venerdì 18 luglio 2025
L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA
L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER?
DAGOREPORT
PIER SILVIO BERLUSCONI - PRESENTAZIONE PALINSESTI MEDIASET
L'apertura di Pier Dudi a un futuro in politica, le bordate a quel che resta del povero Tajani, la lite "editoriale" con Matteo Renzi, lo slittamento di Striscia la notizia e le notiziole varie e avariate hanno oscurato la vera regina dei palinsesti Mediaset. L'asso nella manica del Biscione: non stiamo parlando di Maria De Filippi bensì di "Pier Silvia" Toffanin.
Con Ilary Blasi e Diletta Leotta in panchina, liquidate da Pier Dudi con commenti caustici; con Michelle Hunziker sempre piu' iena-ridens impegnata a scegliersi un fidanzato milionario; con Barbara D'Urso ai giardinetti e l'illuminata Panicucci impegnata solo al mattino, con Simona Ventura rientrata al Grande Fratello in extremis: c'è una sola "capitan futura" a Cologno Monzese.
pier silvio berlusconi silvia toffanin a this is me 8
Toffanin si sposterà dal suo castello ligure più giorni del previsto per il triplo impegno stagionale: Pier Silvia tornerà alla conduzione di "Verissimo" il sabato e la domenica pomeriggio ma sempre in autunno sbarcherà in prima serata per il bis di "This is me", con Fascino e Maria De Filippi a muovere i fili e salvare la baracca.
Dopo il successo della prima edizione, con protagonisti gli ex concorrenti di "Amici", le nuove puntate coinvolgeranno molti superospiti. Una di queste, come svelato dal settimanale "Oggi", sarà dedicata ai quarant'anni di carriera di Lorella Cuccarini.
PIER SILVIO BERLUSCONI - PRESENTAZIONE PALINSESTI MEDIASET
Ma la novità più succulenta è prevista nella primavera 2026 con lo sbarco di "Verissimo" in prima serata su Canale 5 per tre o quattro puntate: "Ci sarà un forte aggancio all'attualità, cronaca, sport, storie da raccontare. Non solo, l'idea è venuta a Maria De Filippi e Silvia insieme, ci sarà un tributo a Maurizio Costanzo, verrà usata la formula de 'L'intervista' di Costanzo, far parlare i grandi personaggi del momento".
Non solo. "Non si occuperà di politica ma con la formula dell’intervista nella scatola, con le domande sostituite dalle immagini, vorrei che Silvia provasse ad avere come ospiti i primi leader italiani e anche europei, come ad esempio la nostra premier Giorgia Meloni", ha aggiunto Pier Dudi in brodo di giuggiole. Il programma non sarà prodotto da Fascino (che ha concesso l'ok per la "scatola" usata da Costanzo) ma da Rti e Videonews.
silvia toffanin maria de filippi
Non un debutto assoluto per Pier Silvia che già nel daytime aveva intervistato, pur senza trattare temi di attualità politica, la stessa Meloni (nella stessa conferenza stampa è arrivata l'apertura a un ritorno in video dell'ex Andrea Giambruno), Maria Elena Boschi o Rocco Casalino.
Ma in prime time un "Verissimo" che intervista la Ducetta, che racconta amori e dolori, avrebbe tutt'altro effetto, in primis quello dell'operazione simpatia.
PIER SILVIO BERLUSCONI - PRESENTAZIONE PALINSESTI MEDIASET
La vera notizia dei palinsesti Mediaset, come dicevamo, è stata oscurata. Pier Dudi ha deciso di archiviare la favoletta della compagna restia alle grandi occasioni, capace di accontentarsi delle lacrime degli ospiti del pomeriggio.
E sullo sfondo la domanda delle domande: è l'ambizione di lei di diventare la nuova diva di Canale 5 (con lo sguardo vicino e i consigli della Regina Maria) o è la volontà del compagno di incoronarla come un mix di Lilli Gruber e Mara Venier?
https://www.dagospia.com/media-tv/pier-silvio-si-trova-fronte-all-impresa-piu-ardua-trasformare-silvia-441374
“BIBI” DIVENTA UN PROBLEMA ANCHE PER GIORGIA MELONI
“BIBI” DIVENTA UN PROBLEMA ANCHE PER GIORGIA MELONI – DOPO IL BOMBARDAMENTO DELLA CHIESA A GAZA, LA DUCETTA SI SVEGLIA E CONDANNA CON PAROLE NETTE LE AZIONI DELLO STATO EBRAICO (“RAID INACCETABILI”) – LA STATISTA DELLA GARBATELLA NON TELEFONA A NETANYAHU E FA ARRIVARE LA SUA IRRITAZIONE ATTRAVERSO I CANALI DIPLOMATCI – MA IN AULA ALLA CAMERA LA DESTRA STA CON ISRAELE E VOTA CONTRO LA MOZIONE DELLE OPPOSIZIONI CHE CHIEDEVA LO STOP AL MEMORANDUM D'INTESA PER LA COOPERAZIONE MILITARE E DI DIFESA CON IL GOVERNO DI TEL AVIV – ELLY SCHLEIN ATTACCA: “NON BASTANO LE PAROLE DELLA PREMIER, SERVONO I FATTI…”
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"
chiesa del sacro cuore di gaza colpita da israele 4
Gli attacchi contro la popolazione civile che Israele porta avanti «da mesi» sono «inaccettabili», dice al mattino Giorgia Meloni. Il colpo di carro armato sulla chiesa della Sacra Famiglia a Gaza fa infuriare la presidente del Consiglio, spingendola a dettare alle agenzie un comunicato dai toni ruvidi verso il governo dell'amico Bibi Netanyahu.
