martedì 29 novembre 2011

Virus letale: Chimera? una quisquilia

Virus killer. Mondo a rischio.               In un'università olandese, all'Erasmus Medical Centre di Rotterdam per la precisione, si sono dilettati a produrre una devastante variazione sul tema dell'influenza aviaria H5N1, in grado di contagiare  milioni di persone e di scatenare una pandemia senza precedenti. Il pool di scienziati, al cui capo c'è il virologo Ron Foucher, hanno scoperto che sono sufficienti cinque variazioni genetiche per trasformare il virus dell'aviaria in un agente patogeno talmente contagioso da poter uccidere metà della popolazione mondiale (ad oggi, l'H5N1 ha mietuto 500 vittime nel globo). L'elevata capacità di diffusione è stata dimostrata in esperimenti condotti sui furetti, che hanno un sistema di respirazione che funziona secondo dinamiche molto simili a quelle dell'essere umana. Continuiamo a farci del male!!!!! Complimenti.

mercoledì 23 novembre 2011

Quando la politica lascia disarmati!!!!

15000 euro al mese per giocare con l'ipad. Da oggi non sarà più permesso...fotografarli!

Una fotografia  scattata durante una seduta parlamentare: ha immortalato, incurante dei lavori della Camera, il parlamentare Roberto Menia (Fli) è impegnato a giocare con "Super Mario Bros" sul proprio iPad.
Lo scandalo dov'è?
Lo scandalo non è nel fatto che noi paghiamo 15.000 euro al mese a questo signore per giocare sul suo iPad, acquistato anch'esso a carico dello stato con i tremila euro che ricevono i parlamentari per l'acquisto di materiale informatico (a proposito, la scorsa settimana i consiglieri regionali abruzzesi avevano provato ad imitarli).
No, non è solo questo: lo scandalo è che da oggi sarà vietato ai fotografi riprendere i deputati in queste loro impegnative attività.
Il codice di autoregolamentazione per i fotografi accreditati ad entrare a Montecitorio, deliberato oggi dall'ufficio di presidenza della Camera, parla chiaro in merito:  "non utilizzare strumenti di ripresa fotografica o visiva per cogliere gli atti o i comportamenti dei deputati e dei membri del governo presenti nell'aula della Camera che, non risultando essenziali per l'informazione sullo svolgimento dei lavori parlamentari,  si risolvano in un trattamento di dati personali non consentito".
....... Senza parole!!!!!!!

lunedì 21 novembre 2011

Spagna: "derrota" socialista

Derrota socialista : vittoria dei popolari in Spagna
I conservatori del Partito popolare di Mariano Rajoy hanno conquistato la maggioranza assoluta del parlamento di Madrid. Il Pp ha ottenuto il 44,5 per cento dei voti, conquistando 186 seggi, 32 più del 2008 e tre più del suo massimo storico nel 2000.
I socialisti si sono fermati al 28,6 per cento dei voti, conquistando 110 seggi, 59 in meno del 2008. Stanotte Rajoy ha dichiarato che "il popolo ha deciso per il cambiamento" in maniera inequivocabile. Al neo primo ministro, spetta il difficile compito di guidare il paese fuori dalla crisi economica.
Il nuovo Parlamento spagnolo presenta importanti cambiamenti ed è più frammentato, con sette gruppi paralmentari e un gruppo misto di cui fanno parte sei formazioni. L'estrema sinistra di Izquierda Unita approfitta del crollo socialista, passando da due a 11 deputati. Crescono anche i radicali.

venerdì 18 novembre 2011

Antonin Artaud - variazioni italiane

Antonin Artaud - variazioni italiane", L’Ambasciata di Francia in Italia e Sapienza Università di Roma organizzano dal 22 novembre al 4 dicembre 2011 "Antonin Artaud, variazioni italiane", un ciclo di eventi dedicati a Antonin Artaud (1896-1948), personalità eclettica che fu insieme poeta, attore di cinema e di teatro, drammaturgo e sceneggiatore, regista e teorico del teatro.
Mercoledì 23 e giovedì 24 novembre 2011, si inizia alla Sapienza dove sono previste due Giornate di Studio dedicate alla ricezione italiana dell’opera di Artaud nel campo delle arti dello spettacolo e della letteratura, organizzate con la collaborazione del Centro Teatro Ateneo. "E non potrete dimenticarmi mai più", è la grande serata radiofonica organizzata da Radio Rai 3 mercoledì 23 novembre – ad inviti – che propone una lettura scenica di brani tratti dagli suoi ultimi scritti di Antonin Artaud. Una retrospettiva cinematografica all’Accademia di Francia-Villa Medici, venerdì 25, sabato 26 e domenica 27 novembre offre al pubblico l’occasione di vedere una selezione di film degli anni Venti e Trenta nei quali Antonin Artaud ha recitato: tra cui "La passione di Giovanna d’Arco" di C. T. Dreyer (1928), "L’opera da tre soldi" di Wilhem Pabst (1931) e "La leggenda di Liliom" di Fritz Lang (1931). Il ciclo si conclude domenica 4 dicembre al Teatro Argentina con "Folies d’amour – Lettere a Génica" : Carole Bouquet leggerà alcuni frammenti della corrispondenza amorosa tra il poeta e Génica Athanasiou, artista rumena di cui Artaud si era innamorato nel 1922. La serata del 4 dicembre 2011 sarà l’unica rappresentazione italiana dello spettacolo di Carole Bouquet.
In Italia, Antonin Artaud, figura imprescindibile della scena letteraria e artistica del XX secolo, fa parte degli autori più studiati nei dipartimenti di letteratura francese e di spettacolo delle università, le sue opere sono state abbondantemente tradotte e pubblicate, e la sua teoria teatrale ha avuto un impatto decisivo su diverse generazioni di registi e attori italiani. "Antonin Artaud, variazioni italiane" sarà inaugurato martedì 22 e mercoledì 23 novembre da due Laboratori per gli studenti, organizzati dal Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo e dal Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali di Sapienza Università di Roma, che coinvolgeranno professionisti del teatro, docenti e traduttori.

Cosi l’apertura degli eventi al pubblico
: - Giornate di studio, laboratori all’università così e retrospettiva cinematografica all’Accademia di Francia : ingresso libero fino ad esaurimento posti. - Serata radiofonica di Radio Rai Tre : serata esclusivamente ad inviti. - Spettacolo al Teatro Argentina, ingresso a pagamento : platea : intero 15€, ridotto (studenti) 10€ ; palchi : intero 10€, ridotto 7€. Ambasciata di Francia in Italia Muriel Peretti -
Marguerite Bordry –
muriel.peretti@diplomatie.gouv.fr - (T) 06 68 60 12 03 marguerite.bordry@diplomatie.gouv.fr – (T) 06 68 60 16 25 Accademia di Francia-Villa Medici : Michela Terreri –
Teatro Argentina : Antonia Ammirati -
michela.terreri@villamedici.it (T) 06 67 61 291 ufficiostampa@teatrodiroma.net (T) 06.684000308

Contatti stampa

a Roma, dal 22 novembre al 4 dicembre 2011 :
un percorso tra incontri, radio, cinema
e teatro con la grande Carole Bouquet.

Trasporti. Treni. Pendolari disagi senza fine. In arrivo tagli

La scure dei tagli alla spesa pubblica si abbatte anche sui treni dei pendolari. La denuncia arriva dai comitati degli utenti, che rappresentano i circa due milioni di italiani (+14,5% tra il 2001 e il 2008) che, ogni giorno, si spostano con il treno per studio o per lavoro, ed è confermata dalle Ferrovie. Così, un servizio che i clienti giudicano carente sotto molteplici aspetti (puntualità, comunicazione, pulizia, affollamento delle carrozze), non potrà che peggiorare, come quotidianamente certificato dalle migliaia di segnalazioni di disagi e disservizi.

Soltanto in Lombardia, territorio dove i pendolari ferroviari sono più di 300mila, il Comitato regionale ha stimato in 50 le ore di ritardo che ciascun viaggiatore accumula ogni anno, per un danno economico di 500 euro, considerato 10 euro il valore economico di ogni singola ora. E tutto ciò a fronte di un aumento del prezzo del biglietti che, nell’ultimo anno, è stato del 22,68%. Una ricerca a livello nazionale, promossa un paio d’anni fa, quantificava tale disservizio in addirittura 100 ore all’anno per pendolare, perse tra ritardi e treni soppressi.

E la situazione è destinata, come detto, a peggiorare, appunto alla luce dei recenti tagli ai trasferimenti regionali. Secondo la denuncia dei pendolari, che hanno scritto a tutti i parlamentari, a fronte di un «fabbisogno consolidato» di 1,9 miliardi di euro, per il 2012, per il trasporto pubblico locale sono stati previsti solamente 400 milioni, meno di un quarto. E tutto ciò, ricordano gli utenti ferroviari, «mentre il 95% delle risorse viene indirizzato sull’alta velocità».

