domenica 31 ottobre 2021

Gli assassini italiani non portano voti ai due sciacalli

 


(Autore: Emilio Mola)

Nemmeno un rigo. 

Non un post. 

Non una foto. 


Nessuna richiesta di “Giustizia per Giuseppe e Tullio”, ammazzati a 26 e 27 anni con 11 colpi di pistola mentre se ne stavano per i fatti propri in auto.


Per Giorgia Meloni e Matteo Salvini che ogni giorno ci informano attraverso i propri principali social sui fatti di cronaca nera che avvengono in giro per l’Italia, questa storia non merita menzione.


Hanno trovato il tempo di farci sapere con i soliti post indignati e urlanti che una donna rom è entrata in casa di un anziano e che degli stranieri si sono accoltellati in stazione a Milano.


Ma la storia di questo camionista italiano che ha giustiziato due ragazzi innocenti, incensurati, colpevoli solo d’aver sostato davanti casa sua, a loro deve essere sfuggita.


O l’hanno ritenuta meno grave delle altre.


O forse, semplicemente, loro non servono.


Forse per loro la cronaca nera, i drammi che ogni giorno accadono in Italia, sono solo uno strumento di consenso. Se un fatto può portare voti, magari aizzando l’odio contro gli stranieri, lo si usa.


Se non serve allo scopo, meglio tacere.


Soprattutto se ad ammazzare due giovani innocenti è un italiano che deve aver creduto ai loro slogan: “la difesa è sempre legittima” e “non può esistere l’eccesso di legittima difesa”.


E quello, magari, deve averi pure creduto.


Una sola domanda martella incessantemente. Se ad ammazzare Tullio e Giuseppe fosse stato uno straniero? Un africano? Un rom? Un musulmano?


Avremmo assistito allo stesso silenzio?

E quanto fa schifo fare la selezione tra vittime utili e inutili? Tra indignazione utile e inutile?

Quanto?

Genero disumano

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Viale del tramonto

 


Nel 1950 Billy Wilder, a mio avviso il più grande regista hollywoodiano di tutti i tempi, ha un problema: nessuna attrice vuole interpretare il suo ultimo film. La trama è incentrata su un'attrice degli anni '20 che con il passaggio dal muto al sonoro perde il successo e viene dimenticata. La vicenda e' troppo simile alla verità perché una vera Diva possa ammettere, anche a sé stessa, di essere una ex. Billy contatta prima tra tutte Mary Pickford, la fidanzata d'America degli anni del muto. Si vede sbattere la porta in faccia, Mary trova la storia troppo torbida. Allora il regista contatta la cinquantasettenne Mae West, grande star dei primi anni '30: "Billy ho solo 40 anni, sono troppo giovane per la parte" si sente dire. Greta Garbo non risponde neppure e Pola Negri ha ancora un accento troppo polacco, motivo che aveva stroncato la sua carriera. Billy chiede allora alla piu' grande diva del muto: Gloria Swanson. Gloria si era semplicemente ritirata e non pensava piu' al cinema.

Inizialmente rifiuta. Poi ci ripensa. L'amico George Cukor, il regista delle dive, la convince: "Gloria", le dice, "sarà il film per il quale verrai ricordata. Cosi' nasce Viale del Tramonto, 1950.

Vecchia Hollywood e dintorni 

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Roger Moore & Sean Connery, 1982 Buon Pomeriggio!

 


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Verdone & Troisi



"Ci conoscemmo mentre eravamo in volo per Catania, io andavo a presentare 'Bianco Rosso & Verdone' e lui il suo primo film 'Ricomincio da Tre'. I primi due giorni vinsi io come incasso, ma dal terzo giorno il suo film esplose in modo entusiasmante.

Tornato a Roma lo andai a vedere, al cinema Eden: non trovai posto e stetti tutto il tempo appoggiato in piedi ad una colonna. Capii subito che era nato un attore dai tempi comici pazzeschi. Non un attore ma un vero artista.

Il giorno dopo lo chiamai per comunicargli la mia ammirazione, e presto diventammo amici. E credo che restammo amici perché né io né lui mettemmo in mezzo il cinema, nessuno dei due chiese mai all'altro di fare un film insieme.

Questa assenza di interesse lavorativo fu il motivo del nostro rapporto.

Non ci vedevamo spessissimo ma ero l'unico in grado di vincere la sua proverbiale pigrizia e di portarlo al cinema: lui sceglieva sempre il primo spettacolo per non esser riconosciuto.

Era un grande, con le battute più fulminanti ed intelligenti che abbia mai ascoltato.

Un giorno mi disse di andare a prendere il caffè da lui …. trovai Maradona !!!

Grande amico, immenso artista.

Il Postino resta un capolavoro assoluto della sua grande recitazione".

Massimo Troisi attraverso le parole di Carlo Verdone. 

In foto anche Christian De Sica in uno scatto del 1983 a Capri ❤

Comicità italiana 

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Raf Vallone



19 anni senza #RafVallone.

Un attore di cui ho visto pochi film, ma in quelli che ho visto mi ha colpito moltissimo! Anzi, se volete consigliarmi qualche suo film ne sarei molto felice! 😊


Raffaele Vallone, noto come Raf Vallone (Tropea, 17 febbraio 1916 – Roma, 31 ottobre 2002) fu attore, calciatore, giornalista e partigiano.

Altro? Direi che può bastare, dato che fece tutti questi mestieri in maniera invidiabile! 🙂


Come tutti sanno nacque a #Tropea ma la sua famiglia si trasferì a #Torino quand'era un bimbo. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica si laureò in #Filosofia e poi in #Giurisprudenza (ragazzi ben due lauree nei tempi in cui non è che fioccassero ad iosa come ora!), sotto la guida di docenti come Luigi #Einaudi e Leone #Ginzburg.


