«Oggi vedo troppi allenatori che si dimenano, che urlano, che recitano un ruolo a bordo campo. Io invece sarei rimasto seduto. Come faceva Liedholm, che non si scomponeva mai, finché non prese una pallonata: allora si alzò e disse, con la sua ironia elegante, “Ti do un pugno di vantaggio e poi comincio io”.
Quello era calcio vero, non teatro. Oggi sembra tutto una sceneggiata: i giocatori sanno già cosa devono fare, non serve alzare la voce.»
Poi la confidenza, detta col sorriso amaro di chi sa di poterlo fare davvero:
«Dopo Ventura, avrei accettato volentieri la panchina della Nazionale. Mi dissero che non avevo il patentino, che mi mancava esperienza… ma scusate: io ho fatto l’allenatore in campo per vent’anni!
Con alcuni amici avevamo persino pensato di prendere il Bari, ma non se ne fece nulla.»
E quando gli chiedono come sarebbe da allenatore, non ha esitazioni:
«Fuori subito i telefonini dagli spogliatoi: se potessero, li porterebbero pure in campo!
Ridiamo spazio alla tecnica, all’istinto, alla fantasia. Basta con i retropassaggi e con questo calcio calcolato: sembra quasi che abbiano cambiato le regole del gioco.»
Parole che profumano di passato, ma che, forse, raccontano già il futuro del calcio vero. ⚽️

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