«Le conseguenze sarebbero devastanti», scrivono i pendolari in una nota, paventando addirittura «il default dell’intero sistema dei trasporti pubblici». Sempre in Lombardia, i viaggiatori prevedono che, se i tagli non rientrassero, i biglietti dovrebbero «raddoppiare il prezzo», cosa che consiglierebbe molti a spostarsi in auto, provocando un «aumento delle code di almeno 6mila chilometri».

Da qui l’appello al Parlamento, dove è sottolineato «il ruolo irrinunciabile del servizio di trasporto pubblico per rilanciare lo sviluppo del sistema economico» e le «gravissime conseguenze per le famiglie, per l’occupazione e per la salute», in caso di fallimento delle società di trasporto locale.

L’allarme dei pendolari è rilanciato dall’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti: se i tagli della legge di stabilità fossero confermati, i treni regionali saranno a rischio a partire da gennaio 2012.
«Pare che nella legge di stabilità non ci sia alcun provvedimento per il servizio del trasporto ferroviario regionale, quello per cui le Regioni chiedono i soldi», ha detto Moretti, ricordando che l’entità dei tagli previsti è nell’ordine di 1,5 miliardi. «Richiederemo alle Regioni se hanno la copertura per i servizi – ha aggiunto –. Ma se i soldi non ci sono non so cosa fare, non ho i soldi per pagare gli stipendi».
Intanto, proprio per il taglio dei fondi alle Regioni, Trenitalia è stata recentemente costretta a congelare due commesse per 170 nuovi treni (tra elettrici e diesel) destinati al trasporto locale.
«I nostri committenti – confermano fonti delle Ferrovie – hanno grossi problemi finanziari e, di conseguenza, non abbiamo la certezza che riescano ad onorare i contratti di servizio sottoscritti con la nostra azienda. Non avendo più questa sicurezza di cassa, siamo stati costretti a sospendere il progetto di due miliardi di euro in due anni per nuovi treni e a rinviare a data da destinarsi le commesse».
I fondi tagliati servivano anche a pagare il servizio, visto che con il solo ricavato della vendita dei biglietti, si copre appena un terzo del costo effettivo. I restanti due terzi erano assicurati dai trasferimenti regionali, di cui, però, sono rimaste poco più che le briciole. Urgente correre ai ripari. I pendolari meritano rispetto e dignità.

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Quando la violenza fa spettacolo

Quando la violenza fa spettacolo
AGD – «L’11% dell’emissione giornalistica è dedicato alla cronaca nera. Undici ore al giorno della programmazione televisiva tratta storie di violenza. La violenza fa spettacolo. Tutta questa marea di storie e violenza spaventa, produce paura, induce un bisogno ossessivo di sicurezza». Sono le parole con cui il criminologo Duccio Scatolero ha aperto mercoledì la tre giorni dedicata alle “Rel-azioni violente” organizzata dal Gruppo Abele alla Certosa di Avigliana. «La violenza fa male – ha proseguito Scatolero -. A tutti. Di più a chi la subisce, ma anche a chi vi si trova contatto. E’ un istinto aggressivo che nasce da un istinto impulsivo. Con il tempo la definizione si è estesa, la violenza è diventato non un gesto di risposta all’impulso, ma il far male ad un altro a prescindere dall’istinto, dalla volontà, dalla consapevolezza. Il far del male al corpo o alla psiche di qualcuno è come violare una cosa inviolabile, vuol dire de-umanizzare l’altro e sé stessi. Vuol dire privarsi di qualcosa di grosso. Chi viene trascinato in questo mondo non trova più nulla di quello che conosceva. Trova vergogna. cerca di lavarsi per far andare via questa sensazione che gli è entrata dentro. Fare violenza è perdersi l’anima e rubare l’anima dell’altro».

Cultura. Intrighi storici. La vera storia della maschera di ferro

Giù la maschera (di ferro)

Dalla leggenda alla storia, le ipotesi improbabili e quelle verosimili.

