domenica 30 novembre 2025

SICULI E SICANI: I SIGNORI PERDUTI DELLA PRIMA SICILIA



L'isola di Trinacria, ben prima di assurgere a perla della Magna Grecia, fu teatro di una storia complessa e frammentata. Essa fu animata da popolazioni autoctone e migranti che ne modellarono il paesaggio culturale in un lungo periodo preistorico e protostorico.


Tra queste popolazioni, i Sicani e i Siculi rappresentano le anime più antiche e misteriose. I loro domini si scontrarono e si fusero per secoli, lasciando tracce profonde negli strati archeologici e nelle narrazioni degli storici posteriori.


I Sicani sono spesso considerati il popolo più antico dell'isola. Il loro insediamento, secondo alcune fonti antiche in contrasto tra loro, è fatto risalire addirittura al 3000 a.C. circa. Inizialmente, si estendevano su gran parte della Sicilia.


Sulla loro origine permangono incertezze. Se alcuni storiografi, come Timeo, li ritenevano autoctoni, altri autorevoli, tra cui Tucidide e Filisto, propendevano per una provenienza dalla penisola iberica, forse scacciati dai Liguri dalle rive di un fiume Sicano. Quest'ultima ipotesi, tuttavia, è considerata da alcuni studiosi moderni una speculazione toponomastica greca.


I Sicani si stabilirono prevalentemente nella parte occidentale e centro-meridionale dell'isola. Svilupparono una civiltà che, in età del Ferro, è archeologicamente documentata dalla cultura di Polizello-Sant'Angelo Muxaro. Questa cultura è caratterizzata da una specifica ceramica dipinta in rosso o incisa.


I loro centri principali inclusero Iccara, Inico e Indara. La loro architettura difensiva si concentrava in villaggi fortificati su alture strategiche, a testimonianza di una conoscenza avanzata del territorio. Essi furono anche in contatto con le civiltà orientali, come quella minoica.


I Siculi, invece, sono quasi unanimemente identificati come una popolazione migrante di origine indoeuropea, proveniente dalla penisola italiana. Secondo la tradizione storica, attraversarono lo Stretto di Messina, probabilmente due o tre secoli prima della colonizzazione greca (attorno all'XI secolo a.C.).


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Il loro arrivo portò a spingere gradualmente i Sicani verso occidente e a stabilirsi nella metà orientale dell'isola. Questo processo di espansione fu lento ma inesorabile e non esente da conflitti, come suggerito dalle violente distruzioni di villaggi sicani.


La lingua sicula, di cui si è trovata traccia nell'iscrizione più lunga pervenutaci, mostra significative affinità con il latino, riconducendo i Siculi alla famiglia linguistica dei Latino-Falisci.


La loro cultura, specialmente nel secondo periodo, fu fortemente influenzata dai Micenei e dai Fenici, con cui intrapresero scambi commerciali. Questo portò a una fioritura artistica e religiosa che vide i Palici, divinità protettrici della navigazione e dell'agricoltura, tra i loro dei più venerati.


L'arrivo dei coloni greci, a partire dal 735 a.C., trovò l'isola divisa: i Sicani a occidente e i Siculi a oriente. Questo nuovo e potente influsso culturale portò a una rapida ellenizzazione delle popolazioni indigene, assorbendone usi e costumi. Già nel V secolo a.C. gli autoctoni erano profondamente ellenizzati.


Un'eccezione notevole a questa progressiva assimilazione fu rappresentata da Ducezio, un siculo ellenizzato nato attorno al 488 a.C.. Egli guidò le popolazioni sicule in una ribellione contro la dominazione greca nel 452 a.C., fondando la capitale Palikè.


Nonostante la sua sconfitta e l'esilio, il suo tentativo rappresenta l'ultima grande fiammata di autonomia prima che i signori perduti della prima Sicilia venissero definitivamente inglobati nel complesso mosaico della storia mediterranea.


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sabato 29 novembre 2025

La lotta alla mafia, in parte, è un bluff

 


"IL CACCIATORE DI MAFIOSI" ALFONSO SABELLA poteva non sapere che le tre Sorelle Napoli erano le figlie del Capo Mafia di Mezzojuso Salvatore Napoli iscritto al Registro Prefettizio dei Mafiosi di Palermo dal 1971 al n°859 zio dell'insospettabile Giovanni Napoli Autista di Bernardo Provenzano???? 


Nato a Bivona (AG) che è distante 60 km da Mezzojuso (PA).


Alfonso Sabella dal 1990 al 1993 era Sostituito Procuratore a Termini Imerese (PA) ovvero la Procura che ha competenza territoriale anche nei comuni di Corleone e Mezzojuso. 


Da novembre 1993 al 1999 era Pubblico Ministero alla Procura di Palermo nel POOL ANTIMAFIA guidato da Giancarlo Caselli


Poteva non sapere chi era SALVATORE NAPOLI di MEZZOJUSO???? 


Essendo un MAGISTRATO ed essendo state gestite le calunniose denunce delle tre sorelle Napoli alla Procura e Tribunale di Termini Imerese, che non ha la DDA, come poteva asserire in trasmissione da Giletti che le Sorelle Napoli erano vittime di reati di Mafia???


Da MAGISTRATO in servizio a NAPOLI mentre andava in onda la SOAP OPERA SORELLE NAPOLI ove vi partecipava come OPINIONISTA, come poteva permettere ad associazioni Antimafia a dilapidare fondi ricevuti dallo Stato e da donazioni in favore delle sorelle Napoli che non avevano alcun processo di mafia in corso? 


Da MAGISTRATO in servizio a Napoli, come poteva permettere di fare dichiarare falsamente alle Sorelle Napoli di essere tre imprenditrici agricole quando lo era solo una con una azienda fittizia e le altre due sorelle erano una dipendente comunale e geometra e l'altra DIRIGENTE dell'Assessorato Agricoltura e Foresta della Regione Sicilia? 