«Nessuna azione militare — aggiunge la presidente del Consiglio — può giustificare un tale atteggiamento». Palazzo Chigi chiede dunque ad Antonio Tajani di contattare il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar per pretendere a nome dell'Italia «chiarezza sulle responsabilità» del gesto. Ne ottiene una generica promessa su un'inchiesta interna […]
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
[...] Esistono però anche gli atti parlamentari. Poco dopo la notizia dell'attacco contro la Sacra Famiglia, infatti, alla Camera si consuma un duello tra maggioranza e opposizione: viene messa ai voti una mozione delle minoranze — primi firmatari Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Maria Elena Boschi — che chiede lo stop al memorandum d'intesa per la cooperazione militare e di difesa con il governo di Tel Aviv. Il testo viene bocciato dal centrodestra con 142 voti a 102. E il centrosinistra attacca.
«Non bastano le parole di Meloni — si arrabbia la segretaria del Partito democratico — servono i fatti». si fa sentire anche Giuseppe Conte: «Ci risparmino parole ipocrite». Ce l'ha con «Meloni, Tajani e Salvini: come potete rimanere così indifferenti? Con i vostri silenzi state diventando complici».
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU 1
Meloni non telefona a Netanyahu, ma l'irritazione viene trasmessa attraverso i canali della diplomazia. Tajani reitera al collega israeliano la richiesta di un «cessate il fuoco». «È tempo — dice — di fermarsi e trovare la pace». Il titolare della Farnesina sollecita un chiarimento per fatti che «l'Italia giudica intollerabili». L'Idf risponde dopo alcune ore, promettendo un'inchiesta interna: «Le circostanze dell'incidente — fa sapere l'esercito israeliano — sono in fase di revisione».
[...] secondo quanto si apprende, Palazzo Chigi viene informata da Israele attraverso canali ufficiosi dell'esistenza di due possibili spiegazioni per gli attacchi subiti dalla chiesa. Si tratta di versioni da verificare, anche sul fronte della credibilità.
chiesa del sacro cuore di gaza colpita da israele 3
La prima ipotizza un colpo partito accidentalmente, o che non mirava all'obiettivo poi effettivamente raggiunto. La seconda ventila la possibile presenza di alcuni militanti di Hamas a ridosso dell'edificio colpito, o che si facevano comunque scudo della Sacra Famiglia. Entrambe le versioni non possono in ogni caso essere giudicate da Roma sufficienti a giustificare un incidente tanto grave.
E d'altra parte, esiste anche un'altra circostanza utile a spiegare la rabbia di Meloni. Padre Romanelli, uno dei feriti nel raid, è argentino come Bergoglio, il pontefice scomparso questa primavera.
Con il sacerdote, Francesco ha intrattenuto un dialogo telefonico anche nei momenti più critici del conflitto che investe Gaza dalla fine del 2023. Temendo incidenti, sia Papa Francesco che l'attuale Papa Leone XIV si erano raccomandati con il governo italiano — attraverso i canali di comunicazione sempre aperti tra Roma e la Santa Sede — affinché l'esecutivo esercitasse il massimo della pressione diplomatica possibile su Tel Aviv per salvaguardare la chiesa. [...]
https://www.dagospia.com/politica/bibi-diventa-problema-per-giorgia-meloni-l-irritazione-palazzo-chigi-441490
“LA PAURA È LO STRUMENTO DEL TIRANNO PER SOPPRIMERE IL PENSIERO INDIPENDENTE”
“LA PAURA È LO STRUMENTO DEL TIRANNO PER SOPPRIMERE IL PENSIERO INDIPENDENTE” - LA SVELENATA DI MAURENE COMEY, LA PROCURATRICE FEDERALE LICENZIATA DA TRUMP NEL TENTATIVO DI SMONTARE IL CASO EPSTEIN - LA SVENTURATA HA DUE COLPE: È FIGLIA DELL’EX CAPO DELL’FBI, JAMES COMEY, CHE “THE DONALD” RITIENE ARTEFICE DELL'INCHIESTA SUL "RUSSIAGATE". E POI HA CONDOTTO LE INDAGINI SUL CASO DEL FINANZIERE PEDOFILO, SPEDENDO IN CARCERE PER 20 ANNI L’APE REGINA GHISLAINE MAXWELL - IL PRESIDENTE VUOLE SOTTERRARE L’AFFAIRE EPSTEIN A TAL PUNTO CHE EMERGE L’IPOTESI CHE POSSA CONCEDERE ALLA MAXWELL ANCHE IL PERDONO PRESIDENZIALE…
1 - TRUMP LICENZIA LA PROCURATRICE DEL CASO EPSTEIN
Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Nonostante la perdurante rivolta della sua base Maga, Donald Trump tira dritto nel suo tentativo di smontare il caso Epstein […]
dopo aver accreditato a lungo l’esistenza di una lista di clienti pedofili di Epstein da denunciare, il presidente non solo nega tutto, ma minaccia i suoi fedelissimi Maga in rivolta: li accusa di credere a un caso-burla montato dai democratici e davanti al sospetto di un suo coinvolgimento, parla di trappole col marchio di Obama e Biden e afferma che non c’è alcuna lista.