Sulla vicenda della Maschera di Ferro, in tutte le ipotesi avanzate da storici e studiosi dell’argomento, sostanzialmente poco si è riuscito a ricavare di certo e definitivo.
Rimangono sempre aspetti di dubbio e insicurezza sulle conclusioni portate, nonostante ormai sia attestato – almeno dalle documentazioni archivistiche ufficiali – che il misterioso prigioniero mascherato tenuto nel Castello pinerolese (nella vecchia cittadella francese, divenuta seconda Prigione di Stato dopo la Bastiglia), era l’avventuriero ed assassino Eustache D’Auger De Cavoye (semplificato poi in Dauger), identificato per tutta una serie di conferme testuali ritrovate negli scritti originali e nei registri dei reclusi.
Anche se la sua condizione di carcerato speciale (costantemente mascherato e senza identità precisata, nonchè nella proibizione di scrivere o parlare con qualcuno se non al governatore della prigione e al confessore, al proprio valletto, ed ai custodi ammessi) è stata ormai chiarita, ed il suo nome ha ricevuto una riconoscibilità effettiva, rimane comunque il segreto della sua possibile autenticità.
L’ipotesi più attendibile ed accettata di attribuzione (certificata da documenti storici esistenti e ritrovati, analizzati e sistemati in particolare dalle ricerche di Jean-Christian Petitfils e di Maurice Duvivier) che riconosce la Maschera di Ferro nel Dauger (recentemente trascritto, in maniera più corretta, in Danger), viene confermata anche da altri ricercatori (tra cui Rupert Furneaux) che si basano su attestazioni materiali non congetturanti o fantasiose, e ne ritrovano la motivazione fondamentale nella semplice constatazione che è stata la “sola persona che ha seguito Saint-Mars” (lo scrupoloso Governatore delle Prigioni dove la Maschera di Ferro è stata vicendevolmente trasferita) “da un carcere all’altro”, venendo tenuto in completa segregazione perchè era al corrente di compromettenti informazioni di Corte e di Stato (e molto probabilmente del complotto che Louvois, Ministro della Guerra del Re Sole, aveva tramato per eliminare il proprio predecessore Colbert).
Per altri invece il personaggio mascherato è riferibile al Duca di Beaufort (sospettato di essere il vero padre naturale del Re Sole), se non addirittura rapportabile, come ha mostrato Pierre-Marie Dijol, al Valletto di Corte negro Nabo, da cui la Regina Maria Antonietta avrebbe avuto un figlio mulatto (come era difatti la pelle – molto scura – della Maschera di Ferro) la cui illegittimità aveva portato alla sua incarcerazione e scomparsa pubblica.
Eppure anche in questi intrighi e segreti statali rimane sempre Dauger il maggiore sospettato e indagato: egli era stato, durante la sua prigionia a Pinerolo, Cameriere di Fouquet (il Ministro delle Finanze di Luigi XIV che aveva sottratto al Re un enorme patrimonio monetario, e per questo imprigionato a vita), e poteva facilmente essere venuto a conoscenza di altri eventi scandalistici da nascondere. Ma altrimenti sono emersi ulteriori aspetti critici sul suo operato, e particolarmente il proprio coinvolgimento nel cosiddetto “Affare delle Pozioni” o “Scandalo dei Veleni”, una sorta di spaventosa ritualità satanistica perseguita da diverse esponenti nobili della città per uccidere i propri mariti ed impossessarsi dei loro patrimoni o semplicemente per disfarsi di scomodi consorti (e di tale turbante vicenda, di recente – nel 2005, da parte del restauratore dei sotterranei della Reggia di Versailles, Joaquin Venice – è stato scoperto un possibile luogo di detenzione con un inquietante busto di parvenza regale, ancòra da identificare, diabolicamente cornuto e vampirescamente dentato).
Altre dubbie circostanze intervengono inoltre nel difficile svelamento dell’enigma storico della Maschera di Ferro; e nella sua vicenda complessa e contorta si sono intromessi (o sono stati appositamente insinuati) numerosi fattori di ulteriore occultamento, non solo del volto del carcerato ma anche della sua identità nominale, dei nomi di certi personaggi – determinanti o marginali – che possono venire ritrovati in vari errori, di trascrizione e pronuncia: condizioni che sono da indagare più approfonditamente.
Cominciando proprio dal Dauger (altrimenti scritto D’Auger o D’Oger) Bernard Caire ha spiegato da tempo (nel 1992) che si deve leggere Danger, poichè nella normale scrittura manuale dell’epoca (ma anche odierna) spesso “le n sono scritte come u”. Una banale condizione che però non ha cambiato nulla nelle conclusioni reali dei fatti, ma che può suscitare non pochi altri dubbi di disguidi interpretativi (e di coincidenze insospettabili).
Innanzitutto viene la strana rispondenza dei nominativi dei vari Servitori di Fouqet (tra cui Dauger/Danger è stato il nome che è sopravvissuto agli altri), i cui significati letterari, molto particolari (Danger appunto, La Vallée, La Foret, La Rivière, e Champagne), si riferiscono curiosamente ad aspetti che possono apparire appositi elementi espressivi di comodo (rispettivamente significanti – traducendoli dal francese – Pericolo, la Valle, la Foresta, la Riviera, ed il famoso vino o la omonima regione di sua produzione) per confondere una vera identificazione.
Ma il rebus più stravagante appartiene al nome di Ercole Mattioli (Segretario di Stato del Duca di Mantova, che aveva cercato di truffare Luigi XIV sulla vendita segreta della Fortezza di Casale alla Francia, e pertanto incarcerato dei Francesi – lo ha catturato proprio il Catinat – a Pinerolo e poi nella Bastiglia), ritenuto possibile Maschera di Ferro da Marius Topin e da Franz Funck-Brentano in quanto le circostanze cronologiche e di suo incarceramento coinciderebbero con gli eventi effettivi, che nella dizione francese veniva trascritto Matthioli, ed il cui nome è stato utilizzato sulla tomba di Danger per impedire ulteriormente la veritiera identificazione del Valletto di Fouquet (o chi altri egli rappresentasse).
È proprio con due cognomi simili a quello del diplomatico italiano (un poco storpiati, come al solito, nelle trascrizioni) che le registrazioni di morte del Danger (avvenuta nel 1703) vengono appositamente confuse: mentre nel Diario del Luogotenente della Bastiglia, Etienne Du Junca, si legge infatti che “il prigioniero sconosciuto sempre coperto da una maschera” ha ricevuto il nome di “Marchiel” (dizione “sottoscritta” dal Comandante della Prigione parigina e dal medico legale che ha constatato il decesso del detenuto), nel Libro dei Morti della Parrocchia di San Paolo (dove è stato sepolto l’uomo dalla Maschera di Ferro) è riportato che il defunto è stato chiamato “Marchioly” (in altri casi trascritto anche “Marchialy”).
I dati si complicano di più osservando altre testimonianze ufficiali sugli appellativi e sulla possibile identità del prigioniero mascherato rilasciate dai suoi guardiani: che a causa del proprio aspetto moresco (come incidentalmente riporta Dijol nel 1978, seza rimarcare però le corrispondenze che tra poco evidenzierò) lo chiamavano – in francese – “Marquis Ali” (la cui pronuncia italiana, Marchì-alì, corrisponde del tutto a Marchiali, e dunque è rapportabile al Marchialy del documento mortuario parrocchiale sopra citato); e che a Pinerolo (come testimonia una lettera del Saint-Mars al Louvois del 1669) sospettavano invece fosse un “marechal” (il cui accento in francese – marsciàl – si avvicina di molto al Marchiel – pronunciato Marscièl – riportato nel Registro della Bastiglia).
Si tratta soltanto di fatali errori di trascrizione, o di voluti sistemi per confondere l’autentico riconoscimento del prigioniero mascherato? Oppure sono astuti mezzi di distrazione (alterazione) per un codice cifrato (di cui un altro riferimento criptico potrebbe inoltre celarsi nella sigla numerica – “Detenu 64389000: l’Homme au Masque de Fer” – registrata nel Libro dei Carcerati della Bastiglia, ritrovato nel 1789 dai rivoluzionari francesi quando si impadronirono del carcere parigino) contenente una deviante indicazione, idonea a coprire il segreto del nome nascosto?
E che cosa dobbiamo pensare poi del termine Saint-Mars, che altrove viene scritto – senza variarne la pronuncia – Cinq-Mars (e potrebbe diventare – sebbene forzatamente – anche Saint-Marc, o perfino Sainte-Marque)?
Come diversi autori hanno sospettato e suggerito, è forse possibile che dietro ai nominativi attribuiti al Danger (e non solo alla sua mascheratura, metallica o di panno, se non impalpabilmente di solo significato emblematico) si celino personaggi del tutto impensabili e differenti.
Che la Maschera di Ferro sia davvero il Mattioli (in effetti con tale nome essa è stata sepolta quale presunto Danger), oppure il Fouquet (come ha proposto già dal 1836 Paul Lacroix) dato per morto di apoplessia nel 1680 ed occultato sotto la provvidenziale mascheratura ferrea, o che possa rivelarsi uno sconosciuto Maresciallo di Francia ancòra da scoprire, è un argomento tutto da verificare e di cui occorre ritrovare tuttavia le effettive prove di conferma.
Tra le altre interpretazioni recenti, la più paradossale è stata esposta, anch’essa nel 2005, da Jean-Luc Dauphin, che considera Saint-Mars “il vero padre della Maschera di Ferro” (e a ben vedere, diversamente da tutti gli altri incarcerati di sua competenza, egli – sempre – si portava gelosamente con sé quel prigioniero, come un figlio da proteggere).
Sono comunque in molti gli autori che ritengono il mascheramento del detenuto un espediente eclatante e di comodo per continuare a ricevere gli appannaggi provenienti dalla sua custodia; ma forse qualcos’altro si può celare dietro quella strana supposizione: ad esempio, che esistesse una tacita complicità (come si può ricavare da un vago riporto piccante, soltanto accennato da Nello Manduca) tra il Carceriere del Prigioniero Mascherato e il Louvois; perché il Ministro francese era divenuto l’amante della moglie del Commissario della Guerra pinerolese, Damorezan, la cui tresca segreta era nota alla sorella di lei, la quale a sua volta non era altrimenti che … la sposa del Saint-Mars!
Ad ogni modo, fortunatamente per il Governatore della Prigione di Pinerolo, il ferreo mascherato decede nel 1703, appena in tempo per liberare il proprio custode da quella lunga incombenza protettiva tenacemente perseguita per tutta la sua vita, e lasciarlo finalmente morire a sua volta qualche anno dopo – nel 1708 – alla veneranda età di 82 anni, senza più crucci di mistificazioni segrete e sotterfugi falsificanti (affidati volentieri alla problematica risoluzione dei posteri).

(Vita diocesana Pinerolese)

Solidarieta' da Vita diocesana pinerolese

Un carico di speranza

Mali. Partito da Villar Perosa il container di “Cuore Aperto Onlus”
Sei tonnellate di riso, banchi di scuola con sedie e lavagne, pacchi di vestiario, rete metallica che servirà per recintare la scuola nel villaggio di Dioumatenè, armadietti, letti per il centro nutrizionale, un trattore con dischi e aratro per avviare un’attività di orti nei villaggi, biciclette, materiale sanitario, macchine da cucire, e ancora molto altro. Un altro container, un altro segno di speranza per un popolo che di speranze ne ha molte ma concretezze poche. È partito lunedì 3 ottobre da Villar Perosa, carico di aiuti umanitari per i villaggi del Mali che vivono in condizioni poverissime. L’operazione è stata organizzata dall’Associazione Cuore Aperto Onlus capitanata da Franco Gallea, parroco di Villar e presidente dell’associazione. Sono ormai 21 anni che l’associazione svolge un lavoro con grande dedizione ed energia con la convinzione che i profondi disequilibri e le disuguaglianze del cosiddetto “ordine mondiale” sono conseguenze di decenni di prevaricazioni, di sfruttamenti e di meccanismi perversi. Le azioni e le attività che si portano avanti nei paesi di intervento insieme alle comunità locali, potranno lentamente cambiare la realtà delle cose. Per questo motivo si utilizza, quando è possibile, l’invio di un container con materiale di varia natura per far sì che gli abitanti dei villaggi possano migliorare le loro condizioni di vita. «Abbiamo visto delle mamme partorire per terra – racconta una volontaria - i letti serviranno a loro; il trattore per arare la loro dura terra, i banchi e le sedie per la scuola sostituiranno i tronchi di legno sui quali si siedono i bambini. Realtà così diverse e lontane dalle nostre quotidiane abitudini. L’associazione Cuore Aperta Onlus è aperta a tutti e ogni anno a gennaio un gruppo di volontari si reca sul posto per il campo di lavoro e condivisione. È un impegno personale per scoprire e maturare un nuovo stile di vita. Per chi fosse interessato a partecipare alle varie attività: 0121-51325 (Piero).
Cristina Zanon