Da MAGISTRATO in servizio a Napoli come ha potuto permettere al PM ANNADOMENICA GALLUCCI di dichiarare falsamente che le Sorelle Napoli fossero vittime di Mafia senza alcuna Sentenza e sospendere mutui, tasse e pagamenti all'ISMEA???? 


Da MAGISTRATO in servizio a Napoli come poteva permettere al PREFETTO DI PALERMO De Miro di donare 24.000 euro alle Sorelle Napoli di Mezzojuso presi dai Fondi Antimafia non avendo alcun processo per Mafia e nessuna sentenza????? 


Da MAGISTRATO in servizio a Napoli come poteva permettere all'Assessore Edy Bandiera di utilizzare mezzi e personale dell'Ente Sviluppo Agricolo per fare lavori GRATIS a spese della REGIONE SICILIA presso i terreni detenuti e non posseduti dalle Sorelle Napoli?


Con quale coraggio, dichiarava che le Sorelle Napoli erano tre EROINE CONTRO LA MAFIA?????? 


Tutto ciò è stato possibile grazie all' impunità accordata alla FIGLIE DEL CAPOMAFIA DI MEZZOJUSO E TUTTI I LORO SODALI CHE LE HANNO UTILIZZATE PER REALIZZARE I PROGETTI LEGALITÀ E APPRODARE AI FONDI EUROPEI, FONDI ANTIMAFIA, ETC...E CREARE UN ENORME BACINO DI VOTO DI SCAMBIO.


IMPUNITÀ A TUTT'OGGI GARANTITA DALLA MAGISTRATURA, DALLA POLITICA, DAL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA e dal Garante Sergiuzzu e da tutti gli ebeti che venerano come Dei in terra i "Professionisti dell'Antimafia" e da tutti gli IGNAVI E INDIFFERENTI... 


Vi invito a dare le vostre considerazioni. 


La mia considerazione la sapete già che della Parola Antimafia bisogna togliere la parola anti in quanto sono due facce della stessa medaglia dove, sia che si facciano la guerra o gli accordi gli unici a prenderla nel culo e perseguitati sono sempre e solo i cittadini onesti... 


🔴VI INVITO A VISIONARE I POST PRECEDENTI E CONDIVIDETE OVUNQUE🔴


Francesco Carbone 

Presidente dell'Associazione Governo del Popolo APS. 

#FRANCESCOCARBONE #AssociazioneGovernoDelPopolo #mezzojuso #massimogiletti #magistratura #mafia #sorellenapoli #alfonsosabella

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PONTE MILVIO: IL GIORNO IN CUI COSTANTINO CAMBIÒ IL DESTINO DEL MONDO

 


Il 28 ottobre del 312 dopo Cristo, alle porte di Roma, si combatté una delle battaglie più decisive della storia occidentale. Presso il Ponte Milvio, sulle rive del Tevere, Costantino affrontò Massenzio in uno scontro che avrebbe trasformato per sempre il destino dell'impero romano e del cristianesimo. La battaglia non fu semplicemente un confronto militare tra due pretendenti al trono, ma rappresentò lo scontro tra due concezioni opposte del potere imperiale e segnò l'inizio di una nuova era per l'intera civiltà romana.


Nella primavera del 312, Costantino aveva radunato in Gallia un esercito di circa quarantamila soldati, attraversando improvvisamente le Alpi per attaccare l'Italia. Dopo aver sconfitto Massenzio nelle battaglie di Torino e Verona, l'esercito costantiniano prese la via Flaminia verso Roma, accampandosi a Malborghetto, vicino a Prima Porta, sulla riva destra del Tevere a poca distanza dal ponte. Massenzio, che controllava Roma con l'appoggio dei pretoriani e disponeva di circa centomila soldati per la difesa dell'Italia e dell'Africa, aveva inizialmente deciso di attendere l'avversario al riparo delle mura aureliane, che aveva fatto restaurare proprio in previsione di un assedio. Contava sui copiosi approvvigionamenti che aveva raccolto e sulla protezione delle fortificazioni cittadine.


Secondo le fonti antiche, la notte precedente la battaglia accadde qualcosa di straordinario. Lattanzio, nel suo trattato scritto poco dopo lo scontro, afferma che Costantino fece un sogno in cui gli venne comandato di mettere il simbolo celeste di Dio sugli scudi dei propri soldati. La mattina dopo, l'imperatore fece apporre un segno sugli scudi, probabilmente uno staurogramma, una croce latina con la parte superiore cerchiata. Eusebio di Cesarea, nella sua opera composta dopo la morte dell'imperatore, racconta una versione diversa: Costantino avrebbe visto con i propri occhi, insieme al suo esercito, una croce di luce nel cielo sopra il sole, che recava l'iscrizione con questo vinci. Nella notte successiva, Cristo gli sarebbe apparso in sogno ordinandogli di fare un'immagine di quel segno e di usarlo come protezione negli scontri.


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La battaglia si svolse sulla riva destra del Tevere, tra il fiume e l'antica via Flaminia. Costantino condusse un lungo combattimento contro le ali dell'esercito di Massenzio, che furono travolte scoprendo i fianchi della fanteria. La cavalleria costantiniana ruppe le linee avversarie, mentre la fanteria caricò facendo ritirare le truppe nemiche verso il Tevere. Massenzio aveva fatto tagliare il Ponte Milvio e costruire un ponte temporaneo per permettere alle sue truppe di attraversare il fiume, ma durante la ritirata il ponte crollò. Molti soldati, bloccati sulla riva nord del Tevere, furono fatti prigionieri o uccisi. Lo stesso Massenzio cadde nel fiume e annegò. Il suo corpo fu successivamente trovato, estratto dal Tevere e decapitato.


