via l'Impero Sasanide e di sottrarre a Bisanzio le province orientali di Siria, Palestina, Egitto e Nord Africa, segnando il vero e proprio tramonto dell'Antichità nel Vicino Oriente.
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