Grazie a tutti di cuore
Siamo partiti, chi prima, chi dopo, tutti mossi da qualcosa non sempre di ben definito. E l’Africa si è mostrata. Pur nel nostro piccolo abbiamo visto, abbiamo toccato con mano la difficoltà delle persone e non è stato possibile restare indifferenti. Allora vogliamo fare, essere attivi, per crescere noi e per aiutare a crescere anche quelli che non hanno la nostra fortuna. Non è sempre facile, ma siamo ancora qui. Vogliamo esserci, e provarci anche domani. Con l’aiuto di tutti.
L’associazione Cuore Aperto desidera ringraziare le tantissime persone che hanno lavorato (per un intera giornata) a caricare il container, tutte le persone (e sono davvero tante!) che hanno donato del materiale come la scuola Ebraica di Torino che con la donazione di banchi, lavagne e cattedre (nuovi!) renderà possibile l’allestimento di una scuola in un villaggio presso Koutiala. Grazie di cuore alla ditta Pansa-Pizzuto per il suo particolare interessamento, a Fabrizio Carini della Panta-Rei, spedizioniere, alle tante associazioni presenti del pinerolese, (il San Domenico di Pinerolo, il Cottolengo di Pinasca ecc..), al donatore per le 3 tonnellate di riso offerte, alla Top Casa perle piastrelle, alla ditta Vecchiato per la rete metallica, necessaria per la recinzione della scuola di Dioumatenè, al comune di Pinerolo (Sig. Piccardino) per i banchi di scuola e le lavagne, a Fulvio, Paolo e Franco per la disponibilità continua dei furgoni. Grazie a tutti di cuore

Associazione Cuore Aperto Onlus

Diritto alla salute: Gemelli per la tutela dei malati

Gemelli?  Stop alle polemiche per il bene di tutti.
Inaugurazione dell’anno accademico celebrata il 17 Novembre nella sede romana dell’Università Cattolica. Da una parte la gioia per la nomina a ministro del rettore Lorenzo Ornaghi. Dall’altra la situazione finanziaria preoccupante del Policlinico Gemelli, oggetto negli ultimi mesi di un virulento attacco mediatico. Appassionata la relazione del preside di Medicina, il professor Rocco Bellantone, che dopo aver ribadito punto per punto i meriti e l’eccellenza della Cattolica nel campo dell’assistenza sanitaria e della ricerca, ha ricordato il caso estivo dei contagi da Tbc tra alcuni neonati.
Sul Policlinico Gemelli, ha detto, «si è abbattuto un ciclone in cui le legittime angosce di famiglie in ansia per i propri bambini sono state anche sfruttate per un attacco ideologico alla istituzione cattolica». Un «attacco violento, becero e spesso in malafede che in molti casi ha utilizzato le sofferenze altrui per fini ideologici o di puro mercimonio». «Abbiamo scoperto – ha aggiunto – che esistono contagi mediatici, contagi politici, contagi cattolici e contagi laici, abbiamo scoperto che la stessa identica situazione in Emilia si chiama profilassi precauzionale e nel Lazio ospedale untore». «Io so per certo – ha ribadito Bellantone – che l’istituzione Gemelli è stata, è e sarà fattivamente impegnata per dare massima trasparenza, affettuosa solidarietà, competente professionalità. E questo i cittadini italiani lo sanno.
Ed infatti, nonostante tutto, il Gemelli ha retto. La percentuale di occupazione di posti letto non si è mutata di una virgola, le richieste di migliaia di cittadini italiani sono rimaste inalterate». Dopo questa puntualizzazione il preside ha lanciato un “grido di dolore” accompagnato da un appello alla presidente della Regione Lazio, Renata Polverini – presente all’inaugurazione – affinché «affronti in prima persona la situazione finanziaria del Gemelli, garantendo giuste decisioni in tempi rapidi, prima che sia troppo tardi». «Siamo preoccupati – ha affermato Bellantone – che il Gemelli diventi un facile obiettivo in quanto non di proprietà pubblica. Infatti, il mancato pagamento di quanto concordato e dovuto comprometterebbe a breve le sue capacità operative».
Da qui l’appello a Polverini poiché, ha sottolineato Bellantone, «in assenza di diverse notizie, in tempi brevissimi si aprono scenari preoccupanti per i lavoratori del Gemelli e c’è il rischio di dover procedere nei prossimi mesi ad un ridimensionamento dell’offerta sanitaria, che toglierebbe di colpo alla sanità del Lazio, già dall’anno che sta per iniziare, decine di migliaia di ricoveri e prestazioni sanitarie che non riesco a prevedere chi sarà in grado di soddisfare».
E il “grido di dolore” sembra aver colpito nel segno. La Polverini, pur lamentando il tono a suo dire «inadeguato e ingiusto» usato da Bellantone, ha comunque affermato: «Credo che troveremo una soluzione. È da un anno e mezzo, cioè dal mio insediamento, che stiamo lavorando per risolvere la questione del Gemelli. Sappiamo che il Policlinico è una struttura straordinariamente importante nell’ambito del sistema sanitario regionale e la Regione ha dimostrato, anche nel mese di agosto, per il caso Tbc, la vicinanza assoluta a questa struttura».
L’inaugurazione della Cattolica era iniziata al mattino con una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale vicario Agostino Vallini. Nell’omelia il porporato, dopo aver sottolineato la necessità della «coerenza nel vivere e professare la fede» ha auspicato che nella Cattolica, «centro accademico prestigioso non solo per l’alta qualità e serietà negli studi, ma anche per le finalità di formazione cristiana volute dal fondatore padre Agostino Gemelli, cresca l’attenzione educativa perché, nel rispetto della libertà di coscienza dei singoli, sappia proporre motivazioni ed esperienze di fede vissuta e testimoniata, consapevole e coraggiosa».

India: uccisa suora cristiana. Movente: il vile denaro.

L’hanno uccisa perché si opponeva alla mafia delle miniere di carbone.  Suor Valsa John, delle Suore della Carità di Gesù e Maria, è stata uccisa alle prime ore di mercoledì in circostanze ancora non chiarite nello Stato indiano nord-orientale del Jharkhand. Secondo le ricostruzioni, la religiosa 53enne è stata assassinata durante la protesta di una cinquantina di persone davanti alla sua abitazione, probabilmente istigate dalle compagnie minerarie del carbone che in lei avevano trovano una combattiva oppositrice ai loro progetti sulle terre tribali.  La sua morte ha interrotto 20 anni di lavoro pastorale svolti tra i diseredati e i gruppi minoritari del distretto di Pakur. Ai funerali celebrati nella cattedrale di Dumka hanno partecipato 700 fedeli ed esponenti del clero locali, con alcuni arrivati appositamente dal Kerala, all’estremo Sud dell’India, Stato natale di suor Valsa, che ha dato al paese un gran numero di religiose. Come ha ricordato durante la celebrazione il gesuita padre Varkey Chenna, la religiosa – arrestata nel 2007 per avere guidato la protesta contro l’apertura di una miniera nella regione – «ha dato la vita per Cristo, la sua testimonianza è un invito a porci alla sequela radicale di Gesù Cristo, come veri discepoli».
Secondo la testimonianza del Provinciale dei Gesuiti di Dumka, padre Nirmal Raj, tra quelli che più conoscevano l’impegno della suora uccisa – raccolta dall’agenzia Fides – «suor Valsa viveva con i poveri, offriva la sua testimonianza cristiana e li evangelizzava, condividendo le loro fatiche e difficoltà. Viveva accanto alle comunità tribali più emarginate, i gruppi di etnia Santhal nel distretto di Pakur». . Per gli inquirenti una delle piste seguite nelle indagini è quella delle organizzazioni criminali che sostengono lo sfruttamento dei tribali e il business delle compagnie estrattive.
Secondo una nota inviata a Fides dal Consiglio globale dei cristiani dell’India, «la suora era stato più volte minacciata da criminali che l’avevano diffidata dal contrastare l’opera di compagnie come la Panem Limited, e aveva anche avvisato le autorità competenti delle minacce ricevute. Ma le autorità del Jharkhand, che appartengono a partiti nazionalisti indù, hanno ignorato le sue richieste, lasciandola senza protezione». Convinti che l’omicidio abbia radici nell’impegno della religiosa, sono sia la sua famiglia, sia la Chiesa Siro-malabarica indiana, fortemente presente nel Kerala.
Il tempo passa, il tempo scorre, gli anni ed i secoli passano ma i cristiani continiuano ad essere perseguitati in ogni parte del mondo senza che nessuno intervenga. "Vi invio come agnelli tra i lupi" recita il Vangelo... ma chi tutela sulla Terra questi agnelli? Per il denaro si scatenano guerre ma per avvenimenti come questi non si muove una foglia ed anzi spesso non si arriva neppure ad arrestare i colpevoli. Ancora una volta non resta che appellarsi alla GIUSTIZIA DIVINA. Grazie di tutto sorella Valsa.

mercoledì 16 novembre 2011

Omaggio vittime attentato di Nasiriyya

Il 12 novembre 2003 avviene il primo grave attentato di Nasiriyya. Alle ore 10:40 ora locale (UTC +03:00), le 08:40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, provocando l'esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il tentativo del Carabiniere Andrea Filippa, di guardia all'ingresso della base "Maestrale", di fermare con il fucile AR 70/90 in dotazione i due attentatori suicidi riesce, tant'è che il camion non esplode all'interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell'esplosione rimase coinvolta anche la troupe del regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nasiriyya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell'esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.