La vittoria di Ponte Milvio permise a Costantino di diventare l'unico sovrano della parte occidentale dell'impero, passo decisivo verso il suo dominio assoluto. L'arco trionfale eretto nel 315 per celebrare la vittoria attribuisce il successo all'intervento divino, sebbene non mostri alcun simbolismo esplicitamente cristiano. A seguito della battaglia, Costantino adottò una politica di tolleranza verso i cristiani, che l'anno successivo trovò espressione nell'incontro con Licinio a Milano, dove venne concordata la libertà di culto. La battaglia segnò quindi l'inizio della trasformazione del cristianesimo da religione perseguitata a fede protetta dall'autorità imperiale, processo che avrebbe profondamente modificato la civiltà europea nei secoli successivi.


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Marcello Prima

 

Lui non ha mai avuto la figurina. Per forza, non ha mai giocato né in serie A, né in serie B. 

E oggi con quel cognome quelli che non hanno raggiunto la quarantina lo scambierebbero per una compagnia di assicurazioni. Doveva andare all’Inter, ma poi hanno cambiato idea. E nei nostri sogni c’è la sua figu , grande e sorridente, da giocatore di serie A. Se ne faccia una ragione anche la Panini. Perché dalla fine degli anni ’70 all'inizio dei '90 lui ha seminato il panico nelle difese di tutta la serie C : Monopoli, Barletta, Siracusa, Mestre, Giarre, Brindisi, Juve Stabia, Messina, tra le altre. Per tutte lui è il numero 9, un centravanti regale, che a dispetto dei centonovantasette centimetri esibisce destro e sinistro. Ma non dovevi fare il cestista? “Vero, da piccolo tutti volevano che giocassi a pallacanestro, ma nessuno è riuscito a convincermi. Il calcio è sempre stato la mia passione, il mio sport preferito”. E a 22 anni non giocavi ancora in Promozione: “Certo nel Carovigno in provincia di Brindisi, il mio paese. Quell’anno ho segnato 23 gol”. 

Fa il doppio salto al Monopoli in C2, dove ne segna 16. Viene richiesto da squadre di serie B, ma non se ne fa niente: “Purtroppo non conta solo quello che si fa sul campo. Io non ho mai voluto un procuratore e le pubbliche relazioni valgono più dei palloni mandati nel sacco”. Monopoli è solo l’inizio di una mitragliata nei professionisti, perché ne segnerà altri 125 (in doppia cifra 8 volte in tutto, ma sono 10 contando l’Interregionale). Vince due volte la C2 con Barletta e Giarre. A Castellammare di Stabia arriva e fa una scommessa col presidente: “Un premio se raggiungi quota 10 gol”. 

Lui però ne segna 20 e l’anno dopo 15 : “Il segreto ? Tantra serietà in allenamento” . E’ il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene.

C’è nientemeno che il Cagliari di Claudio Ranieri quel pomeriggio a Giarre e l’hanno studiato, gli stanno addosso, lo raddoppiano: sul cross di Torti da sinistra, Bertini la sporca di tacco e lui scivola via dalla morsa dei difensori e la gira al volo sotto la traversa. Quell’anno sarà capocannoniere del girone B di serie C1. Lui carica le squadre della sua energia leggera e, già che c’è, vince qualche campionato. Ha il gusto dell’attesa per la mossa falsa del difensore e la freddezza per accoppare il portiere. Il problema delle difese è poi che dove arriva lui di testa il portiere non arriva nemmeno con le mani. 

A Castellammare di Stabia gli hanno fatto uno striscione . Direte voi : Bravo e quindi? Lo striscione gliel’hanno fatto nel 2023, all’età di 65 anni mentre con lo stesso sguardo limpido insegna calcio ai bambini. 

Ma chi se ne frega della figurina e poi la serie C è meravigliosa.

Pazzesco, Marcello Prima .

E buon compleanno.

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BOLSONARO (FINALMENTE) CONDANNATO

 


L'uomo degli USA in Brasile Bolsonaro è stato finalmente condannato a 27 anni di carcere. Colui che ha fatto aumentare a livelli mai visti prima la corruzione e anche la povertà nel Paese sotto il volere degli Stati Uniti e aver cercato di imprigionare e screditare in tutti i modi Lula, ha avuto ciò che si meritava.


 La Corte Suprema del Brasile ha disposto l’esecuzione della pena: Bolsonaro si trova in detenzione cautelare da sabato scorso, dopo che la polizia federale ha accertato un suo tentativo di liberarsi del braccialetto elettronico che monitorava i domiciliari concessi la scorsa estate. Anche gli ex ministri coinvolti nel complotto, Anderson Torres e Alexandre Ramagem, hanno visto confermate le loro condanne.


27 anni di carcere dovrà scontare Jair Bolsonaro, dopo aver esaurito ogni via di ricorso, per il tentativo di colpo di Stato finanziato dagli USA ai danni del Presidente  Lula. Ennesimo colpo di Stato USA fallito in Sud America negli ultimi anni, nella speranza che il Brasile non riceva lo stesso trattamento che sta subendo il Venezuela.

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Julir Newmar

 


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venerdì 28 novembre 2025

Oriana Fallaci

 


“Sono rari gli uomini che scelgono donne profonde al proprio fianco, perché quelle superficiali e, perlopiù, concentrate sull'apparenza, danno meno problemi e sono più facilmente gestibili.

Una donna profonda, invece, cerca dialoghi costruttivi e confronti, vuole e crea intimità, ha consapevolezza di sé e conosce i propri limiti e le proprie forze. Una donna profonda detesta la superficialità, la volgarità. Non vuole piacere a tutti, non si accontenta ma cerca, sa che il suo valore non risiede nell'aspetto ma nella tenacia del cuore.