Poi si dedicò al calcio: inizia nel settore giovanili del Torino con i famosi "Balon Boys" con cui vinse un titolo italiano ULIC ragazzi 1930-1931, per poi esordire in #SerieA nella stagione 1934-1935, disputando una partita con la maglia del Torino e vincendo nello stesso anno la Coppa Italia.

Quindi già qui si nota come si sia davanti ad un uomo di un certo talento, non certo nella media delle persone.


Successivamente, quando iniziava ad essere un po' troppo adulto per giocare, inizia a dedicarsi con estrema dedizione al giornalismo: divenne infatti giornalista e fu redattore capo delle pagine culturali de L'Unità, ma non s'iscrisse mai al PCI poiché, come raccontò più tardi in un'intervista, pur condividendone i punti cardine nutriva una certa critica nei confronti dello #stalinismo; divenne critico cinematografico per La Stampa.


La sua prima apparizione al cinema risale al 1942, nel film Noi vivi, diretto da Goffredo #Alessandrini, dove interpreta un marinaio. Successivamente fece esperienza nel teatro per poi dedicarsi totalmente al cinema, prendendo parte ad alcune pellicole di una certa importanza e lavorando con registi di un certo calibro anche se, pur avendo ruoli di un certo tipo non riuscirà ad inserirsi completamente nel nuovo cinema italiano a partire dagli anni '60 in poi e predilesse alcune pellicole di respiro internazionale.

Effettivamente in quel periodo molti dei nostri attori che negli anni precedenti sembravano occupare degli spazi importanti non ebbero altrettanto spazio nel passaggio dal cinema nostrano degli anni '50 all'avvento della commedia all'italiana.


“Quando lo conobbi mi colpirono la sua intelligenza la sua discrezione, la sua mancanza di vanità – disse di lui Marlène #Dietrich, che non nascose mai di subirne il fascino – Quando andai a vederlo al #ThéâtreAntoine restai sbalordita. Dominava totalmente la scena e il pubblico lo seguiva come in trance. Vi era un meraviglioso equilibrio tra sapienza interpretativa e tensione emotiva. Tutta Parigi era innamorata di lui. Pochi spettacoli rimasero in cartellone così a lungo come Uno Sguardo dal ponte. Per di più aveva accettato la sfida di recitare in francese e l’aveva vinta”.


Voi che pensate?

A me piacque moltissimo ne Il Cammino della speranza, sotto la regia di Pietro #Germi (1950): credo che la pellicola goda di una certa attualità visti i temi trattati.

Attendo le vostre opinioni 🙂


Fonte fotografie:


Da sinistra:


1. Un giovanissimo Vallone nel suo percorso calcistico:


https://it.wikipedia.org/wiki/Raf_Vallone...


2. ad inizio carriera nel cinema:


http://www.mymovies.it/biografia/?a=2668


3. Negli anni '50:


https://mubi.com/cast/raf-vallone


4. Più avanti con l'età, presumibilmente intorno agli anni '80-'90:


https://www.imdb.com/name/nm0885203/ 


Repost Indagine Di Una Cittadina Al Di Sopra Di Ogni Sospetto 31/10/2020

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Kate Dennings

 


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Ma i fascisti non dicevano che l'olocausto era una favola?

 


A Novara i no Green Pass si sono travestiti da deportati ebrei per protestare.


Non sapete cos'è la decenza. E soprattutto non avete il minimo rispetto per il dolore altrui. Per i morti e per i sopravvissuti che ancora portano i segni (sulla pelle) di quell'orrore. 


Vergognatevi e chiedete scusa.

Leonardo Cecchi 

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I terribili giochi


I giochi terribili,  Giorgio De Chirico, 1925 (google)


 Lo sviluppo del missile da crociera intercontinentale a propulsione nucleare Burevestnik

ostacola i piani strategici americani. Tuttavia, le tecnologie utilizzate nel missile russo

potrebbero essere applicate anche nei voli spaziali.

La questione del nuovo missile da crociera intercontinentale russo è stata discussa durante

l’incontro con l’inviato speciale degli Stati Uniti per il controllo degli armamenti, Marshall

Billingslea, al Senato degli Stati Uniti.

Durante questo incontro, dedicato alla possibile designazione di Billingslea come

sottosegretario di Stato per il controllo degli armamenti e gli affari di sicurezza

internazionale, l’alto funzionario ha parlato dei lavori per creare il missile Burevestnik. In

particolare, Billingslea ha sottolineato che la nuova arma non è sicura in termini di effetti

sull’ambiente.

Nel suo discorso al Senato degli Stati Uniti, Billingslea ha affermato che ritiene che non

dovrebbero esistere missili di questo tipo, che sono una “Chernobyl volante”.

“Perché c’è bisogno di un missile da crociera a propulsione nucleare con una testata

nucleare? Non è altro che una Chernobyl volante. Basti pensare alla nuvola radioattiva che

genererà mentre si alza attraverso i cieli. Non c’è motivo o logica per avere questo tipo di

sistemi di armi da giorno del giudizio” – ha affermato dinanzi al Comitato del Senato per le

relazioni estere.

Billingslea ha ricordato di aver detto ai suoi partner russi che questa era una spesa enorme

e che era necessario sospendere queste opere destabilizzanti. Non è la prima dichiarazione

dell’alto funzionario americano riguardo a questo missile. Il 3 luglio scorso, ha affermato che

i sistemi Burevestnik e Poseidon sono “terribili”.

Questa affermazione lascia però grande ipocrisia per una nazione come gli USA che

sviluppò test nucleari terribili in questo pieno termine dove oggi vediamo ancora effetti

drammatici.