DOMENICO INTRAVAIA: 46 anni.
Nato a Monreale, appuntato dei Carabinieri in servizio al comando provinciale di Palermo; sposato e con due figli di 16 e 12 anni. Lascia anche l' anziana madre, il fratello gemello e due sorelle. Era partito per l'Iraq quattro mesi fa e sarebbe dovuto rientrare fra tre giorni.
Era già stato in missione a Sarajevo.


ORAZIO MAJORANA: 29 anni. Nato a Catania, carabiniere scelto in servizio nel battaglione Laives-Leifers in provincia di Bolzano. L'anziano padre ha appreso la notizia in Svizzera, dove si trovava per sottoporsi ad alcune visite mediche. È rientrato d' urgenza a Catania.


GIUSEPPE COLETTA: 38 anni. Originario di Avola (Siracusa), da tempo residente a San Vitaliano, in Campania, vicebrigadiere in servizio al comando provinciale di Castello di Cisterna (Napoli); sposato e padre di una bambina di due anni


GIOVANNI CAVALLARO: 47 anni. Nato in provincia di Messina, residente a Nizza Monferrato, maresciallo in servizio al comando provinciale di Asti. Era noto con il soprannome di 'Serpicò. Lascia la moglie e la piccola Lucrezia, 4 anni. Era già stato impegnato in altre missioni in Kosovo e in Macedonia. Era da tre mesi in Iraq e stava per rientrare a casa.


ALFIO RAGAZZI: 39 anni. Maresciallo dei carabinieri in servizio al Ris di Messina, sposato e con due figli di 13 e 7 anni. Era partito in luglio e sarebbe dovuto rientrare a Messina sabato prossimo. Era specializzato nelle tecniche di sopralluogo e rilevamento e il suo compito era quello di istruire la polizia locale.
Medaglia d'Oro di Benemerito della cultura e dell'arte

PIETRO PETRUCCI: 22 anni. Nato a Casavatore (Napoli), caporale dell'esercito. Ne era stata dichiarata la morte cerebrale poche ore dopo la strage. Poi è stata staccata la spina della macchina che lo teneva in vita. Petrucci era un volontario in ferma breve e in missione in Iraq con l'incarico di conduttore di automezzi.

IVAN GHITTI: 30 anni. Milanese, carabiniere di stanza al 13.mo Reggimento Gorizia. Era alla sua quarta missione di pace all' estero, dopo essere stato tre volte in Bosnia. Lascia i genitori e una sorella

DANIELE GHIONE: 30 anni. Nato a Finale Ligure (Savona), maresciallo dei carabinieri in servizio nella compagnia Gorizia.Era Sposato da poco. Era stato ausiliario dell' Arma, poi si era congedato e iscritto all'Associazione carabinieri in congedo.
Era ritornato ad indossare la divisa vincendo un concorso per maresciallo.

ENZO FREGOSI: 56 anni. Ex comandante dei Nas di Livorno dove viveva con la famiglia. Lascia moglie e due figli, un maschio, anche lui carabiniere, e una ragazza che studia all'Università. Era partito per l' Iraq il 17 luglio scorso e stava per rientrare in Italia.

ALFONSO TRINCONE: 44 anni. Era originario di Pozzuoli (Napoli) ma risiedeva a Roma con la moglie e i tre figli. Il sottufficiale era in forze al Noe, il Nucleo operativo ecologico che dipende dal Ministero dell' Ambiente

MASSIMILIANO BRUNO: 40 anni. Maresciallo dei carabinieri di origine bolognese, biologo in forza al Raggruppamento Investigazioni scientifiche (Racis) di Roma. Viveva con la moglie a Civitavecchia. I genitori e un fratello vivono a Bologna. Medaglia d'Oro di Benemerito della cultura e dell'arte

ANDREA FILIPPA: 33 anni. Torinese, carabiniere dall' età di 19. Era esperto di missioni all' estero che lo tenevano costantemente lontano da casa. Prestava servizio a Gorizia presso il 13.mo Battaglione Carabinieri. Viveva a San Pier D' Isonzo insieme alla giovane moglie, sposata nel 1998.

FILIPPO MERLINO: 40 anni. Originario di Sant' Arcangelo (Potenza), sposato. Con il grado di maresciallo comandava la stazione dei carabinieri di Viadana (Mantova). È morto nell' ospedale di Nassirya dove era stato portato gravemente ferito.

MASSIMO FICUCIELLO: 35 anni Tenente dell' esercito, figlio del gen. Alberto Ficuciello. Funzionario di banca, aveva chiesto di poter tornare in servizio attivo con il suo grado di tenente proprio per partecipare alla missione «Antica Babilonia». Grazie alla sua conoscenza delle lingue era stato inserito nella cellula Pubblica Informazione del col. Scalas. Questa mattina aveva avuto l' incarico di accompagnare nei sopralluoghi i produttori di un film-documentario sui «Soldati di pace». Prima dell' attentato, il titolo, provvisorio, era stato cambiato in «Babilonia terra fra due fuochi».

SILVIO OLLA: 32 anni. Nativo dell' isola Sant' Antioco (Cagliari), sottufficiale in servizio al 151.mo Reggimento della Brigata Sassari. Figlio di un maresciallo e fratello di un carrista. Laureato in Scienze Politiche, Olla era in forza alla cellula Pubblica Informazione. È morto insieme al ten. Ficuciello mentre accompagnava nei sopralluoghi i produttori del film. La conoscenza dell' inglese e dei rudimenti dell' arabo lo avevano fatto diventare uno dei punti di riferimento per i giornalisti.

EMANUELE FERRARO: 28 anni. Nato a Carlentini (Siracusa), caporal maggiore scelto in servizio permanente di stanza nel 6° Reggimento trasporti di Budrio (Bologna).

ALESSANDRO CARRISI: 23 anni. Nativo di Trepuzzi (Lecce), caporale volontario in ferma breve, anche lui in servizio nel 6° Reggimento trasporti di Budrio. Era partito per l' Iraq da poche settimane.
Lascia i genitori, un fratello e una sorella.


LE DUE VITTIME CIVILI Nell'attentato sono state coinvolte anche due civili. Si tratta dell'aiuto regista Stefano Rolla, 65 anni di Roma, che stava facendo i sopralluoghi per un film documentario che avrebbe dovuto girare il regista Massimo Spano e di Marco Beci, (nella foto, 43 anni, funzionario della cooperazione italiana in Iraq.

Grazie ragazzi

16 NOVEMBRE; il governo Monti

Il Premier Mario Monti mantiene la delega all’Economia, Antonio Catricalà, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Ministro degli Esteri (Farnesina) Giulio Terzi di Sant’Agata; Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri; Ministro della Giustizia, Paola Severino; Ministro della Difesa, Gianpaolo di Paola; Ministro della Salute, Renato Balduzzi; Ministro delll’Università e Istruzione, Francesco Profumo; Ministro della Cultura, Lorenzo Ornaghi; Ministro dello Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera;  Ministro dell’Agricoltura, Mario Catania; Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini; Ministro del Lavoro e Politiche Sociali, Elsa Fornero; Ministri senza portafoglio:  Piero Gnudi, Enzo Moavero Milanesi, Fabrizio Barca, Piero Giarda e Andrea Riccardi. Alle 17,00 del 16 novembre 2011 è previsto il Giuramento dei neo-ministri del Governo Monti.
Antonio Catricalà: attualmente è Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
Giulio Terzi di Sant’Agata è un dilplomatico (ambasciatore): dall’agosto 2008 a fine settembre 2009, l’Ambasciatore Terzi è stato Rappresentante Permanente d’Italia alle Nazioni Unite a New York.
Anna Maria Cancellieri: è in pensione dal 2009 ed è stata sub-commissario a Milano, commissario straordinario nei Comuni di Bologna, dopo la caduta della Giunta di Flavio Delbono nel febbraio 2010, e di Parma, con l’amministrazione travolta dagli scandali e assediata dagli “indignati”.
Paola Severino: prima donna della storia della Repubblica a cui va il Ministero della Giustizia, una dei più conosciuti avvocati penalisti d’Italia, è stata membro di commissioni ministeriali per la riforma della legislazione penale e processuale.
Gianpaolo di Paola: alto ufficiale della Marina, attualmente Presiede il Comitato Militare della NATO. Capo di stato maggiore della difesa dal 10 marzo 2004, fino all’11 febbraio 2008
Renato Balduzzi: attualmente presiede l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Dal 2002 sino al 2009 è stato presidente nazionale del (Meic) Movimento ecclesiale di impegno culturale (già Movimenti laureati di Azione Cattolica).
Francesco Profumo: ingegnere e docente universitario. Attualmente è alla guida del CNR
Lorenzo Ornaghi: titolare della cattedra di scienza politica che fu di Gianfranco Miglio alla Cattolica. È rettore dell’Università Cattolica
Corrado Passera: manager e banchiere con importanti incarichi. Lui è il protagonista dell’integrazione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI che ha dato vita a Intesa Sanpaolo
Mario Catania: è stato capo Dipartimento delle politiche agricole e internazionali
Corrado Clini: guida al momento la direzione generale per lo sviluppo sostenibile.
Elsa Fornero: è attualmente vicepresidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa SanPaolo ed è professore Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia, Università di Torino.