Le donne profonde sono come uragani. Non si fermano davanti a nulla. Ridono e piangono senza vergognarsi e se ne hanno voglia si siedono per terra o camminano scalze come se fosse la cosa più normale del mondo. Non hanno paura delle sfide per trovare ciò che hanno nel cuore, né di soffrire per inseguire i loro ideali. Non cercano nella coppia un leader da seguire, né un figlio da salvare. Ma un compagno con il quale camminare. 

Le donne, tutte le donne, devono sempre ricordarsi chi sono e di cosa sono capaci. Non devono temere di mostrarsi intelligenti, di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo! Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede coraggio, una sfida che non annoia mai.”

Oriana Fallaci

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Dua Lipa 629

 


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I mille volti di Lady Cris

 


INTANTO IN SLOVACCHIA

 



hanno approvato una legge che pone la loro legislazione al di sopra di quella dell'Unione.

Una vera contraddizione in termini. Se poni la tua legge al di sopra dell'Unione Europa, ti poni già al di fuori dell'Unione in quanto appartenere all'Unione significa accettarne lo Statuto, che prevede che la tua legislazione sia informata a quella Europea. 

Una bella soluzione!  

Come dire se vogliamo meno inquinamento costruiamo le città in campagna...

Quindi si faceva prima a dire esco dall'Unione Europea. 

Ma l'ipocrisia è presto smascherata in quanto vogliono solo i diritti e non i doveri che comporta essere membri.

Modello Orban, per capirci.

Conclusione: 

in cecoslovacchia anche tra i legislatori vi sono analfabeti funzionali.


C G


Foto: Bratislava

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Bad News Brrown vs André the Giant

 


Andre the Giant era fatto così: o gli piacevi (ed allora era capace di tutto per te) oppure, se non gli andavi a genio, era meglio nasconderti sotto una roccia o cambiare mestiere, perché quello che ti aspettava erano guai seri.


Tutti avevano timore di André. Tutti.


Tranne uno.


Il wrestler ed ex-judoka Allen Coage (conosciuto in NJPW come "Bad News Allen" ed in WWE come "Bad News Brown") si trovava in Giappone, sul bus della compagnia di Antonio Inoki, due file avanti ad Hulk Hogan, mentre mezzo assonnato tentava di schiacciare un pisolino.


Dal fondo del bus, nell'ultima fila, il gigante francese stava invece chiaccherando amabilmente con il leggendario Dusty Rhodes, quando iniziò a parlare male degli afro-americani, utilizzando la parola "nero" con una G di troppo.


"Hey, occhio a come parli! Ricordati che questo è un insulto pesante per me!" - tuonò Coage. 


André non rispose subito, ma dopo un pò se ne uscì con un "ma vaff*** Allen!".


Coage non ci vide più. Perentoriamente chiese all'autista di fermarsi.


"Adesso scendi giù con me  e vediamo se hai il coraggio di dirmelo in faccia!" - disse Coage.


Incredibile a dirsi, fu nientemeno che Stan Hansen a calmare momentaneamente le acque, facendo presente a Bad News che André aveva bevuto qualche bicchiere di troppo... beh, parecchi bicchieri di troppo!


Coage annuì ad Hansen e tutto filò tranquillo fino all'albergo. Ma ad Allen non andava proprio giù aver subito quell'offesa, e ci rimuginò sopra tutta la notte.


Il giorno dopo, mentre erano tutti in procinto di dirigersi verso la nuova sede del prossimo spettacolo, Coage attese il mastodontico wrestler fuori dall'ascensore. 


Quando André uscì, Coage chiese lui gentilmente di parlare fuori un momento insieme.


Ma Andrě vide la mala parata ed all'inizio si rifiutò categoricamente di parlare con Coage.


"André, voglio solo parlare: se avessi voluto avere uno scontro con te, l'avrei fatto adesso, direttamente nell'ascensore!".


Convinto dalle parole, i due si diressero all'esterno e si chiarirono professionalmente.


"Guarda, André, se questo è il tuo pensiero, va bene. Ma tieni le tue idee per te. Io non offendo la tua gente, tu non devi offendere la mia."


André comprese ed i due si diressero pacificamente verso l'autobus. Ci fu molta tensione per un bel pò di tempo tra i due, ma alla fine il wrestler di Grenoble comprese il suo errore e chiese scusa a Coage, riallacciando con lui ottimi rapporti.


Quel giorno, su quell'autobus, fu chiaro a tutti un fatto fondamentale: "Bad News" Allen Coage era un uomo unico, solido nelle sue convinzioni e pronto a tenere fede ai giusti valori con cui era cresciuto, senza arretrare di fronte a nessuno.


Nemmeno davanti ad un gigante!


#BadNewsBrown #BadNewsAllen #AllenCoage #AndreTheGiant #NJPW #WWE #puroresu #catch #wrestling #maestrozamo

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The Renegade

 


Questa bellissima foto vede il mitico manager Jimmy Hart in compagnia di un "trio delle meraviglie": Hulk Hogan , Macho Man Randy Savage e The Ultimate Warrior per la prima volta insieme!


Ma... aspettate un momento... quello NON è assolutamente The Ultimate Warrior!!!


Deve essere stata questa, più o meno, la reazione dei fan quando, dopo un promo di Hogan che promise una "sorpresa definitiva" (in inglese "Ultimate Surprise") per la sua battaglia contro il Dungeon of Doom di Kevin Sullivan in WCW, videro un uomo che somigliava ad Ultimate Warrior, si muoveva come Ultimate Warrior, si truccava e parlava come Ultimate Warrior...


...solo che non era Ultimate Warrior.


"The Renegade" fu l'idea di Eric Bischoff di crearsi il proprio "Guerriero" in casa, dal momento che le trattative per portare Hellwig in WCW erano andate in fumo ed Eric non voleva mettersi a negoziare con un uomo difficile come l'ex campione WWF.