Gli esperti russi ritengono, tuttavia, che Washington non sia preoccupata per l’impatto

ambientale di Burevestnik, ma temono di perdere la supremazia nucleare.

“Innanzitutto, gli stessi Stati Uniti hanno svolto un lavoro simile in questo campo negli anni

1960. Il progetto Pluto prevedeva la creazione di un enorme missile da crociera a

propulsione nucleare noto come SLAM. Questo missile avrebbe distrutto tutto sul suo

cammino grazie alla sua onda d’urto. Inoltre, quando il missile volava, si sarebbe lasciato

alle spalle una nuvola radioattiva che avrebbe contaminato ogni cosa sul suo cammino. Gli

Stati Uniti hanno testato due motori nucleari sperimentali nell’ambito del progetto Pluto. Le

prove condotte sul luogo di prova nello stato del Nevada nel 1961 e nel 1964 hanno avuto

successo, ma alla fine gli Stati Uniti non hanno continuato con questa tecnologia” – spiega

Denis Ljukanov sull’edizione internazionale dell’agenzia di stampa russa Sputnik.

Secondo Mosca, Washington avrebbe sospeso il progetto Pluto non per motivi di sicurezza

ambientale , ma perché la tecnologia dei missili balistici intercontinentali sembrava meno

complicata e più economica. La Russia, da parte sua, prende in considerazione la resa di tali missili per la sicurezza del Paese. Dato il suo potenziale distruttivo da “giudizio finale”,

Burevestnik avrebbe funzione di deterrente assoluto.

Il direttore del Center for Analysis of World Arms Trade, Igor’ Koročenko, afferma che il

progetto Burevestnik, che è un missile con raggio praticamente illimitato, è attualmente in

fase di test di volo. Allo stesso tempo, oggi gli Stati Uniti sono già 10 o 15 anni indietro

rispetto alla Russia in termini di questa tecnologia. “Le dichiarazioni degli Stati Uniti in realtà

hanno cattive intenzioni perché stanno cercando di ritardare lo sviluppo di questo tipo di

missile in Russia” – ha aggiunto, sottolineando che le preoccupazioni di Washington “non

hanno nulla a che fare con il suo presunto danno all’ecologia o la spesa eccessiva che il

bilancio militare russo dirige verso i lavori di creazione e i test di Burevestnik”.

Il missile Burevestnik è una delle tecnologie più moderna e una delle principali innovazioni

dell’esercito nell’area della creazione di armi strategiche nel paese eurasiatico. Questo

missile da crociera con testata atomica ha una cosiddetta portata globale perché l’energia

nucleare gli permetterà di coprire qualsiasi distanza. Burevestnik è classificato come un

missile invisibile con un percorso di volo imprevedibile. Vola a bassa quota ed è impossibile

da intercettare.

Il programma Burevestnik potrebbe inoltre apportare benefici. Le tecnologie utilizzate

potrebbero essere applicate in altre aree, non solo nell’esercito. Le tecnologie del progetto

Burevestnik sono di grande importanza scientifica e, per essere più precisi, potrebbero

essere utilizzate nella creazione di aeromobili in grado di volare nello spazio.

“Anche se il nuovo missile da crociera intercontinentale russo non venisse utilizzato per

scopi civili, il suo uso come arma servirà a preservare la deterrenza nucleare nel mondo” –

concludono gli esperti russi.

Fenix


Maria Callas & Elizabeth Taylor, 1973 Buon Pomeriggio!

 


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Clint Eastwood, Eli Wallach & Lee Van Cleef Set of "Il buono, il brutto, il cattivo", 1966

 


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Jodie Foster

 


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sabato 30 ottobre 2021

Che paura...!

 


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Carlo Ancellotti

 


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Greta Garbo

 


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Il figlio del calcio

 


“Per noi comuni mortali che ci allenavamo con lui non era neanche facile, non riuscivi a concentrarti, anche perché Diego amava palleggiare, palleggiava con tutto: palloni, mele, mandarini, tappi di bottiglia, una cosa irreale. Per allenarti bene gli dovevi solo stare lontano perché appena iniziava a palleggiare era ipnotico e quindi tu passavi tutto il tempo ad osservarlo.


Un giorno capimmo che dovevamo fare due allenamenti: il primo, dove passavamo metà del tempo a guardare Maradona e credetemi, le cose più incredibili fatte da Maradona non le ho viste in partita ma proprio durante gli allenamenti e poi c'era un secondo allenamento, dove lui (finalmente) andava a casa, e noi comuni mortali potevamo iniziare il nostro allenamento senza distrazioni.

Con lui era come andare al cinema senza mai pagare il biglietto, solo a distanza di anni abbiamo compreso quanto siamo stati fortunati, avevamo a pochi metri il figlio del calcio".


Sono parole di Pino Taglialatela.


Oggi Maradona avrebbe compiuto 61 anni. Buon compleanno, Diego.

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La Melona è nemica degli invalidi

 


Simpatica la Meloni che attacca i tagli sull’assegno mensile di invalidità. Ironizza però dicendo che “le pensioni d’oro non si toccano”.


Sarebbe da ricordarle che il governo di cui era ministro nel 2010 aumentò di 11 punti la soglia necessaria per percepire l’assegno di invalidità (dall’invalidità al 74% all’85%), tagliando fuori tante persone. E che oggi tanto lei quanto suoi diversi colleghi prendono stipendi d’oro nonostante tassi di assenteismo vergognosi, al limite – se non oltre – la minima decenza. 


In aggiunta, affossando il Ddl Zan hanno anche affossato le norme contro l’abilismo. 


Il cappello sulla battaglia dei 280 euro agli invalidi anche no, cara Meloni.