DONALD TRUMP - JEFFREY EPSTEIN
Ma intanto Oliver Darcy, fondatore del sito Status, scrive che la Casa Bianca è intervenuta sul Wsj per bloccare un’inchiesta non ancora pubblicata sui rapporti tra Trump e Epstein. Intanto il presidente chiama stupidi i repubblicani che agitano il caso e afferma di non volere più il loro sostegno.
La sua ministra della Giustizia, Pam Bondi, bersaglio dei Maga dopo che si era rimangiata quanto affermato a febbraio («la lista dei clienti di Epstein è sulla mia scrivania»), va oltre: nella notte ha licenziato senza alcuna giustificazione Maurene Comey, la procuratrice federale del distretto meridionale di New York che aveva condotto le indagini su Epstein e quelle sulla sua compagna Ghislaine Maxwell, condannata a 20 anni di carcere nel 2022 per complicità con ui nel traffico sessuale di ragazzine minorenni.
Il licenziamento, che rientra nei poteri ministeriali, sarebbe motivato dal fatto che Maurene, figlia dell’ex capo dell’Fbi James Comey, ora tenace avversario di Trump, finito sotto indagine su richiesta del presidente, è divenuta per Trump e Bondi una spina nel fianco. E anche la prova fisica che il caso esiste, eccome.
Riemerge così un’ipotesi fino a ieri impensabile: un perdono presidenziale.
Gli avvocati di Ghislaine, che hanno fatto ricorso, sostengono che la compagna di Epstein è stata condannata nonostante un precedente accordo con la procura di Miami che le avrebbe promesso l’immunità. Dan Bongino, grande influencer Maga e vicecapo dell’Fbi, furioso per il dietrofront della Bondi per giorni non si è presentato al lavoro. Nel week end ha parlato con Trump, è tornato in ufficio, ma resta silenzioso: le sue dimissioni non sono escluse.
Mentre Laura Loomer, altra influencer vicina a Trump, avverte che il caso non si spegnerà e chiede la nomina di un procuratore indipendente. Guai per JD Vance: il popolarissimo Theo Von, che ha aiutato Trump prima del voto portandogli decine di milioni dei suoi ascoltatori, ora chiede al vicepresidente cosa è cambiato da giugno quando lui, in un’intervista tv, aveva chiesto la pubblicazione degli Epstein files. E Vance, a differenza di Trump, non può insultare i repubblicani «scettici». Grande disagio al Congresso: lo speaker della camera Mike Johnson che aveva chiesto di pubblicare tutto, ieri ha fatto marcia indietro: «Sono stato male interpretato».
[…]
Maurene Comey, assistente procuratrice
2 - EPSTEIN, VELENI E COMPLOTTI LICENZIATA LA PROCURATRICE "LA PAURA È USATA DAI TIRANNI"
Estratto dell'articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
La paura è «lo strumento di un tiranno, brandito per sopprimere il pensiero indipendente».
Maurene Comey non ha citato Donald Trump, in questo messaggio inviato ai colleghi per commentare il suo licenziamento da procuratrice federale a Manhattan, ma il riferimento è implicito […]
donald trump ghislaine maxwell 1
Maurene è la figlia di James Comey, ex direttore dell'Fbi che il capo della Casa Bianca accusa di essere uno degli artefici dell'inchiesta sul "Russiagate", considerata da lui un complotto ordito per abbatterlo.
Il suo secondo grave torto è quello di essersi occupata del caso Epstein, e in particolare della condanna della sua amica e assistente Ghislaine Maxwell, accusata di aver gestito il traffico di ragazze minorenni a scopi sessuali.
Questo scandalo ora sta mettendo in grave difficoltà il presidente [… ] Secondo un sondaggio della Reuters, il 69% degli americani ritiene che l'amministrazione stia nascondendo la lista degli amici e frequentatori di Epstein, e il sospetto è che la ragione della censura stia nel fatto che i documenti segreti contengono informazioni imbarazzante su Donald.
https://www.dagospia.com/cronache/la-paura-e-strumento-tiranno-per-sopprimere-pensiero-indipendente-441498
TRENTATRÉ ANNI SENZA UNA VERITÀ - PER LA STRAGE DI VIA D’AMELIO, A PALERMO, IN CUI VENNE UCCISO PAOLO BORSELLINO CON LA SCORTA, SI TORNA AD ACCENDERE UN FARO SUL DOSSIER MAFIA-APPALTI
TRENTATRÉ ANNI SENZA UNA VERITÀ - PER LA STRAGE DI VIA D’AMELIO, A PALERMO, IN CUI VENNE UCCISO PAOLO BORSELLINO CON LA SCORTA, SI TORNA AD ACCENDERE UN FARO SUL DOSSIER MAFIA-APPALTI - UNO DEI NODI PRINCIPALI RIGUARDA L’ACCELERAZIONE CHE PORTÒ ALL’ATTENTATO AD APPENA 57 GIORNI DALLA STRAGE DI CAPACI: PER GLI INQUIRENTI CI FU LA CONVINZIONE DI COSA NOSTRA CHE BORSELLINO POTESSE INDAGARE SU UN SISTEMA DI POTERE CHE UNIVA BOSS, POLITICI SICILIANI DI PESO NAZIONALE E COLOSSI DELL'IMPRENDITORIA DEL NORD - E SPUNTA ANCHE LA PISTA DELLA MASSONERIA COME AVEVA INDICATO SALVATORE RIINA…
1 - CHI VOLEVA DAVVERO FERMARE BORSELLINO LA VERITÀ OLTRE LA MAFIA
Estratto dell'articolo di Lirio Abbate per “la Repubblica”
Per via D'Amelio e la morte di Paolo Borsellino c'è una pista investigativa che torna prepotentemente sotto i riflettori: quella che vorrebbe il rapporto mafia e appalti come possibile concausa della strage.