Ma avere The Renegade invece dell'originale non fruttò i successi sperati: la gente, rimasta male per la delusione, iniziò ad odiare quel personaggio tarocco e di riflesso persino Hogan, reo di aver loro mentito sulla reale presenza del Guerriero.


In poco tempo e dopo un inizio fulminante, The Renegade tornò ad essere semplicemente Rick Wilson, un bravo ragazzo con discrete capacità sul ring ma con un carisma non all'altezza del compito richiesto. Prima divenne un "jobber" di lusso, poi perse anche i tratti che lo rendevano simile al Guerriero, infine fece pure da controfigura all'originale Ultimate Warrior, quando questi approdò alla WCW nel 1998.


Dopodichè, venne licenziato e tornò a fare da  buttafuori in alcuni locali.


Ma la delusione cocente era stata veramente troppo pesante per lui, che probabilmente aveva sognato un futuro da star: nel 1999, in casa sua, prese una pistola e pose fine a quello strazio che si portava dentro.


Aveva 33 anni.


#TheRenegade #RickWilson #HulkHogan #DungeonOfDoom #MachoManRandySavage #JimmyHart #UltimateWarrior #EricBischoff #WCW #wrestling #maestrozamo

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Bam Bam Bigelow & Big Van Vader

 


Bam Bam Bigelow e Big Van Vader sono stati due tra i più incredibili performer tra la fine degli anni 80 e gli inizi dei 90.


Ambedue enormi, colossali e pericolosi, avevano in comune l'abilità di sapere miscelare la brutalità dei loro colpi con una incredibile agilità, dal moonsault di Vader fino alle straordinarie movenze veloci di Bigelow, una vera e propria "anomalia" quando si parla di "big men" nel wrestling.


I due "gaijin" hanno persino unito le loro forze in territorio nipponico, nella New Japan Pro Wrestling, con un incredibile e devastante debutto in coppia il 20 Gennaio 1989, contro due vere e proprie leggende del puroresu come Antonio Inoki e Tatsumi Fujinami.


Ma fu qualche anno dopo, nel 1992, che i due si consacrarono un tag team di tutto rispetto quando, battendo il team di Keiji Mutoh ed Hiroshi Hase, si proclamarono campioni di coppia IWGP (all'epoca un alloro difficile da vedere alla vita di un tag team composto da stranieri).


La loro partnership sul ring durò però molto poco: nel 1993 Bigelow rispose alla nuova chiamata della WWE (ed in seguito della ECW), mentre Vader ebbe più fortuna in WCW dove riuscì anche a vincere il titolo del mondo.


Nella realtà, nelle interviste fatte singolarmente ad ognuno di loro anni dopo, pare che i due fossero "forzati" a stare insieme, non andando particolarmente d'accordo per motivi allo stato attuale ignoti. Forse, essendo molto simili nel fisico e nelle capacità sul ring, c'era una sorta di "competizione" tra i due... o forse semplicemente non c'era chimica tra loro.


Ma se la chimica scarseggiava, di sicuro non mancava l'alchimia: vederli insieme, seppur per un tempo limitato, era una gioia per gli occhi del fan di quel periodo, che cercava personaggi "larger than life" ma che sapessero non solo menare le mani, ma regalare emozione e spettacolo sul ring.


#BamBamBigelow #BeastFromTheEast #Vader #BigVanVader #NJPW #IWGP #gaijin #puroresu #WWE #ECW #WCW #wrestling #maestrozamo

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La Parka

 


"Fin quando sarò vivo e capace di lottare, gli altri saranno solo imitazioni ed io l'originale. Possono dire quello che vogliono e chiamarsi come pare a loro. Non credo nei trofei che ha accumulato, perché non li ha realmente vinti. La Parka era un personaggio già molto famoso quando ho lasciato la AAA, non è stato merito suo."


Così il wrestler messicano Adolfo Tapia si esprimeva sul suo collega Jesus Escoboza. Cosa avevano in comune questi due per odiarsi così tanto?


Semplice: tutti e due interpretavano lo stesso personaggio, la personificazione della morte presa in maniera scherzosa... La Parka.


La maschera messicana tutta ossa e capace di mosse di lucha mista a passi di danza ha una origine incerto: Tapia giura che l'idea del costume e dei passi di ballo furono tutta una sua invenzione quando portò il personaggio al debutto in AAA nel 1992, ma Alfonso Pena, promoter della promotion messicana e detentore dei diritti sul character invece è di idea diametralmente opposta, sostenendo di essere lui l'artefice del successo dietro la gimmick.


Dopo ben 4 anni di successi insieme, Tapia si rese conto che, mentre la AAA scalava la cima del successo, i wrestler sotto contratto, lui compreso, avevano sempre la solita misera paga. Un giorno chiese a Pena di aumentare il suo ingaggio, data l'enorme popolarità del lottatore, e questi rispose che quello stesso venerdì avrebbe dato al luchador ciò che gli spettava. Convinto di aver appianato il problema, Tapia si presentò quel venerdì allo show e ricevette un plus che non si sarebbe mai aspettato: due pizze nel cartone ed una lattina con una bibita.


Qui la storia ovviamente ha due facce: Pena ha sempre sostenuto la falsità della vicenda ed ha invece parlato di un allontanamento voluto da lui stesso per via di alcuni problemi legali del wrestler (effettivamente una vera testa calda fuori dal ring).


Comunque sia, Tapia lasciò la AAA sotto suggerimento dell'amico Konnan ed iniziò un lungo percorso fuori dal Messico, negli Usa (in WCW ed ECW) ed in Giappone. 