Leonardo Cecchi 

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Paul Erdős

 


Paul Erdős, "l'uomo che amava solo i numeri", è stato uno dei matematici più prolifici di sempre: sono più di 1475 gli articoli che da lui firmati, scritti in collaborazione con oltre 485 matematici. 

La completa dedizione alla matematica portò Erdős a perdere quasi completamente la vista da un occhio. I colleghi impiegarono un bel po’ di tempo a convincerlo a sottoporsi all’intervento del trapianto di cornea, ma Erdős era completamente terrorizzato all’idea di sottrarre tempo alla matematica. Disse allora al dottore:

“Potrò leggere?

“Ma certo- rispose il medico- l’intervento serve proprio a questo”


Quando si ritrovò sul tavolo operatorio si accorse che le luci della sala iniziavano ad abbassarsi e Erdős andò su tutte le furie, iniziando ad urlare “Mi ha detto che potevo leggere!”.

Dopo una lunga discussione, l’equipe medica fu costretta a telefonare al Dipartimento dell’Università di Memphis per mandare qualcuno che poteva conversare di matematica con Erdős durante l'intervento. 


Geniale quanto eccentrico, adorava in modo particolare il silenzio. La moglie di un matematico del Trinity College raccontò:


“Erdős e mio marito rimasero per più di un’ora in silenzio in un luogo pubblico. Alla fine mio marito ruppe il silenzio dicendo «Non è zero, è uno». La gente attorno pensò che fossero dei matti. E in effetti lo erano.”


Credits photo Huffington Post

Storie scientifiche 

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Rima presa per culo da Calenda e Michetti



Non che quello che fa Renzenda interessi granché, ma visto che per settimane ce l’hanno menata con la grande impresa a Roma di uno che le perde tutte e su scala nazionale ha meno voti di Tabacci, vi faccio notare che Calenda rinuncerà al suo posto di consigliere comunale a Roma. E la stessa cosa la farà Michetti.


Quindi Renzenda e Michetti vi hanno chiesto il voto per governare Roma, ma una volta sconfitti se ne sono fregati di Roma. E hanno rinunciato al loro posto, proprio come dei Borgonzoni qualsiasi. Torneranno al loro lavoro, che peraltro non so quale sia (colpa mia) nel caso di Michetti. Quanto a Renzenda, lui dice che continuerà a fare l’europarlamentare, ma in realtà proseguirà a imperversare in tivù facendo l’ispettore Callaghan dei poveri (pardon dei ricchi).


Chiedere il voto dei romani per poi fregarsene delle sorti di Roma. Alti livelli. Complimenti a chi li ha votati!

Andrea Scanzi 

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Letta caccia via Cerno!

 


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Remi

 


"IL RAGAZZO E' MORTO, NON LO DEVONO SAPERE".  IL 26 OTTOBRE 2014 REMI', UN ECOLOGISTA FRANCESE DI 21 ANNI, VENNE AMMAZZATO DALLA POLIZIA CON UNA GRANATA MENTRE MANIFESTAVA CONTRO UNA DIGA CHE AVREBBE DISTRUTTO UN INTERO ECOSISTEMA


Remì era nato a Tolosa il 31 agosto del 1993, ed era stato cresciuto con un amore sconfinato per l'ambiente. I genitori erano ecologisti e gli trasmisero la passione per queste tematiche, che approfondì tramite l'attivismo ed anche gli studi, iniziando un corso di laurea in biologia.

Tutto comincia quando la Francia inizia a valutare la possibilità di costruire una diga sul fiume Tescou nel dipartimento della Garonne, nella Francia meridionale. Un progetto che avrebbe portato vantaggi ai grandi proprietari terrieri dell'area facilitando l'irrigazione dei latifondi agricoli portando, allo stesso tempo, danni consistenti ad un ecosistema variegato e all'espulsione dalle terre di decine di piccoli contadini della zona.

L'ennesima "grande opera" a vantaggio dei soliti la cui costruzione venne decisa dall'alto e senza alcuna partecipazione dei diretti interessati. Il progetto inizia ad essere discusso nei primi anni di questo decennio e subito partono le proteste dei piccoli agricoltori e delle associazioni ambientaliste. La tensione diventa sempre più alta nel corso degli anni e raggiunge il culmine nell'ottobre del 2014 quando migliaia di manifestanti si accingono ad occupare l'area dove dovrebbero sorgere i primi cantieri. 

Il governo socialista di Hollande reagisce inviando migliaia di agenti a presidiare la zona. Nella notte tra il 25 ed il 26 ottobre gli scontri raggiungono l'apice. Remì era con un gruppo di amici e si avvicinò ai poliziotti urlando contro la repressione in atto. Anche qui le fonti variano: secondo le forze dell'ordine il ragazzo stava lanciando addirittura una bomba molotov contro gli agenti. Bombe che non sono mai state ritrovate. Fatto sta che gli agenti decisero di reagire utilizzando granate di vario tipo, comprese quelle stordenti. Una di queste raggiunse Remì, incastrandosi tra la sua schiena e lo zaino. L'esplosione gli dilaniò la schiena e lo uccise praticamente sul colpo. 

Quando i poliziotti non lo videro rialzarsi provarono a trascinarlo via lasciando una scia di sangue per terra. Le parole dell'ufficiale di polizia presente al momento della morte si commentano da sole: "Non devono sapere". Le indagini sull'accaduto passarono, come solito, sul corpo della vittima. Era ubriaco. Era un violento. Era un sociopatico. E lo Stato francese nel frattempo, nel gennaio 2018, ha assolto i poliziotti responsabili.

Ma la lotta contro la diga avrà in fine successo: il progetto verrà annullato circa un anno dopo la morte di Remì. Una lotta ed una vittoria che ha portato e porterà il suo nome, una vittoria pagata col sangue di un ragazzo che aveva deciso di lottare per l'ambiente e per i diritti di tutti.