Accade infatti che, a 33 anni di distanza, la procura di Caltanissetta, dopo mesi di analisi, ascolti, rilettura di vecchi atti e testimonianze, oggi non la escluda più a priori. Non come unico movente, ma come tassello del contesto in cui maturò la strage. Uno dei fattori che avrebbero contribuito, insieme ad altre ipotesi investigative, come gli interessi della massoneria su cui pure si indaga.
STRAGE DI VIA D'AMELIO - IL CAPITANO ARCANGIOLI PORTA VIA LA BORSA DI BORSELLINO
Concausa, si diceva. Dunque, non sufficiente a spiegare e riassumere da solo il movente, ma necessario a determinarlo. È una pista che spaventa quella su mafia-appalti, perché scardina anni di narrazione giudiziaria e politica. Si guarda al mondo imprenditoriale e politico che negli anni Novanta gestiva miliardi di lire in commesse pubbliche. Un mondo che era già allora in gran parte penetrato da Cosa nostra. E che non poteva tollerare le attenzioni di un magistrato come Borsellino.
[…] Fonti giudiziarie fanno presente che questa rivalutazione del movente da cercare anche in mafia-appalti non vuole essere un'operazione "revisionista" per riabilitare gli allora ufficiali del Ros Mori e De Donno che per primi su quell'ipotesi scommisero. E questo perché se è vero che l'informativa dei carabinieri del febbraio 1991 fu una buona intuizione, è altrettanto vero che fu un'occasione abbandonata a sé stessa.
All'epoca, infatti, la procura non lavorò a fondo su quel materiale. Ora, a distanza di tanti anni, l'obiettivo è ricostruire il contesto, seguire il denaro, scandagliare i legami tra mafia, politica, imprenditoria, massoneria e apparati deviati. Il che era per altro un'intuizione che Falcone aveva colto con chiarezza poco prima di trasferirsi al ministero di via Arenula.
Uno dei nodi principali su cui si sta concentrando l'inchiesta riguarda l'accelerazione della strage. È stato Francesco Marino Mannoia, tra gli altri, a ricordare che Borsellino non era un obiettivo "ex ante". Ma che lo era diventato dopo la morte di Falcone. E in fretta. Con modalità mai del tutto spiegate. Perché dunque questa fretta?
Per gli inquirenti, tra le concause plausibili, ci fu la convinzione di Cosa nostra che Borsellino potesse indagare un sistema di potere che univa boss, politici siciliani di peso nazionale e colossi dell'imprenditoria del nord. Del resto, il nome del gruppo Ferruzzi-Gardini è nelle carte, nelle archiviazioni, nelle dichiarazioni dei collaboratori. Ed è lì da anni.
[…] Il filo che lega Capaci a via d'Amelio è evidente. Ma ciò non significa, come spiegano a Repubblica, che i due attentati abbiano avuto un medesimo movente. Per chi indaga «non è corretto accomunare le bombe del ‘93 e ‘94 a Roma, Milano e Firenze, alle stragi siciliane».
E aggiungono: «Ogni attentato ha la sua logica, i suoi mandanti, le sue concause». Così si rischia di parcellizzare le inchieste, il contrario dell'idea di contrasto di Falcone che insisteva sull'unitarietà dell'azione di Cosa nostra. Però via d'Amelio, come svelano adesso le indagini, con probabilità fu una strage fuori da ogni schema. Non era nei piani iniziali, ma divenne un'urgenza. E quindi, perché Riina prosegue le stragi?
La procura diretta da Salvo De Luca e gli investigatori del Ros, che hanno sostituito la Dia nelle indagini, sta esaminando oltre 400 faldoni, mai digitalizzati. È un'indagine sul movente, non sui reati, molti dei quali prescritti.
Non tutti gli inquirenti che si sono occupati di mafia condividono questa rilettura. […]
2 - "LE LOGGE MASSONICHE DIETRO BOMBE E DEPISTAGGI"
Estratto dell’articolo di Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Qualche tempo dopo la strage di via D'Amelio, Salvatore Riina, il capo dei capi di Cosa nostra, bisbigliò una frase che è sempre rimasta misteriosa: «I massoni vosiru ca si fici chistu». Il pentito Giovan Battista Ferrante ha spiegato: «Quel giorno, alla presenza di Matteo Messina Denaro e di Salvatore Biondo "il corto", che me ne parlò in carcere, Riina intendeva dire: "I massoni vollero le stragi"».