Orfani della gimmick scheletrica che tanto fortuna aveva portato alla promotion, Pena decise di dare il personaggio ad un altro wrestler, l'ex "exotico" e più snello luchador Jesus Escoboza. Per un pò fu chiamato "La Parka jr.", ma il pubblico non vedeva realmente la differenza tra i due e presto divenne solo ed esclusivamente "La Parka".


Al ritorno in Messico di Tapia, i due wrestler continuarono a portare lo stesso nome e la stessa gimmick per un pò di tempo contemporaneamente, senza che Adolfo e Pena entrassero in conflitto. Ma quando Tapia firmò per la rivale storica della AAA, la CMLL, Pena andò su tutte le furie ed iniziò una battaglia legale sul nome ed i diritti del personaggio.


Tapia iniziò quindi a farsi chiamare L.A. (La Autentica) Park, praticamente lo stesso nome per sfuggire le ritorsioni legali. Escoboza, dal canto suo, fu un vero signore: accettò tutte le critiche piovute sulla sua testa, senza mai ribattere, ed apportando un suo stile al personaggio. Nella sua mente, non c'era la volontà di "rubare" una gimmick, ma di farne un lascito, come i figli di El Santo, Blue Demon e Dr.Wagner jr. avevano fatto portando la maschera del padre a nuova vita.


Finalmente, i due arrivarono ad un accordo per confrontarsi sul ring durante la diciottesima edizione di Triplemania, a cui seguirono una serie di incontri e persino di tag team match insieme. Tapia iniziò a conoscere meglio e rispettare l'uomo che stava vestendo la sua vecchia gimmick, e decise di non continuare la sua lotta per il nome, rimanendo solamente come L.A. Park.


La loro ritrovata unione però ebbe un orrendo e brusco stop durante un tag team match del 21 Ottobre 2019: intento a lanciarsi oltre le corde sull'avversario Rush, qualcosa non andò per il verso giusto ed il piede di Escoboza rimase incastrato nella corda di mezzo, facendolo carambolare con la testa prima sulle transenne di ferro e successivamente sul cemento in terra.


Paralizzato all'istante, il wrestler fu portato d'urgenza in ospedale, dove lottò per oltre due mesi, fino a quando l'11 Gennaio 2020 morì per complicazioni dovute al terribile incidente.


I fans rimasero a quel punto in attesa di sapere se l'originale La Parka, adesso libero da rivali, avesse avuto intenzione di riprendere il suo vecchio nome.


Le sue parole, però, fecero emozionare tutti e testimoniano come, fuori dal ring, nello spogliatoio, i wrestler siano come fratelli uniti da un comune destino:


"Nessuno può riempire il vuoto lasciato da La Parka della AAA. Non io, né nessun altro. La verità è che tutti dobbiamo portare rispetto verso il suo nome, così che nessuno si scordi mai di "Chuy" Escoboza. Non ho intenzione di riprendere il nome o altro. Spero solo che Dio possa riceverlo nella Sua gloria. Nella vita abbiamo combattuto finché abbiamo potuto."


All'età di 65 anni, Tapia lotta ancora sporadicamente, mentre in AAA, dal 2025, un nuovo La Parka lotta per la promotion, adesso sotto l'ombrello della WWE.


La memoria di Escoboza rimane comunque vivida nella memoria dei fan della lucha libre, che ne hanno potuto celebrare l'introduzione postuma nell'arco della gloria.


#LaParka #LAPark #AAA #CMLL #luchalibre #luchadores #rudos #tecnicos #WWE #wrestling #HallOfFame #maestrozamo

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L'ignoranza deve 3ssere sempre sconfitta

 


Milano, campetto di via Dezza, poco fa... Da ieri sera, dopo il nostro post sulla vicenda (link nei commenti) alcune persone hanno iniziato a portare dei girasoli. Ci dicono che questa mattina ci sia stato un incredibile viavai che sta proseguendo anche in questo momento. Qualcuno ha anche riscritto il messaggio della mamma che era stato rovinato. Sono passati adulti, bambini, persone comuni, ragazze, ragazzi, ci sono fiorai della zona che hanno offerto gratuitamente mazzi di girasoli, ci sono amici che sabato pomeriggio organizzeranno un torneo in memoria di Alessandro, il ragazzo quindicenne scomparso nel 2017 giocando su quel campo.

Ci dicono che sia passato poco fa anche il papà. Visibilmente emozionato. Ha fatto sapere che il nostro post, ma soprattutto i tantissimi messaggi delle persone, hanno commosso lui e la moglie. Ci fanno sapere che esiste un'associazione, The DAB GAME, nata in ricordo di Alessandro, che si propone di raccogliere fondi per tutte le strutture sportive di Milano e provincia che faticano a sopravvivere.

Ci sono tanti street artist che si sono offerti di disegnare gratuitamente un grande girasole su quel campo.

Si sta preparando un progetto per intitolare il campetto ad Alessandro, col simbolo del girasole: quel fiore che la mamma e il papà di Alessandro portano da 8 anni su quel campo in ricordo del figlio, e che qualcuno negli ultimi giorni ha pensato di strappare per non rendere Milano "una pattumiera".


È il bene che vince sul male.

È l'empatia che vince sull'inciviltà.

È la bontà d'animo che distrugge la cattiveria.

Siamo sinceramente commossi.