Cannibali e Re

Cronache Ribelli

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Frank Sinatra Buon Appetito!

 


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Aizaz Hasan Bangasi



Una normale mattina come tante in un piccolo villaggio nel Pakistan settentrionale, non lontano dal confine con l’Afghanistan.

Aitzaz Hasan Bangash ha fatto tardi per entrare a scuola e quindi deve rimanere fuori ad aspettare il cambio dell’ora per poter entrare. Sta davanti al cancello con alcuni compagni di classe, ritardatari come lui.

A un certo punto però i ragazzi notano un uomo dall’aria sospetta che si aggira davanti al cancello. Forse ha una cintura esplosiva. D’istinto i ragazzi scappano via, corrono dentro la scuola. Tutti tranne Aitzaz, che rimane lì. Gli amici gli urlano di scappare, ma lui dice: “No, questa è la mia scuola, lì dentro ci sono i miei amici”. Vuole provare a fermarlo. Gli tira una pietra. Poi gli corre incontro per bloccarlo. Ma è troppo tardi, perché l’attentatore, preso dal panico, si fa esplodere, travolgendo nella sua follia suicida Aitzaz, che aveva solo 15 anni.

Una tragedia terribile, ma allo stesso tempo un gesto eroico che ha evitato una tragedia peggiore. In quella scuola, infatti, c’erano circa 2000 ragazzi, che si sono salvati solo grazie al coraggio e al sacrificio del loro compagno che, come ha dichiarato il padre: “Ha fatto piangere di disperazione sua madre, ma ha evitato ad altre centinaia di madri di piangere i loro figli”.


Era il 2014. Ma potrebbe essere capitato ieri, o oggi. E chissà quanti altri Aitzaz ci saranno in quella parte di mondo, ragazzi di cui non sappiamo nulla e non conosciamo nemmeno il nome. Per questo è importante ricordare questo piccolo grande uomo straordinario, per la sua generosità e il suo coraggio.

🦋 La farfalla della gentilezza 🦋

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Ma quanti leccaculi ha super Mario bluff?

 






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Il q.i. di un complottista medio...!

 


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Date il rdc a Renzi!

 


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Date l'ergastolo a Bolsonaro!

 


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L'urologo

 


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Eroe di che?

 


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Mandate i leghisti talebani a Guantanamo!

 


In questo rapido e inesorabile imbarbarimento generale, tra senatori che esultano per aver negato diritti e politici che sdoganano con leggerezza il fascismo, ci mancava solo il sindaco (quota Lega, ovviamente) che vieta gonne e scollature con un’ordinanza antiprostituzione. Mancano solo i roghi e le lapidazioni.


“Proibito l’abbigliamento ambiguo e indecoroso”, ha ordinato il fenomeno. Senza neanche rendersi conto che, se fosse proibito tutto ciò che è o sembra indecoroso, il primo ad esser fuorilegge sarebbero quelli come lui.


Condoglianze a Terni (la cui maggioranza, però, uno così è riuscita a votarlo. Complimenti!). E soprattutto condoglianze all’Italia tutta, perché ormai siamo alla canna del gas. Un paese praticamente morto, che neanche si sta accorgendo del proprio trapasso.

Andrea Scanzi 

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Jayne Rivera

 


In questa foto c’è tutto il vuoto cosmico di quest’epoca.


Jayne Rivera. 20 anni, modella e influencer. Vive in Florida. Lo scorso 11 ottobre perde il padre, peraltro molto giovane (56 anni). Un lutto tremendo, che lei vive con enorme garbo e decoro: durante la veglia funebre, pensa bene di scattarsi delle foto in posa con la bara aperta. Poi li pubblica tutti su Instagram: in una mostra i tacchi, in un’altra finge di pregare, in un’altra ancora sorride sorniona. Un servizio fotografico completo, in piena regola.


Una così, giova sottolinearlo, ha più di 300mila followers su Instagram e più di 400mila su TikTok. 


Stavolta però alcuni fan (ovviamente non tutti) la criticano. Lei si difende sostenendo che ognuno elabora il lutto come vuole e che quelle foto, a suo padre, avrebbero fatto piacere. Di lì a poco Instagram le ha giustamente disattivato l’account.


Siamo arrivati ai selfie davanti alle bare aperte dei genitori. Ma come ci siamo ridotti? Non c’è davvero razza più deficiente e vuota di quella umana. Può salvarci solo un meteorite.

Andrea Scanzi 

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Calciatore dilettante

 


MA CHE NE SANNO GLI ALTRI...


•Il calciatore dilettante non è pagato e non ha un rimborso spese per la strada che compie da casa sua al campo;


•Il calciatore dilettante paga a spese sue le trasferte e le spese per eventuali infortuni.


•Il calciatore dilettante si cambia in spogliatoi piccoli e angusti;


•Il calciatore dilettante non tiene conto dei campi, non ha pretese che questi siano dei piccoli biliardi, si affida perlopiù al meteo, l'unico che può dirgli quali scarpe usare;


•Il calciatore dilettante odia la panchina e anche le partite rimandate per pioggia, perché non importa se non sia un professionista, per lui la domenica è calcio e solamente calcio;


•Il calciatore dilettante non ha telecamere che inquadrino le sue prodezze, per conservarle, deve tenersele strette nel cuore per sempre;


•Il calciatore dilettante, non ha diete particolari. Dopo la partita mangia tutto quello che trova aiutato da un paio di birre, o forse di più;


•Il calciatore dilettante, ogni Domenica, deve fare i conti con la propria moglie o fidanzata, perché: "Per una volta potremmo stare insieme";


•Il calciatore dilettante si deve accontentare di un pubblico ridotto, ma pur sempre passionale;


•Il calciatore dilettante spesso viene dimenticato dagli organi federali, ma se ne frega.