Da questa frase sono ripartiti i magistrati della procura di Caltanissetta che nella loro ultima indagine si stanno spingendo lì dove mai nessun pubblico ministero è arrivato: nei giorni scorsi, hanno mandato i carabinieri del Ros a perquisire le abitazioni dei familiari di Giovanni Tinebra, l'ex procuratore di Caltanissetta morto nel 2017 avrebbe dovuto indagare sulle bombe del 1992 e invece — sostiene l'accusa — avrebbe clamorosamente insabbiato le indagini.
[…] Fra gli imprenditori e i mafiosi coinvolti, alcuni «erano inseriti in contesti massonici». Come Antonino Buscemi e Franco Bonura.
Eccolo il filo rosso che adesso nelle indagini dei pm di Caltanissetta lega stragi e depistaggi: la massoneria coperta, che potrebbe avere agito come «stanza di compensazione» la definiscono i magistrati «tra Cosa nostra e ambienti imprenditoriali aventi il comune interesse a bloccare le attività di indagine che il dottore Borsellino avrebbe potuto e voluto approfondire su questo specifico filone». Dopo 33 anni, non è certo facile ricostruire cosa accadde. […]
https://www.dagospia.com/cronache/trentatre-anni-verita-per-strage-via-d-amelio-palermo-in-venne-441504
LA MORTE BEFFARDA DELL’UOMO SUPERSONICO
LA MORTE BEFFARDA DELL’UOMO SUPERSONICO – LO SKYDIVER AUSTRIACO FELIX BAUMGARTNER, CHE NELLA SUA CARRIERA HA AFFRONTATO PERSINO UN LANCIO DA UN’ALTITUDINE DI QUASI 40MILA METRI, E' MORTO IERI, A CAUSA DI UN MALORE, DURANTE UN VOLO, CASCANDO IN UNA PISCINA DI UN CAMPEGGIO DI PORTO SANT'ELPIDIO, IN PROVINCIA DI FERMO - UNA FINE INGLORIOSA PER IL 56ENNE CHE E' STATO IL PRIMO UOMO A INFRANGERE IL MURO DEL SUONO SENZA BISOGNO DI UN VELIVOLO, RAGGIUNGENDO UNA VELOCITÀ DI 1.342,6 KM/H - IL RICORDO DI QUELL'IMPRESA: “QUELLO CHE TEMEVO ERA L'EBOLLIZIONE DEL SANGUE” – DOPO L’ATTERRAGGIO NEL DESERTO DEL NEW MEXICO, INVECE DI FESTEGGIARE, ANDÒ A… - VIDEO
https://youtu.be/Hz2F_S3Tl0Y
Estratto dell’articolo di Emanuela Audisio per "la Repubblica”
https://www.repubblica.it/cronaca/2025/07/18/news/felix_baumgartner_tuffo_terra_spazio-424737998/
Diceva che non si può sempre saltare giù. Lui l'aveva fatto dallo spazio, anzi dalla stratosfera. Buttandosi con i piedi, in verticale. Il suo trampolino era stato a 38.969 metri di altitudine. […]
Raccontava che quel tuffo restava la sua firma sul mondo, un capolavoro di questo secolo, ma che lui cercava altri modi di vivere. […]
Felix Baumgartner, skydiver e paracadutista austriaco, è morto a 56 anni. Era in vacanza nelle Marche, gli è stato fatale un lancio effettuato a Porto Sant'Elpidio, vicino a Fermo. L'atleta si è lanciato con il parapendio ma durante il volo è stato colto da un malore, ha perso il controllo, è precipitato su una struttura dove in piscina c'erano molti bambini. […] Su una cabina di legno le cui schegge hanno ferito una ragazza che non è in gravi condizioni. […]
Felix in una domenica di ottobre del 2012 decise di uscire da una capsula portata a un'altitudine di quasi 40 chilometri per iniziare una caduta libera verso la Terra che gli permise di diventare il primo uomo al mondo a infrangere il muro del suono senza bisogno di un velivolo. A 1.342,8 chilometri orari. Un proiettile umano, supersonico per 30 secondi. Il bang si sentì benissimo nel deserto del New Mexico dove lui atterrò con il paracadute, ma anche nella diretta streaming dove c'erano 8 milioni di persone collegate (non proprio live, una differita di 20" garantiva l'esclusione di un'eventuale morte in diretta).
[…] L'uomo che cadde sulla Terra, titolò qualcuno. L'impresa sponsorizzata dalla Red Bull che realizzò anche un documentario (Space Jump) aveva avuto bisogno di due anni di preparazione. Con un problema che sembrava insormontabile: la claustrofobia di Felix che un anno prima era fuggito in lacrime dall'allenamento. «Per scendere, bisogna salire. E tre ore nella navicella, imprigionato nello scafandro da astronauta, mi mandavano in crisi. Dovetti andare in terapia da uno psichiatra che mi ha aiutò a superare l'ansia. Lo dico a tutti: non vergognatevi delle paure, fatevi aiutare, non sempre ce la facciamo da soli».