(grazie per le foto a Angeli del Bello, Simone Lunghi, Marlon Brandão, Marco Bigatti)

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Maria Hering 376

 


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Il treno degli emigranti

 





Gianni Rodari

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NINIVE. L'ULTIMA GRANDE VITTORIA DELL'IMPERO ROMANO D'ORIENTE, PRIMA DI CROLALRE

 


La Grande Guerra Bizantino-Persiana, durata dal 602 al 628, segnò l'ultimo e il più devastante dei conflitti che per secoli avevano contrapposto l'Impero romano d'Oriente, noto come Bisanzio, e l'Impero Sasanide di Persia. Questa contesa non fu un semplice scontro per la supremazia territoriale, ma una titanica prova di forza tra due antichi imperi, entrambi esausti e sull'orlo del collasso prima dell'improvvisa ascesa dell'Islam. Il casus belli fu l'assassinio dell'imperatore bizantino Maurizio nel 602 da parte del suo rivale politico Foca. Cosroe II, sovrano sasanide e in precedenza alleato e beneficiario del deposto Maurizio, dichiarò guerra a Bisanzio, usando la vendetta come pretesto per lanciare una massiccia offensiva e sfruttare la destabilizzazione interna dell'impero rivale.


Le operazioni militari iniziali, dal 602 al 610, videro i Persiani sasanidi conseguire una serie di successi sbalorditivi. L'impero di Foca si dimostrò militarmente e amministrativamente incapace di contenere l'avanzata di Cosroe II, le cui truppe invasero con relativa facilità l'Armenia, l'Anatolia e l'Osroene. L'odio dei sudditi per l'usurpatore Foca non fece che peggiorare la situazione, spingendo intere regioni a sottomettersi o a rivoltarsi contro Costantinopoli, con Cosroe che alimentava la voce di voler restaurare il legittimo erede di Maurizio. Nonostante il rovesciamento di Foca nel 610 ad opera di Eraclio, che salpò dall'Africa per prendere il potere, la situazione per Bisanzio peggiorò ulteriormente. Cosroe II, respingendo ogni proposta di pace, intensificò le operazioni.


Tra il 610 e il 619, i Persiani raggiunsero l'apice della loro espansione. Invasero la Siria, prendendo Antiochia nel 611, occuparono la Cappadocia e la strategica Cesarea. Il 614 vide il drammatico assedio e la conquista di Gerusalemme, un evento che ebbe un enorme impatto emotivo e religioso, con il Sacro Chiodo e la Vera Croce che furono portati via come trofei. Successivamente, occuparono Tarso e la Cilicia, spezzando l'Impero bizantino in due: da una parte Costantinopoli e l'Anatolia in mano bizantina, dall'altra l'intero Levante e l'Egitto in mano sasanide, quest'ultimo conquistato nel 619. L'impero si trovò sull'orlo del collasso, con i Balcani devastati dagli Avari e Costantinopoli minacciata da carestie e pestilenze.


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Fu in questo momento critico che l'imperatore Eraclio dimostrò una leadership eccezionale. Rifiutando di arrendersi nonostante la disperazione, Eraclio riorganizzò le forze imperiali e dal 622 al 626 condusse una serie di campagne magistrali in territorio persiano, alterando l'equilibrio del conflitto e costringendo i Sasanidi sulla difensiva. Le sue spedizioni in Cappadocia, Armenia e fino in Media furono condotte con audacia, costringendo Cosroe II a richiamare le truppe dai fronti occidentali. Un ultimo disperato tentativo persiano, in alleanza con gli Avari, di espugnare Costantinopoli nel 626 fallì, anche grazie all'alleanza di Eraclio con i Kazari. La fase finale della guerra vide Eraclio marciare nel cuore della Mesopotamia, culminando nella Battaglia di Ninive il 12 dicembre 627. In uno scontro cruento, i Bizantini prevalsero in modo decisivo.


La vittoria a Ninive demoralizzò il nemico e portò alla rapida caduta di Cosroe II, che fu rovesciato e assassinato da un colpo di stato nel 628. Il nuovo sovrano sasanide stipulò la pace con Eraclio, ripristinando lo status quo ante bellum e restituendo tutti i territori e i prigionieri, inclusa la Vera Croce. La guerra si concluse con una vittoria bizantina. Nonostante il trionfo, entrambi gli imperi erano catastroficamente indeboliti, con perdite umane ed economiche ingenti. Le loro risorse erano esaurite e le loro difese orientali erano state logorate da anni di incessante lotta. Questa stanchezza fu il fattore determinante che, di lì a pochi anni, permise alle nascenti armate musulmane del Califfato dei Rashidun di spazzare via l'Impero Sasanide e di sottrarre a Bisanzio le province orientali di Siria, Palestina, Egitto e Nord Africa, segnando il vero e proprio tramonto dell'Antichità nel Vicino Oriente.


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L'imperatore Vitellio

 


"#Vitellio era incline soprattutto alla crapula e alla crudeltà. I pasti li divideva sempre in tre o talvolta in quattro momenti: colazione, pranzo, cena e baldoria; e tutti quanti riusciva a sostenere per l’abitudine a vomitare. Si invitava da sé, ora da uno ora dall’altro, nello stesso giorno; e ogni imbandigione non costò mai a nessuno meno di quattrocentomila sesterzi. Famosissima fra tutte fu la cena di benvenuto offertagli per il suo arrivo dal fratello, durante la quale si dice che fossero serviti duemila pesci tra i più prelibati e settemila uccelli. Eppure lui superò anche questa con l’invenzione di un piatto che, per la sua smisurata grandezza, usava chiamare «scudo di Minerva protettrice della città». Vi aveva mescolato fegati di scaro, cervella di fagiano e di pavone, lingue di fenicotteri, latte di murena fatto venire fin dalla Partia e dallo stretto di Gibilterra con l’ausilio di triremi e dei loro capitani. Ma siccome era uomo di voracità non solo straordinaria, ma anche sordida e fuori luogo, non riusciva a trattenersi mai – nemmeno in viaggio o durante i riti sacri – dal mangiarsi lì per lì le viscere o il pane di farro quasi rubandoli al fuoco dell’altare o, nelle osterie lungo la via, le vivande ancora fumanti o persino del giorno prima e lasciate a metà." (Svetonio, Vitellio, 13)

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Benedetto Petrone

 


Presero lui perché non poteva fuggire. Da bambino aveva avuto la poliomielite ed era zoppo, non poteva correre. E così mentre gli altri riuscirono a fuggire, lui rimase indietro.