Perché il suo unico motore è la PASSIONE.🖋


Non è più domenica


“CI ALLENIAMO ANCHE SE PIOVE?”


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Foto📸: Vada 1963

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Umberto D

 


#VittorioDeSica e il professor #CarloBattisti durante le riprese di "Umberto D." (1952). 


"UMBERTO D.

di Vittorio De Sica

Capolavoro senza tempo, Umberto D. di Vittorio De Sica racconta una moderna solitudine senile inscritta in una geografia umana ridotta ad alienante meccanismo. In dvd per Mustang e CG.

Funzionario ministeriale in pensione rimasto solo al mondo, Umberto Domenico Ferrari vive in una stanza in affitto presso un’antipatica ed equivoca padrona di casa che vuole liberarsi al più presto dello scomodo inquilino. All’uomo sono di conforto solo Maria, servetta di casa di umili origini, e il cagnolino Flaik, inseparabile compagno. Alla ricerca costante del denaro necessario per pagare i debiti, Umberto percorre una strada di schiacciante solitudine, incontrando quasi esclusivamente egoismo e indifferenza… [sinossi]

Sottrazione di spazio fisico, sottrazione di spazio sociale. La nota parabola di Umberto Domenico Ferrari, che il titolo Umberto D. connota spossessato pure della sua completa identità anagrafica e istituzionale, si dipana innanzitutto secondo una progressiva riduzione dello spazio che spetta a ogni individuo in un’ottica di consorzio sociale. Condividere in ambito sociale significa disporre di un proprio spazio in cui esprimersi, riflettere la propria essenza, ed aprirla agli altri nella circolarità dell’esperienza. La trascuratezza istituzionale verso la terza età, avvio narrativo del capolavoro di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, si delinea innanzitutto come concentrazione spaziale e crescente invasione. Sulle prime, gli spazi in cui il protagonista può muoversi sono ridotti a una misera stanza in affitto presso una malmostosa ed equivoca signora. Ma lo spazio fisico e sonoro, già di per sé esiguo, è costantemente disturbato e sollecitato da ingerenze esterne, che premono secondo la logica di un lento e inesorabile stillicidio.

Dalle formiche che la servetta Maria si ostina a far sparire con l’acqua e il fuoco, ai continui andirivieni nell’appartamento di una padrona di casa che non vede l’ora di liberarsi dell’ingombrante anziano, Umberto D. racconta un uomo confinato nel suo cantuccio, che risponde come può alle minacce dell’esterno. È segnatamente nel tappeto sonoro, e ancor più nel suono off, che il film costruisce a poco a poco tale senso di sommessa angoscia, indagata secondo il ben noto pedinamento zavattiniano che stavolta allunga più che mai i suoi tempi narrativi.

Piccole azioni, come il semplice mettersi a letto, costantemente interrotte o rinviate per il sopraggiungere di sempre nuove necessità (il denaro più volte rifiutato dalla padrona di casa) e per incessanti disturbi sonori, dal ripetersi del gorgheggio vocale nella stanza attigua, ai rumori di strada o di persone e cose (il ticchettio dell’orologio da camera), alle voci degli attori di un cinema adiacente, ancora dotato di tetto apribile e semovente.


Dopo un roboante esordio durante una manifestazione pubblica di anziani che reclamano a gran voce l’aumento della loro magra pensione, Umberto D. si chiude lungamente tra le quattro mura di casa, culminando poi nella celebre sequenza del risveglio di Maria, pedinata nelle sue azioni per tempi inusitati nella loro lunghezza. Sta proprio qui probabilmente l’apertura più problematica di Umberto D., a buona ragione considerato uno dei vertici del neorealismo italiano e anche una delle ultime manifestazioni del sentimento neorealistico emerso a cavallo della guerra nel nostro paese. Se l’intento di denuncia resta la premessa e le tecniche narrative adottano ancora il pedinamento e pure l’utilizzo di attori non professionisti (Carlo Battisti era un professore di glottologia all’Università di Firenze; Maria Pia Casilio era alla sua prima prova di attrice), d’altro canto Umberto D. mostra anche una ben consapevole costruzione, perseguita e preordinata, che sfonda costantemente verso modalità estetiche intensamente espressionistiche.

In primo luogo, la scelta delle inquadrature piega spesso verso il primo piano dal forte taglio angolare, talvolta contreplongés che schiacciano le figure verso ben visibili soffitti, altrove effetti prospettici in lunghe fughe esasperate nella profondità di campo. Spesso si tratta di fughe visive che contribuiscono alla dispersione della figura umana nel panorama circostante (l’uscita di Umberto dall’ospedale); altrove sono funzionali alla definizione di uno spazio angosciante nella sua modularità (la corsia d’ospedale, composta di letti in fila tutti perfettamente uguali uno all’altro). Così, una volta sbalzato fuori dalla sua misera abitazione, il protagonista si trova al centro di un concerto di spazi che annullano completamente la sua caratura di individuo, in una sorta di incubo kafkiano affidato al motivo visivo dello spazio iterativo e tautologico. In tal senso non è casuale che dall’ospedale il film si sposti poi al canile, dove con effetto fortemente allegorico la modularità dei letti d’ospedale è replicata nella serialità industriale della soppressione dei cani trovati randagi. A una società che si prodiga ad annullare ogni rispetto per l’individualità in nome dell’efficienza non possono che rispondere meccanismi di pura domanda e risposta in termini strettamente economici. Al disordine del cane abbandonato, elemento di disturbo negli ingranaggi di un mondo fatto di relazioni meccaniche e razionali, fa da eco l’anziano, ormai non più utile e a sua volta passibile di soppressione sociale. Del resto, al momento del ricovero in ospedale emerge a fare da filtro nel frame una ringhiera di ballatoio che copre tutta l’inquadratura sul corpo di Umberto con palese metafora delle sbarre di un carcere – evidente utilizzo espressivo di un oggetto di scena traslato fuori dal suo immediato significato.