Baumgartner aveva 43 anni allora, faceva lo stuntman e il paracadutista estremo, […] aveva apprezzato la domanda di una giornalista: non si è vergognato a far soffrire così tanto sua madre che era lì a guardarla? Ammetteva di non averci pensato e si era scusato con queste parole: «Se non avessi provato quella caduta libera, sarei rimasto infelice per tutta la vita. A cinque anni ho fatto un disegno: io nel cielo che volo da una navicella. Era il mio sogno da sempre». […]
Tante cose erano andate storte quel giorno: la sua visiera si appannò e a un certo punto diventò un puntino impazzito che roteava. «Riuscii a uscire da quel vortice allargando lentamente il braccio, ero un paracadutista acrobatico, ma quello che temevamo era l'ebollizione del sangue».
[…] Felix […] rifiutò il piedistallo. Scappò dalla base, vide l'alba nel deserto e se ne andò tutto solo a bere un caffè in un bar di Albuquerque. Diceva che nel mondo c'era troppa negatività. «Bisogna incoraggiare chi sogna, chi ha energie, e soprattutto chi le allena. Perché senza disciplina non vai da nessuna parte. Noi abbiamo offerto a chi non era ancora nato nel 1969 la possibilità di assistere dal vivo ad un altro tipo di allunaggio. In modo da regalare alle nuove generazioni la loro impresa».
Baumgartner si era messo la gloria alle spalle e subito dopo si era ritirato dalle sfide estreme (anche se gli piaceva ancora guidare l'elicottero in modo poco convenzionale). Aveva guardato il nostro mondo da lassù e aveva capito: «A volte devi andare in alto per vedere meglio quello che c'è in basso. La terra e tutto il suo blu mi è parsa minuscola, mi sono reso conto che viviamo in una pianeta delicato, che va protetto e non distrutto, perché è l'unico che abbiamo». È l'ultima cosa che ha visto.
https://www.dagospia.com/cronache/morte-beffarda-dell-uomo-supersonico-skydiver-austriaco-felix-baumgartner-441468
IL PONTEFICE AGOSTINIANO VUOLE VISITARE LA CITTA' NATALE DI SANT'AGOSTINO DOVE SI TROVANO LE ROVINE DI IPPONA
FLASH! - PREVOST, ANNABA... A VEDE'! - PAPA LEONE XIV STA PREPARANDO UN VIAGGIO IN ALGERIA, IL SUO PRIMO DA QUANDO E' STATO ELETTO AL SOGLIO DI PIETRO, NELLA CITTA' ALGERINA DI ANNABA - IL MOTIVO? IL PONTEFICE AGOSTINIANO VUOLE VISITARE LA CITTA' NATALE DI SANT'AGOSTINO DOVE SI TROVANO LE ROVINE DI IPPONA, DIOCESI DEL SANTO DOVE C'È ANCORA LA SUA CATTEDRA EPISCOPALE...
https://www.dagospia.com/cronache/flash-prevost-annaba-vede-papa-leone-xiv-sta-preparando-viaggio-441334
CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO!
DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO
https://youtu.be/ca6LrBDVzo4
DAGOREPORT
Perché negarlo? E' come vedere Giorgia Meloni col fazzoletto rosso al collo e iscritta all’associazione dei partigiani. Yuja Wang entra in scena al Festival di Ravello strizzata in un vestitino di paillettes color verde smeraldo che scopre le cosce fino all'inguine, la schiena nuda fino all’osso sacro, tacchi “assassini” dalla suola rossa griffati Louboutin.
Posizionato un Ipad sul leggio del pianoforte, le ‘’dita volanti” di Wang cominciano a schizzare, scivolare, percuotere i tasti; sembra quasi posseduta dal diavolo ed è impossibile non essere tentati di chiamare un esorcista di fronte al furore di corpo e anima che mette in scena.
Il disorientamento del pubblico arriva dal fatto che non stiamo assistendo alle sciocchezze da discoteca di certe “zoccolette” del pop in preda a sfoghi di tette, scarichi di sederoni, volgarità fumettona, sconcezze da vespasiano; no, non stiamo ascoltando le solite pippe canterine e chitarrose di Beyoncé e Taylor Swift ed Elodie: siamo nel mondo austero e severo dei concerti di “classica”: Rachmaninoff, Prokofiev, Mozart, Chopin, Cajkovskij.
Ma il suo look non rischia di diventare l'argomento pruriginoso della serata perché alla Wang basta un minuto per far “suonare” le cosce desnude mettendole al servizio delle emozioni e dell’interpretazione musicale, confermando in pieno le parole di Beethoven: “La musica è la mediatrice tra la vita spirituale e la vita sensuale”.
Il ‘’Los Angeles Times’’ è arrivato a scrivere che il virtuosismo di Wang sarebbe riuscito persino ad attirare le gelosie di grandi pianisti quali Prokofiev e Horowitz. E non a caso Yuja Wang è considerata la stella più luminosa della sua generazione, non solo per le sue supreme qualità di musicista ma per il fatto di riuscire a stregare, con il suo carisma e presenza da "femme fatale", una platea che spazia verso tutto le fasce d’età.
Enfant prodige classe ‘87, Wang ha iniziato a suonare il pianoforte a soli sei anni: “Mi sono trasferita a 14 anni – da sola, i miei sono rimasti a Pechino – in Canada e successivamente a Filadelfia per studiare, quindi il periodo della mia formazione è stato a cavallo fra due culture, tra la visione americana (“Devi prendere il controllo della tua esistenza”) e quella orientale (“Sii come l’acqua, asseconda le forme delle cose”)”.