A Bari, quel 28 novembre del 1977 i neofascisti si avventarono contro Benedetto Petrone in quaranta. Con le catene, i bastoni e infine i coltelli. Lo massacrarono, finendolo con una coltellata al ventre. Quaranta armati contro un ragazzo invalido.


Aveva diciott’anni Benedetto e una sola colpa: essere un militante del PCI. Era un bravo ragazzo, sempre sorridente, faceva l’operaio edile e nel tempo libero un po’ di militanza nella giovanile. Non aveva mai fatto male a nessuno. E venne punito perché non poteva correre come gli altri. Venne punito perché quel giorno 40 neofascisti cercavano qualcuno da massacrare e si avventarono sul più fragile. 


Al funerale ci andarono 30mila persone.

Benedetto era davvero un bravo ragazzo.

A lui, anche quest'anno il ricordo di tutti noi.

Leonardo Cecchi 

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Giustizia è fatta!

 


Ora è definitivo.


Ci sono voluti cinque anni da quel maledetto 6 settembre 2020, ma poche ore fa la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva all’ergastolo Marco Bianchi, l’assassino di Willy Monteiro Duarte.


Mentre ci sarà un appello ter per il fratello Gabriele. Non certo accogliendo le sue richieste, come già qualcuno sta scrivendo indignato.


Semmai per le ragioni opposte: i giudici vogliono rivedere le attenuanti generiche concesse nell’appello bis dove era stato condannato a “soli” 28 anni.


Se non è la parola fine, poco ci manca.

Ed è l’unico finale possibile. 


Non restituirà la vita di suo figlio alla madre, ma le darà l’unica cosa che uno Stato serio può e deve dare: Giustizia. 


Oggi il pensiero va a lei. E a Willy ogni giorno da cinque anni.

Lorenzo Tosa 

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Belen...❤️

 


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giovedì 27 novembre 2025

LE PROFEZIE DI MERLINO E I SEGRETI DI ARTÙ.

 


Nel cuore del Medioevo, tra ombre leggiadre di boschi e rocche arroccate sulla bruma, nasce la leggenda di Merlino e Artù, intrecciandosi a un mosaico di profezie che segneranno per sempre la letteratura europea. Merlino, il mago misterioso, sembra emergere dagli scritti più antichi già come voce profetica: nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, testo fondamentale per la tradizione arturiana del XII secolo, Merlino offre visioni oscure e luminose su destini regali, scontri di popoli e l’avvento di una Britannia rinnovata. Queste profezie non sono semplici pronostici, ma portano la carica di sogni politici e spirituali, imprimendo sui sovrani l’anelito a una guida illuminata.


Nel racconto di Goffredo, Merlino narra le lotte tra i popoli della Britannia, fra cui il drago rosso e il drago bianco, allegorie potenti di gallesi e sassoni. Dagli scavi filologici sembra che la figura di Merlino sia stata costruita fondendo tradizioni celtiche, con echi delle leggende irlandesi e gallesi sugli uomini dotati di visioni. Attraverso questa veste di profeta, Merlino diventa voce della natura, interprete di segni e rivelatore dei segreti che avvolgono Artù, il sovrano predestinato.


Artù si staglia come monarca ideale, portatore di una giustizia perfetta e destinato a un regno che sfida i limiti del tempo. Accanto alla sua ascesa, le profezie di Merlino diventano strumento di legittimazione: la spada Excalibur, la tavola rotonda, la ricerca del Sacro Graal, ogni gesto e ogni scelta di Artù sono previsti, incoraggiati o messi in guardia dalle visioni arcane del mago. Da fonti accademiche emergono dettagli: il nome di Artù appare già in cronache gallesi del IX secolo, ma è con la valorizzazione delle figure destinate dal fato che il ciclo arturiano assume la sua forma mitica più celebre.


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Le profezie attribuite a Merlino si arricchiscono via via nei testi successivi, come le Prophetiae Merlini e la Vita Merlini, sempre di Goffredo, e in manoscritti francesi e italiani che rielaborano motivi simbolici e storici. Questi oracoli promettono la rinascita della Britannia sotto Artù, narrando anche la sua misteriosa partenza verso Avalon, luogo ai confini del mondo, dove il sovrano attende di tornare quando il regno avrà ancora bisogno di lui. La ricchezza delle varianti mostra una tensione fra la storia e il mito: se le profezie di Merlino rispondono a esigenze politiche (come la legittimazione degli anglonormanni), si intrecciano anche con sogni mistici e visioni escatologiche che alimentano la speranza popolare.


Recenti studi accademici hanno illuminato la stratificazione di questi testi antichi, evidenziando come Merlino sia figura di confine fra paganesimo e cristianesimo, fra saggio druido e consigliere sovrannaturale. Le fonti mostrano la sua capacità di predire eventi storici realmente accaduti, camuffandoli sotto il velo del mito. Così le profezie di Merlino non furono solo un racconto meraviglioso, ma anche una forma sottile di critica e speranza collettiva, un modo per parlare di guerra, pace e futuro usando la lingua della leggenda.


La riscoperta dei manoscritti perduti, le nuove interpretazioni storico-filologiche e le indagini archeologiche nei luoghi associati a Merlino e Artù – come l’area di Tintagel – aggiungono ogni anno nuove tessere a un mosaico intricato. La leggenda si fa voce che attraversa i secoli, invitando lettori e studiosi a interrogarsi sulle verità nascoste fra storia e mito, fra destino e libero arbitrio. Le profezie di Merlino continuano ad affascinare, suggerendo che dietro le parole antiche si nasconda ancora un segreto pronto a essere rivelato.


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