N. B.  La ragione di Stato è nel DNA di Gianni Letta (signori si nasce!!!!)

Gli orti cittadini

Nelle metropoli moderne, fra grandi tangenziali a quattro corsie, giganteschi e alienanti centri commerciali e uffici popolati da stuoli di frenetici impiegati, si possono trovare scorci di vita che, pur nella loro apparente semplicità, costituiscono uno spiraglio di sopravvivenza non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello comunitario, sociale ed economico.                                                                                                                                                                    Stiamo parlando degli orti urbani, un’alternativa su piccola scala alla grande agricoltura intensiva, basata sui ritmi di coltivazione innaturali, sull’ampio utilizzo di pesticidi, fitofarmaci, fertilizzanti, strumenti atti a conseguire – secondo la logica capitalistica della “ crescita ad ogni costo “ – il massimo rendimento per ettaro in termini di produzione, merce e quindi guadagno. Le conseguenze negative di queste pratiche portano alla commercializzazione di prodotti di qualità scadente, spesso addirittura dannosi per la salute di chi li consuma.                                                                                                     Completamente diversa la sensibilità con cui il coltivatore dell’orto svolge il suo lavoro. La cura dell’orto avviene attraverso metodi tradizionali, frutto dell’antica sapienza contadina, rispondenti a un’esigenza di semplice sostentamento e autoproduzione e permeati da un profondo amore e senso di gratitudine nei confronti della terra. E’ proprio di questi ultimi vent’anni la rinascita di una vecchia istituzione, quella degli “orti senza casa”,   cioè di orti allocati all’interno del tessuto urbano, che non appartengono a chi li coltiva, ma proprietà di associazioni o delle amministrazioni comunali ed assegnati a coltivatori non professionisti. Molti comuni stanno riconoscendo il valore di queste esperienze, creando strutture apposite e indicendo bandi e concorsi per l’assegnazione e la gestione degli orti cittadini.         
 Il fenomeno nasce a Lipsia, In Germania, verso la metà del XIX secolo, ma trova il suo aspetto più interessante nei jardinsouvriers francesi ( giardini operai ), nati alla fine dell’Ottocento dall’attività di Monsignor Jules Lemire. Egli fu non solo uomo di chiesa, ma anche professore e uomo politico di grande statura. L’intento di M. Lemire non era unicamente materiale, ma anche morale : coltivare l’orto era non solo una risorsa economica ed alimentare, ma anche un modo sano e retto di passare il proprio tempo libero in compagnia della propria famiglia, a contatto con la natura e al riparo dalla tentazione dell’alcolismo, allora molto diffuso. L’esperienza francese fu ben presto esportata all’estero, in Belgio, Germania e anche da noi in Italia, dove però non ebbe molta risonanza. All’epoca il fascismo aveva promosso l’iniziativa dell’ “orticello di guerra”. In particolare l’Opera Nazionale del Dopolavoro Ferroviario fu molto attiva e promosse concorsi per l’abbellimento delle stazioni ferroviarie. Dopo la Guerra gli orti urbani subirono un declino, erano visti dagli urbanisti e dalla gente comune come un elemento di degrado paesaggistico, la città era considerata un luogo per parchi e giardini, non per orti, che le conferivano un aspetto decadente, “di paese”. Il declino dell’ orticoltura ornamentale negli anni Sessanta e Settanta è stato la conseguenza del disprezzo per ogni forma di economia domestica imposta dalla cultura industriale e urbana, ma anche dalla nascita di altri modi per impiegare il proprio tempo libero. Deleteria a tal riguardo è stata la televisione, tanto che la storia dell’orto in Italia si può dividere in epoca pre e post – televisione. La rinascita dell’interesse per la coltivazione dell’orto coincide con la crisi economica che ha colpito l’Europa a partire dagli anni Ottanta. La comunità che coltiva gli orti costituisce quasi un rallentatore, un tentativo di riequilibrare i ritmi frenetici imposti dalla società moderna. Coltivare l’orto tiene attivi e rilassa, significa socializzare, ma anche isolarsi e dialogare con se stessi; è un’attività praticata sia dalla gente comune che dagli intellettuali: Voltaire, Petrarca, Manzoni, Calvino, Bacone, Kant e molti altri erano appassionati giardinieri e orticoltori. A New York si sfruttano gli angoli dei balconi sui grattaceli, a Londra si coltivano abusivamente gli spazi incolti con le azioni di guerrilla gardening , recuperando zone abbandonate a se stesse, degradate e fatiscenti, reagendo in tal modo all’inerzia delle amministrazioni pubbliche. In questa fase di seconda giovinezza degli orti urbani c’è una maggiore diversificazione del beneficiario dell’orto. Non solo operai e gente di basso ceto, ma anche impiegati, insegnanti, e professionisti. Diminuiscono i pensionati e si abbassa l’età media. Aumentano le colture da fiore e il gusto borghese per il decoro, si incrementa il numero delle donne. A Roma è possibile adottare e curare, gratuitamente uno spazio pubblico incolto. Ci sono delle procedure da rispettare e dei relativi tempi tecnici. Sembra che la capitale sia una delle città italiane con più verde pubblico purtroppo incolto. E’ nata, nel Novembre dello scorso anno, una lodevole iniziativa proprio da questa riflessione, chiamata Zappata Romana , un progetto di studio UAP di “ azione collettiva di appropriazione dello spazio pubblico urbano e lo sviluppo di pratiche ambientali, economiche e sociali innovative”. Sul sito del progetto è stata pubblicata la mappa con tutte le aree verdi condivise del comune di Roma. In pratica è possibile prendere in adozione dal comune, gratuitamente, uno spazio verde da coltivare, anche in pieno centro. A differenza dei giardini pubblici tradizionali, i giardini e gli orti condivisi vedono protagonisti tutti i cittadini perché sono realizzati e/o gestiti dai cittadini stessi riuniti intorno ad un progetto comune per rendere migliore il loro quartiere. Molto spesso un giardino condiviso è lo spunto per fare altro: un luogo d’incontro, far giocare i bimbi, avere un po’ di relax, praticare uno sport all’aperto, fare attività culturali, fare giardinaggio, coltivare un orto per l’autoconsumo, fare volontariato sociale o educazione ambientale. Il giardino condiviso può essere il fulcro di una comunità delineando nuovi modi di vivere la città. Molti stanno cominciando ad accorgersi del piccolo miracolo degli orti cittadini, in grado di concentrare in 50 metri quadrati opportunità di crescita, sostenibilità ambientale, occasioni di socializzazione e recupero dei valori comunitari.                                                                                                                                                             Sulla scia di questi temi, annotiamo un fatto locale avvenuto la notte tra il 5 e il 6 di Novembre nella comunità di Labico: l’Associazione socioculturale  “ Labicocca ”, impegnata sul territorio con iniziative a tutela dell’ambiente, ha portato a termine un’azione non violenta di guerrilla gardening, in occasione del “ primo attacco nazionale sincronizzato di G. G. “. In località “La Roca”, in via Figoroni , alcuni esponenti dell’ Associazione insieme con dei volontari hanno << preso d’assalto>> una piccola area verde abbandonata a se stessa, piantando fiori e piante aromatiche. Il sito è poco distante dagli edifici scolastici di Labico, e questo è stato un motivo in più per eleggerlo sede dell’assalto: “ Per fare un regalo ai tanti bambini che ogni mattina passano lì davanti per andare a scuola “. La missione è stata compiuta con successo, e sarà la prima di una serie, assicura l’Associazione: “ Adesso, avremo cura di mantenere quest’area pulita e bella, com’è ora, e per questo chiediamo la collaborazione di quanti abitano in zona, e di quanti ogni giorno passeggiano in quella starda per andare a scuola…, noi , comunque, non l’abbandoneremo.”
fabio vergovich

nuova casa per i bimbi dell'associazione Peter Pan

ROMA - La "Grande casa" è realtà. Mercoledì 16 novembre 2011, nel giorno del suo 17° compleanno, l’Associazione “Peter Pan onlus, l’accoglienza del bambino onco-ematologico” ha inaugurato a Roma in Via San Francesco di Sales 18 “La Grande Casa”, una nuova struttura d’accoglienza e servizi destinata alle famiglie italiane e straniere che vengono nella Capitale per curare i propri bambini malati di cancro. Questa nuovo edificio di 1100 mq, creato per abbattere le lunghe liste d’attesa, incrementerà del 30% l’attuale capacità d’accoglienza.