A ventun anni con una serie di recital in giro per il globo era già una star, sempre tampinata dai critici babbioni con il naso arricciato e il ditino alzato: ‘’E’ troppo bella: nessuno la ascolta…”. Certo, non potevano non riconoscerle un talento trascinante e un virtuosismo strepitoso, ma peccato! quegli abitucci con vista mutanda da ballerina di pole-dance…
“Il suo vestito – scrisse Mark Swed, critico del Los Angeles Time - era così corto e attillato che se ce ne fosse stato appena un po' meno, Hollywood Bowl avrebbe dovuto limitare l'ingresso a qualsiasi amante della musica al di sotto dei 18 anni non accompagnato da un adulto’’.
yuja wang dago ravello festival
Wang ovviamente se ne frega dello stereotipo della musicista introversione & tormento e replica: “Suonare il piano non è qualcosa di solo fisico e non è questione di perfezione tecnica, ma di quanta energia comunichi. La musica classica ha una funzione necessaria pure per chi ascolta: è un canale per entrare in contatto con le proprie emozioni, per conoscersi meglio e diventare più completi, più gentili, comprensivi, creativi”.
Intervistata da Maria Laura Giovagnini su “Io Donna”, Wang ha spiegato bene il segreto del suo successo: “La musica classica è come una versione più lunga - e forse più profonda - di una canzone di Rihanna. Claudio Abbado diceva che nasce e finisce nel silenzio, se uno ha il caos dentro non ha lo spazio per sentire quel che ha da offrirgli”.
A Valerio Cappelli, sul “Corriere della Sera, ha aggiunto: “Più conosco la musica, più sono libera. Anche ascoltare tanta musica mi aiuta. La libertà è una conquista dell’età. Se sai quello che vuoi vai più lontano. In ogni caso la questione non è cosa voglio io dalla musica, ma cosa scopro nella musica’’.
Supportata da una ottima e giovane formazione come la Mahler Chamber Orchestra, domenica scorsa sul Belvedere di Villa Rufolo, Wang ha regalato ben due concerti: oltre al celeberrimo Concerto per pianoforte n. 1 in Si bemolle minore op. 23 di Cajkovskij ci ha fatto scoprire la funambolica musica classica ma densa di influssi jazzistici del compositore ucraino Nikolaj Kapustin (scomparso nel 2020), pochissimo conosciuto in Italia.
Al termine del concerto, si è formata davanti alla porta che dà accesso ai camerini una lunga fila di spettatori impazienti di stringere le dita di acciaio della Wang. Quando a un certo punto, dal palco, riecheggia il suono di un pianoforte… Il presidente del Festival di Ravello, il benemerito Alessio Vlad, abbandona gli ospiti e si scapicolla per vedere cosa sta succedendo sul palcoscenico: era la Wang che aveva in corpo ancora tanta adrenalina che è stata costretta a risedersi al piano per scaricarla…
POST SCRIPTUM
Quando si dice il caso… La presenza di una donna con una forza visionaria come la Wang è stata la perfetta risposta alla poetica mostra le ‘’Donne dell’Antichità’’ di Anselm Kiefer, allestita in collaborazione con la Galleria Lia Rumma, sempre negli spazi Villa Rufolo.
“Nella storia ci sono così tante scienziate e alchimiste che non hanno potuto firmare i loro trattati perché erano donne”, afferma l’artista tedesco, “Le donne sono sempre state molto più potenti degli uomini per questo gli uomini hanno inventato ogni stratagemma culturale per lasciarle ai margini”.
Un tema che ritorna nei lavori di Kiefer è la rievocazione di una leggenda della storia romana, narrata da Plinio, cara al femminismo degli anni ’70, conosciuta come “Paetus, non dolet”, che Wang apprezzerebbe eccome. Racconta la triste istoria del generale Paetus che si ribella a Giulio Cesare. La congiura fallisce. Catturato, la pena per chi tradisce Roma è di conficcarsi nel petto una ‘’daga’’, un pugnale a doppio taglio, davanti alle truppe schierate.
esposizione anselm kiefer al ravello festival ph anouk andrea boni 3
Al momento di togliersi la vita, Peatus è prima esitante e poi sempre più atterrito. Davanti alla vigliaccheria del marito, tipica dei maschietti, sopraggiunse Arria che preso il pugnale se lo infisse in petto, lo estrasse e glielo restituì pronunciando al marito la celebre frase: “Paetus, non dolet” (Paetus, non fa male).