Così, l’estrema essenzialità degli strumenti neorealistici, ridotti in Umberto D. alla loro versione più minimale, conduce verso territori di imprevedibile astrazione narrativa. Ne è prova, fin dall’incipit durante la manifestazione, il ricorso a primi piani fortemente stretti intorno ai volti, dove le grida di protesta si disperdono nel contesto sonoro fino a smarrire la propria intelligibilità. Ne sono prova soprattutto le definizioni dei personaggi di contorno, che fatta eccezione per Maria, unica luce di solidarietà nella sua purezza pre-industriale, si configurano tutti come profili di stilizzata disumanità, ridotti a enunciatori meccanici di luoghi comuni costantemente improntati all’egoismo. Spesso tali coordinate espressive trovano una loro precisa enfasi in trucco e acconciature. Basti pensare all’aspetto fisico della proterva padrona di casa, che come suggerisce Gianni Canova negli extra non sembra nemmeno uscita dal cinema coevo bensì direttamente dai telefoni bianchi d’epoca fascista. O ai due gestori della pensione per cani, la cui miseria tramutata in cupidigia è enfatizzata dai volti mostruosi, di nuovo schiacciati entro i confini del frame. O alla stilizzata bambinaia incontrata al parco in prefinale, che snocciola risentita i soliti due o tre luoghi comuni sulla scomodità dei cani per casa. Tale tendenza a modalità espressionistiche si colora poi di cupo grottesco nello stratagemma del rosario, attuato da Umberto in ospedale su suggerimento di un vicino di letto per perpetuare la sua degenza.

Ovunque, pure nella gestione pragmatica del sacro, emerge insomma una società “del meccanismo”, della risposta automatica (se chiedi il rosario e lo reciti compiacendo una suora, rimani in ospedale), che soprattutto passa attraverso la domanda/risposta del denaro. Fin dalle prime battute Umberto si trova a caccia di denaro, incontrando anche squarci di assurdo – il mendicante che spende tutti i soldi raccolti nella giornata per comprarsi il prezioso orologio, e rimettersi subito dopo a mendicare.


L’annullamento dello spazio dell’individuo, negato da un mondo fatto solo di automatismi ai quali soggiacere fino all’espulsione per sopraggiunta inutilità, trova poi il suo culmine nell’ultimo rientro a casa di Umberto, con la scoperta della voragine nella parete della sua stanza, atto finale di un’espropriazione spaziale che ha scandito i tempi di un reiterato tentativo di furto di dignità. Poco dopo, Umberto D. si scatena in una vampata espressionistica e melodrammatica, decisamente lontana dal sommesso fluire dei tentativi di mettersi a letto che caratterizza tutta la prima parte del film: quell’enfatica soggettiva che dalla finestra si avvicina drammaticamente (e “irrealisticamente”, con piena adesione alla soggettività del personaggio) alle rotaie in strada, momento della scoperta per Umberto della possibilità del suicidio, prolessi di un’ultima sezione di racconto che si tramuta ancora in pedinamento, quasi insostenibile nei suoi tempi dilatati, della pianificazione di un’uscita di scena dalla vita.

Umberto D. riduce anche, e non secondariamente, lo spazio della parola. Per lunghi tratti, specie nella prima parte, i dialoghi sono ridotti al minimo, e come dicevamo i rappresentanti del mondo ostile al protagonista ricorrono spesso a formule, che in quanto tali comprendono in sé la negazione di qualsiasi specificità comunicativa. Vi è in tal senso un’altra sequenza fortemente indicativa: l’incontro in strada col commendatore, che per anni ha diviso i tempi del lavoro con Umberto. Tra i due scende un silenzio umiliante; fuori dal sistema produttivo che hanno lungamente condiviso i due sono perfetti estranei, incapaci di accordare uno all’altro l’atto minimo di umano riconoscimento insito nella parola stessa.

Più avanti, pur procedendo ancora col passo del dignitoso e umanistico pedinamento, Umberto D. accende le sue tendenze espressionistiche verso un appassionato melodramma, al quale è praticamente impossibile non restare avvinti. Niente è più scopertamente melodrammatico di un cagnolino che in modo implicito salva la vita al suo padrone. In altre occasioni e in altre mani (basterebbero forse le mani stesse di De Sica di una decina d’anni dopo), tale materiale si sarebbe tramutato in strumento oltremisura ricattatorio. In Umberto D. invece quel finale è l’unico possibile, il finale ritrovamento dell’umano dopo un calvario di disumanità, che trova un momento di inarrivabile efficacia drammatica nel corpo di Umberto squassato dal vento al passaggio del treno.


In tal senso è forse risolvibile anche la questione molto dibattuta del commento musicale in ambito neorealistico, spesso considerato inadeguato e fuori registro rispetto al rigore del visivo. È innegabile infatti che anche in Umberto D. (e forse qui più che altrove) la partitura di Alessandro Cicognini, abituale collaboratore di Vittorio De Sica, sfrutti tutte le risorse possibili del coinvolgimento emotivo specie nel suo tema principale. Oltretutto il commento musicale, che alterna sonorità anche molto diverse (vedi il sottile commento al risveglio di Maria, altro motivo spesso ritornante nella partitura del film), è praticamente ininterrotto, con qualche effetto di invadenza e ridondanza. Tuttavia non è da ritenere che il neorealismo, specie quello desichiano, non sapesse liberarsi dalle convenzioni estetiche in ambito musicale. Piuttosto il roboante commento di Cicognini concorre a un progetto di stilizzazione espressiva che da un lato asciuga gli elementi di messinscena, dall’altro proprio in virtù di tale estrema stilizzazione si apre alla distorsione espressionistica. In mezzo, il melodramma, che già in sé contiene del resto forti segni di distorsione ed enfasi. Per cui tutto si tiene, inestricabilmente e necessariamente. Come accade con puntualità nei più indubitabili capolavori."


