domenica 8 settembre 2024

'I"

 


Ne internarono 600mila. I tedeschi li rastrellarono dall’Italia, dalla Jugoslavia, dalla Grecia, dalla Francia. Stipati sui treni come bestiame.


Dopo l’8 settembre, più di mezzo milione di italiani finì nei campi di concentramento.


Li picchiavano, li trattavano come subumani. Li facevano lavorare come schiavi nell’industria pesante. Li riducevano a cercare topi, rane, bucce lasciate dai soldati tedeschi.


Morirono a decine di migliaia per il freddo, la malnutrizione, le botte, le esecuzioni. La "I" di italiano sul braccio significava traditore e questo garantiva ai nostri connazionali un trattamento infimo. 


L’8 settembre, quando un re vigliacco firmò un armistizio giusto senza però assumersi nessuna responsabilità, fuggendo al Sud per mettersi al riparo e salvarsi la pelle, condannò tanti connazionali che già avevano sofferto per la guerra e la fame. Li condannò alla morte, la schiavitù, l’oppressione. 


Oggi che è l’8 settembre ricordiamo chi di loro non ce l’ha fatta. Chi è morto di fame, di freddo, per le botte nei campi di concentramento. 


E ricordiamo la scelta più giusta che gli italiani presero anni dopo: mandare via a pedate un re codardo che dopo aver dato al Paese vent’anni di dittatura fascista si salvò la pelle a spese di quella di centinaia di migliaia di connazionali.

Leonardo Cecchi 

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