https://www.dagospia.com/media-tv/yuja-wang-stella-piu-luminosa-pianismo-classico-entra-in-scena-strizzata-441297
LA “PALAZZOPOLI” MILANESE FA TREMARE LA SINISTRA MA TRABALLA ANCHE LA DESTRA
LA “PALAZZOPOLI” MILANESE FA TREMARE LA SINISTRA MA TRABALLA ANCHE LA DESTRA – GIORGIA MELONI NON AFFONDA IL COLPO E DIFENDE SALA (LE CONVIENE, VISTO CHE HA MOLTI INDAGATI TRA LE FILE DI FDI). MA I SUOI CONSIGLIERI COMUNALI A MILANO PORTANO IN AULA I CARTELLI “DIMISSIONI” - IGNAZIO LA RUSSA, VERO CAPO DEL PARTITO IN LOMBARDIA, CHIEDE LA TESTA DEL SINDACO: “CREDO CHE MILANO ABBIA BISOGNO DI CAMBIARE GUIDA” (COSÌ LA PROSSIMA LA SCEGLIE LUI) – ANCHE SALVINI IN DIFFICOLTÀ: LA SUA VISPA VICE, SILVIA SARDONE, STREPITA CONTRO SALA, LUI È PIÙ PRUDENTE…
Estratto dell’articolo di Matteo Macor per “la Repubblica”
«Il sindaco decida se dimettersi sulla base della sua capacità di governare al meglio in questo scenario: io non cambio posizione in base al colore politico degli indagati». È Giorgia Meloni, alla fine del secondo giorno di terremoto giudiziario milanese, a (ri)movimentare la scena politica sconquassata dall'inchiesta sui piani urbanistici comunali della città del mattone.
giorgia meloni e beppe sala alla cerimonia di commemorazione per sergio ramelli 1
L'apparente, inaspettata mano tesa della premier al sindaco Beppe Sala, una difesa a sorpresa affidata a un'intervista al Tg1 della sera, arriva […] dopo una lunga giornata di reazioni contrapposte, appelli, contestazioni, divisioni. Queste ultime, per paradosso ma non troppo, soprattutto nel centrodestra, e pure all'interno dello stesso partito di Meloni.
Che mentre ieri a Palazzo Marino schierava i consiglieri comunali di FdI in aula a protestare per chiedere la testa del sindaco, ha visto discordare le reazioni di due dei padri fondatori del partito.
Ignazio La Russa a parlare di una giunta «che ha dimostrato di non essere adeguata, e non solo per questo episodio». Guido Crosetto a scegliere la strada del garantismo: «La magistratura vuole sostituirsi al legislatore, attendo la verità ma nel frattempo continuo a basare i miei giudizi sulla presunzione di innocenza».
contestazione del centrodestra contro beppe sala in consiglio comunale 5
Tra l'istituzionale e il politico puro, quello di Meloni è parso così un messaggio a più destinatari, fuori e dentro lo schieramento, per telespettatori, cittadini (e elettori) milanesi e alleati.
«La mia posizione è quella che ho sempre su questi casi: penso che la magistratura debba fare il suo corso», è la precisazione della premier che chiude 24 ore di scossoni e discussione, anche e soprattutto a destra. E soprattutto: «Io non sono mai stata convinta che un avviso di garanzia porti l'automatismo delle dimissioni».
Qualche ora prima, con un post su X, Crosetto aveva in qualche modo aperto la strada con la stessa presa di posizione: «Continuo a pensare che la magistratura non debba sostituirsi al corpo elettorale– le parole, dure, del ministro della Difesa – A Milano una parte della magistratura inquirente ha anche deciso di sostituirsi al legislatore, attraverso interpretazioni normative che a me sembrano, in molte parti, lontane dalle disposizioni di legge ed anzi molto pericolose».
beppe sala ignazio la russa attilio fontana prima della scala 2024
E ancora: «Spesso si cercano di utilizzare queste vicende come occasione per sbarazzarsi dell'avversario di turno, perché a parti inverse si è sempre fatto così».
[…] Non è della stessa idea La Russa, del resto, che la propria considerazione la farà poco più tardi, molto politica, a margine del congresso della Cisl in corso all'Eur, con in filigrana il futuro della prossima corsa elettorale nella città che il centrodestra sogna di riconquistare da quasi 15 anni.
«Io lo dico da sempre: credo che Milano abbia bisogno di una guida che non sia quella che mette insieme verdi, non verdi, affaristi, non affaristi, politici perbene e politici con qualche ombra.
Mi auguro che quando si voterà sarà chiaro, per adesso ricordo solo che quello che chiamavano Salva Milano evidentemente era un "Salva Giunta Sala"», è il pensiero del presidente del Senato, con riferimento al disegno di legge pensato (e poi saltato) come una sorta di salvacondotto legislativo per le irregolarità urbanistiche dei tanti cantieri milanesi.
Il tutto mentre da Forza Italia arrivavano le parole di senso opposto del deputato Enrico Costa, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, garantista per storia di partito («Le indagini faranno il loro corso, ma l'agghiacciante processo mediatico non sostituisca quello nei tribunali: come è possibile Sala abbia saputo di essere indagato dai giornali?»), e a fare da rappresentazione plastica della diversità di vedute all'interno dello stesso schieramento ci pensava il presidio delle opposizioni in Consiglio comunale, davanti e poi in aula a Palazzo Marino.
A guidare la protesta la neo vice segretaria del Carroccio Silvia Sardone («Esistono posizioni differenti, ma se domani Sala si dimette io apro una bottiglia di Franciacorta e invito tutti a festeggiare»), i forzisti non pervenuti, i consiglieri meloniani e leghisti a chiedere in giallo su sfondo blu su cartelli e striscioni le stesse «Dimissioni» sulle quali in serata la premier avrebbe rimesso ogni scelta allo stesso sindaco.
https://www.dagospia.com/politica/palazzopoli-milanese-fa-tremare-sinistra-traballare-destra-giorgia-441469