In Italia sono 1300 i nuovi casi di cancro in età pediatrica diagnosticati in un anno (fonte AIEOP). Centinaia le famiglie costrette a trasferirsi per lunghi periodi nelle città in cui sono presenti i centri di eccellenza nella speranza di poter curare adeguatamente i loro bambini le cui possibilità di guarigione si attestano attualmente intorno al 75%.
Nelle Case di Peter Pan la quotidianità delle famiglie è sì fatta di terapia, ma anche di gioco, studio, allegria, ascolto e di tutto ciò che possa favorire il recupero psicofisico del bambino e contrastare il senso di smarrimento e solitudine che sono l’inevitabile scenario della malattia. Dal 2000 ad oggi le Case hanno accolto più di 500 nuclei familiari sostenuti da oltre 200 Volontari che si alternano quotidianamente al fianco delle famiglie nelle varie attività che scandiscono e portano “normalità” nelle giornate.

La Grande Casa. L’edificio che ospita la nuova struttura è una palazzina storica che si trova all’interno del complesso di Villa Lante a Roma nel quartiere di Trastevere. E’ stato preso in locazione, per una durata di 18 anni rinnovabili, e si trova accanto alle due Case già esistenti aperte da Peter Pan nel 2000 e nel 2007. Si realizzerà così un unico polo di accoglienza e servizi che qualificherà Roma come “Capitale dell’accoglienza del bambino onco-ematologico”.
Peter Pan onlus, Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica, nasce a Roma il 16 novembre 1994 per volontà di un piccolissimo gruppo di genitori e parenti di bambini malati di cancro con il desiderio di mettere a disposizione di chi è stato appena colpito dalla malattia il bagaglio della propria esperienza e tutto il supporto necessario ad affrontare, sia logisticamente che psicologicamente il lungo iter delle terapie.

Nelle sue Case d’accoglienza ospita gratuitamente i bambini italiani e stranieri malati di cancro costretti a trasferirsi a Roma per ricevere cure adeguate presso i reparti onco-ematologici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e del Policlinico Umberto I. Peter Pan assicura a questi bambini e ai loro genitori tutto il supporto necessario durante l’intero ciclo delle terapie.
Giochi, corsi di ceramica e d’inglese, campi estivi, gite e cure odontoiatriche sono alcuni dei servizi e delle attività offerti da Pater Pan a famiglie e bambini per “aggiungere vita ai giorni”. Tutto avviene in una dimensione comunitaria che consente alle famiglie di aiutarsi reciprocamente.

Le Case di Peter Pan riducono al minimo le giornate di ricovero con conseguenti benefici psicologici per i piccoli pazienti, consentendo ai reparti di rispondere tempestivamente alla crescente domanda di cura.
Per il sistema sanitario nazionale, inoltre, rappresentano un risparmio considerevole se si confronta il costo medio di una giornata di ricovero con quello di un day hospital.

L’Associazione Peter Pan Onlus a sede a Roma in Via San Francesco di Sales, 16. Siti web: http://www.peterpanonlus.it/ , http://www.lagrandecasadipeterpan.it/ Facebook: http://www.facebook.com/Peter.Pan.Onlus.Roma

martedì 8 novembre 2011

Autori ed opre immortali: Aleksandr Puskin

Ricordo il meraviglioso istante: davanti a me apparisti tu,
come una visione fugace, come il genio della pura bellezza.

Nei tormenti di una tristezza disperata, nelle agitazioni di una rumorosa vanità,
suonò per me a lungo la tenera voce, e mi apparvero in sogno i cari tratti.

Passarono gli anni. Il ribelle impeto delle tempeste disperse i sogni di una volta,
e io dimenticai la tua tenera voce, i tuoi tratti celestiali.

Nella mia remota e oscura reclusione trascorrevano quietamente i miei giorni
senza divinità, senza ispirazione, senza lacrime, senza vita, senza amore.

Ma venne dell'anima il risveglio: ed ecco di nuovo sei apparsa tu,
come una visione fugace, come il genio della tua pura bellezza.

E il cuore batte nell'inebriamento, e sono per esso risuscitati di nuovo
e la divinità e l'ispirazione, e la vita, e le lacrime e l'amore.

Psicologia. Bimbi e scuola: come aiutarli

Si intende per fobia della scuola quella situazione di ansia e disagio che prende alcuni bambini quando è il momento di recarsi alla scuola materna o alle elementari, prevalentemente al mattino, caratterizzata da vaghi disturbi tipo nausea, mal di pancia, mal di testa, ma anche febbricola, mal di denti, mal d'orecchie, macchie sulla pelle, dolori generici alle ossa. Spesso tali disturbi svaniscono nel fine settimana o durante le vacanze; il bambino con l'ansia per la scuola anche quando è in classe piange e vuole la mamma o pretende di essere riportato a casa.
L'ansia per la scuola si manifesta quasi sempre al momento del primo impatto con la vita di collettività, cioè a tre anni. Alcuni bambini hanno la stessa reazione a sei anni, all'inizio delle elementari. In molti casi il rifiuto per la scuola si presenta dopo un primo periodo di accettazione del nuovo quando, esaurita l'iniziale fase di novità, il bambino capisce di dovere rimanere lontano da casa e dai genitori per buona parte del giorno.
La paura della scuola è in realtà ansia di separazione dalla casa, dalla mamma, considerati dal piccolo come il posto più sicuro e tranquillo dove stare. Certi bambini sviluppano gli stessi sentimenti di ansia anche quando rimangono per periodi più o meno lunghi da parenti o da amici, lontani da casa loro, di cui sentono nostalgia. L'ansia da separazione a volte può portare a perdere la stima di sé e ad avere difficoltà ad affrontare da solo le situazioni future.
Talvolta la fobia della scuola si accentua se il piccolo incappa in un'insegnante severa, o in un gruppo di coetanei che si impongono con la forza: ricordate però che queste condizioni solo in parte determinano il disagio del bambino e non sono un motivo sufficiente per ritirare vostro figlio dalla scuola.
Se il problema non è legato ad altre tensioni psicologiche di fondo, l'ansia per la scuola svanisce nel giro di poche settimane e non necessita di interventi drastici immediati (darla vinta al bambino, cambiare l'istituto, tenere a casa il piccolo). La paura della scuola non è altro che un percorso, anche se in parte sofferto, che i bambini devono compiere per rendersi indipendenti a piccoli passi dall'ambiente domestico e per inserirsi nella vita sociale.

Che cosa fare per risolvere la problematica? Insistete a mandare regolarmente a scuola il bambino. La frequenza giornaliera a scuola, cioè la routine, è il miglior sistema per abituare il bambino a questa nuova situazione. Evitate perciò di tenere a casa spesso il bambino o di farvi commuovere dalle sue lagne. Non dovete negoziare l'andare all'asilo, dovete essere inflessibili e decisi nel mandarcelo: siate ottimisti con lui e rassicuratelo che si divertirà giocando coi coetanei.

  • Siate decisi al mattino, cioè al momento di mandare vostro figlio all'asilo
    Il mattino è il momento più difficile, perché coincide col distacco dalla mamma. Non chiedetegli: "come stai, hai voglia di andare a scuola oggi?", dareste solo spazio e possibilità alle sue rimostranze. Se il piccolo comincia a segnalare disturbi, ma vi sembra che non abbia nulla, portatelo comunque; se veramente ci fosse una malattia, siate disponibili a farvi chiamare dal personale della scuola. Se il bambino frigna e si lamenta e il tempo passa e siete in ritardo, portatelo comunque a scuola; se accampa scuse e inizia a far capricci, parlategli pacatamente, ma preparatelo per uscire comunque. A volte ci si può far aiutare da un parente o vicino di casa quando si vede che il bambino con lui fa meno storie.
  • Portate il bambino a visita medica quando presenta i disturbi
    Se il bambino presenta uno o più dei seguenti sintomi: febbre sotto i 38°C, dolori di pancia, mal di denti, vomito, tosse, macchie sulla pelle, mal d'orecchio e lo tenete a casa dall'asilo, fatelo controllare dal pediatra che spesso potrà dissipare i dubbi circa una vera malattia, piuttosto che per un disturbo psicosomatico. Cercate di portarlo in ambulatorio quando ha i sintomi cioè, possibilmente, nella stessa mattinata. Se i problemi sono solo espressione di ansia, il bambino dovrebbe essere riaccompagnato a scuola subito dopo la visita. Quando il bambino segnala stanchezza, è un po' pallido, ha doloretti alle gambe, mal di testa modesto, dovrebbe essere comunque mandato a scuola; in questi casi la visita potrà essere programmata, se lo riterrete opportuno, durante gli orari di ambulatorio pomeridiano, dopo la frequenza regolare alla scuola materna.
  • Consultate l'insegnante della scuola
    Spesso le insegnanti, se sono informate di queste fobie e dei disturbi che il bambino presenta, sono in grado di intervenire perché conoscono perfettamente questi problemi. Possono tenere il bambino in osservazione per un certo periodo di tempo, prima di avvisare la famiglia: se il mal di pancia o la nausea passano, il bambino sarà prontamente reinserito nel gruppo.
  • Parlate col bambino dei suoi problemi riguardo alla scuola
    In un momento in cui è calmo, preferibilmente di pomeriggio o sera, provate a domandargli se ha delle cose che non vanno all'asilo o cosa gli succede quando va a scuola. Chiedetegli: "ma secondo te cosa ti spaventa a scuola?" e poi: "ti prometto che parlerò all'insegnante, ti farò stare meglio, risolveremo la situazione". Rassicuratelo che quando si sente male può comunque rivolgersi all'insegnante che si occuperà di lui. Fategli capire che è necessario che frequenti la scuola: "tutti in famiglia hanno le loro occupazioni, papà va al lavoro presto, tuo fratello maggiore va anche lui a scuola, la mamma deve uscire a fare le spese".
  • Date a vostro figlio la possibilità di stare insieme ai coetanei Al di fuori delle ore scolastiche i bambini che presentano la fobia della scuola hanno la tendenza a rimanere vicino alla mamma, a giocare in casa, a guardare la TV. Molti di loro non amano stare neanche con gli amici e viene loro la nostalgia di casa. Cercate invece di dare loro parecchie opportunità per stare con altri: l'iscrizione ad un'attività sportiva, uno spettacolo da andare a vedere insieme ad un gruppo di coetanei, accompagnati da un adulto, sono alcune proposte concrete da offrire. In altre occasioni cercate di invitare voi a casa gli amici del bambino, per farlo socializzare, oppure invitate i suoi amici ad una gita insieme al mare, ai monti o in campeggio. Quando si ha a che fare con ragazzini delle scuole elementari, può essere utile far loro frequentare insieme campi estivi o farli partecipare a gite parrocchiali.

Come evitare la paura di andare all'asilo o a scuola?

La tendenza ad aver paura di vivere in un posto nuovo, sconosciuto e di adattarsi alla situazione può diminuire se aiutate il bambino ad acquisire indipendenza, in modo graduale, già da quando è piccolo.
  • Affidate vostro figlio, già dai sei mesi di vita, per poco tempo ai nonni o ad una baby-sitter: i piccoli maturano prima se hanno la possibilità di stare con altri e di staccarsi poco per volta dai genitori.
  • Mettetelo a contatto con coetanei già verso l'anno, l'anno e mezzo, anche se a questa età il bimbo tende ad essere egocentrico; dai tre anni il bambino socializza in modo spontaneo anche senza la presenza dell'adulto e inizia il gioco in gruppo.
  • Iscrivete il bambino alla scuola materna ai tre anni: questo serve a renderlo indipendente dai genitori e a cimentarsi con il gruppo.
  • Aiutatelo durante l'inserimento alla scuola materna: nei primi giorni è normale che il bambino si disperi e pianga. L'insegnante potrà essere d'aiuto: se il bambino è in crisi, potete chiederle di fermarvi per un po', per vedere come si comporta per la prima ora. Ad ogni buon conto non portate il bambino via dall'asilo, anche se potrebbe far parte di quel gruppo di bambini (sono circa 5 su 100) che proprio non ne vuole sapere della collettività.
  • Nelle scuole materne, è prassi abbastanza diffusa attuare un inserimento graduale dei bambini piccoli, al primo anno. Per abituarli all'ambiente nuovo, si inizia con una permanenza di un'ora, poi di mezza giornata, infine, dopo un paio di settimane, la frequenza copre tutto il giorno. Coraggi piccoli!

lunedì 7 novembre 2011

La vita secondo Charlie Chaplin

Pasquino e le statue capitoline da tutelare

Passeggiando intorno a piazza Navona, a Roma, nell'angolo di Palazzo Braschi che s'affaccia su piazza Pasquino, è sistemata una statua danneggiata al volto e mutilata degli arti, probabilmente risalente al III sec. a.C. La scultura sembra che avesse una funzione ornamentale dello Stadio di Domiziano, nell'area dell' attuale piazza Navona, dove è stata rinvenuta durante i lavori di pavimentazione della zona, ad inizio del  '500. Piazza Pasquino ( allora piazza Parione ), prende il nome da questa statua che nel 1501, per volere del cardinale Oliviero Carafa, venne addossata sull' angolo di Palazzo Orsini ( sua residenza ) poi Palazzo Braschi.
In quei primi anni del XVI sec., a Roma, con l'avvento di Sisto IV inizia uno " sventramento " della città e l'avvio di un piano regolatore che vede la demolizione di molti edifici fatiscenti, per far posto a strade larghe e ben percorribili. Vengono incentivate le costruzioni e il ripopolamento: coloro che costruiranno case nella città, ne diventeranno proprietari. Ne approfittano i cardinali, classe emergente che si stava arricchendo con la vendita delle indulgenze, i balzelli e le decime, per costruirvi le dimore di famiglia : i Borgia, gli Sforza, i Nardini, i Carafa, gareggiano nel costruire i palazzi più sontuosi, e inizia a sorgere la Roma rinascimentale. L' esempio dei cardinali è subito seguito dalla classe curiale, dai banchieri, da uomini d' affari stabilitisi a Roma, e da tutti coloro che intendono esibire ricchezza e potere nell' ambito della corte pontificia. In questo contesto avviene il saccheggio dei reperti romani, opere ambite e contese che vengono strappate dalla terra per farne oggetto di vanto dentro e fuori le abitazioni. Salvo poi usare i blocchi di marmo degli edifici romani come materiale da costruzione per risparmiare sulle spese.
PERCHE' IL NOME DI PASQUINO ?
Ci sono varie ipotesi sull'origine del nome di Pasquino : chi dice che fosse il nome di un maestro, chi di un sarto, chi di un fabbro, chi di un calzolaio. Non lo sapremo mai con certezza, ma in fondo poco importa.
Pasquino divenne l'anima di Roma, lo spirito, il " salis " e " l' acetum " del popolo romano.
Ai piedi della statua, ma più spesso al collo si appendevano nella notte fogli contenenti satire in versi, dirette a pungere anonimamente i personaggi pubblici più importanti; erano le cosiddette " pasquinate ", con cui il popolo manifestava il proprio malumore nei confronti del potere, spettatore e vittima dei misfatti del potere teocratico del papato, ingannato e disilluso proprio da quei rappresentanti di Cristo in terra che dovrebbero riscattare la sua miseria morale e materiale. Il potere temporale dei papi non è un potere come un altro: è un potere sacro e quindi la critica che ad esso si rivolge è ancor più forte perché dissacratoria e blasfema. Qualche papa tentò di imbavagliarlo facendolo sorvegliare da guardie armate, ma dovette desistere perché le pasquinate si moltiplicarono ovunque a causa di quella decisione impopolare. Quando i bersaglieri entrarono a Porta Pia, Pasquino perde
Quando i bersaglieri entrarono a Porta Pia, Pasquino perde il suo antagonista: il Papa Re, e ciò che dice dopo il 1870, non fa più storia.
Oggi le "Pasquinate"sono indirizzate più ai governanti del nostro tempo che ai rappresentanti della Chiesa.
CHI E' PASQUINO?
Il popolo romano, per la stargande maggioranza analfabeta, non è stato certo l'autore materiale delle pasquinate (spesso scritte in latino o in versi poetici anche di raffinata fattura ); gli autori potevano essere studenti, letterati del calibro dell'Aretino e di Giovan Battista Marino, portaborse di cardinali papabili, curiali insoddisfatti..., ma l'anonimato era sempre garantito, per non incorrere nelle ire della giustizia, assai poco tenera con i calunniatori del potere. Tanto è vero che nel 1556 Nicolò Franco, riconosciuto colpevole di motteggiare il papa, fu condannato alla forca da Pio V°.
Sotto Benedetto XIII° sono comminate la pena di morte, la confisca dei beni e l'infamia del nome, per chiunque, senza distinzione di persona, clero compreso, scrive, stampa, diffonde...libelli che abbiano carattere di pasquinate.
Pasquino è sorvegliato a vista dalle guardie, ma non serve a nulla.
Marforio, una statua che oggi si trova nel cortile di Palazzo Nuovo, nei Musei Capitolini, era considerato la "spalla" di Pasquino, poiché in alcune delle satire le due statue dialogavano fra di loro : una faceva domande riguardo ai problemi sociali, alla politica, ecc..., e l'altra dava risposte argute.
Vi sono altre "statue parlanti" minori: il "Facchino", "Madama Lucrezia", "L'Abate Luigi", e il" Babuino". I tesori di Roma sono tanti ma arduo sembra essere l'impegno di tutelarli!!!!