Fonte: articolo di Massimiliano Schiavoni su Quinlan pubblicato il 28/09/2018.

Link diretto alla fonte contenente l'articolo: https://quinlan.it/2018/09/28/umberto-d/


Che ne pensate? Dopo "felliniano" abbiamo anche l'aggettivo "desichiano"... :)


Fonte foto: Pinterest

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Edvige Fenech

 


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Dustin Hoffman & Ursula Andress , 1989 Buon Pomeriggio!



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venerdì 29 ottobre 2021

Non comprate i prodotti Yamamay e Carpisa!


Cimmino, l’imprenditore anti-Reddito di cittadinanza che aveva detto: “Offro 1.300 euro, rifiutano”. Ora cambia versione: “In quell’intervista non ho mai parlato di cifre”


Il ceo di Yamamay e Carpisa a fine agosto denunciò sui giornali che i beneficiari della misura di sostegno avevano rifiutato posti di lavoro con buone paghe. Ilfattoquotidiano.it lo ha intervistato: "Se una persona non viene neanche al colloquio cosa vuol dire? Che prende il Reddito o ha un lavoro in nero. Oppure prende il Reddito e fa parte di qualche organizzazione criminale". Mettendolo davanti alla realtà dei suoi negozi, con assunzioni in gran parte part-time con una base oraria fissa - secondo i sindacati - di 800 euro al mese, nega: "Sono percentuali veramente minime"

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Invece di Meta è più consono Merda

 


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Depenalizzare subito il reato di diffamazione!

 


QUATTRO NOTIFICHE, UN GIORNO

Provate voi, a vedervi notificare, da un ufficiale giudiziario, quattro fascicoli contemporaneamente e a non farvi venire un infarto.

Provate voi, a scrivere con coscienza tutta la verità che avete guardato con i vostri occhi, verificato, documentato, e a vedervi trascinare in tribunale da gaglioffi che vanno a braccetto coi mafiosi e dunque lo sono anche loro.

Provate voi, a tenere la barra dritta: sul mestiere, sul ruolo del giornalista, sull’articolo 21, sul diritto dei cittadini di essere informati e bla e bla.

Provate voi, a fare un giornale indipendente e una cooperativa di giornalisti senza padroni, e su e giù.

Sarete odiati, denigrati, querelati (il minimo), infangati.

Il venticello della calunnia precederà i vostri passi.

Sarete soli.

Sarete semplicemente antipatici.

Non per quello che dite, non per quello che fate, ma perché lo dite l, perché lo fate.

Perché continuate a crederci, perché continuate ad esserci.

La soluzione sarà sempre quella: rimuovervi.

E quando si renderanno conto che non solo riuscirete a fare, e riuscirete soprattutto a dare, tanto, a quel sogno di libertà per cui tutto è iniziato, ma che lo fai mentre cercano di imbavagliarti e gambizzarti, allora vi odieranno per davvero.

Non vi perdoneranno la vostra inguaribile fiducia nella verità dei fatti e nel potere di cambiamento attraverso le parole.

Non ti perdoneranno mai che non ti pieghi e non ti arrendi.

E che continuerai a sorridere e ad amare incondizionatamente questo mestiere e il genere umano.

Marilù Nastrogiovanni

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Pietro Germi

 PIETRO GERMI, UN INSOSPETTABILE AUTORE COMICO




Nessuno nell'ambiente del cinema italiano avrebbe scommesso sul talento comico di un regista come Germi che, fino alla fine degli anni Cinquanta, aveva costruito la sua carriera realizzando film drammatici e di denuncia sociale (Il cammino della speranza, 1950, La città si difende, 1951), con brillanti escursioni nel melodramma e nel genere poliziesco (Il Ferroviere, 1956, L'uomo di paglia, 1958, Un maledetto imbroglio, 1959).

Invece Germi sorprende tutti e, da una prospettiva completamente nuova, affronta temi a lui sempre cari – i tabù e le ipocrisie della società italiana – suonando magistralmente la tastiera della commedia, dal registro comico a quello grottesco, dalla satira, all'umorismo più crudele, di matrice pirandelliana.

Divorzio all'italiana (1961), prodotto da Franco Cristaldi, ottiene a Cannes il premio come migliore commedia e dall'Academy un Oscar come miglior sceneggiatura (Germi, De Concini, Giannetti).

Il successo è planetario e sarà proprio grazie a questo film che verrà coniato il termine di “commedia all'italiana”. Sull'onda della popolarità ottenuta, a Germi viene proposto di realizzare un seguito, Fefé, da Cristaldi Film in collaborazione con Lux e Ultra Film. Il progetto resterà sulla carta, ma dalla stessa collaborazione nascerà Sedotta e abbandonata (1964), un altro grande successo di pubblico a livello internazionale.


            


Può essere interessante notare che, accanto a molte recensioni entusiastiche (G. Grazzini, 'Corriere della Sera', P. Bianchi, 'Il Giorno', A. Savioli, 'L'Unità'), alcuni critici sentono di doversi dichiarare distanti dallo sguardo dissacrante e impietoso con cui Germi guarda all'Italia meridionale, non condividendo soprattutto i caratteri e le situazioni grottesche che il regista questa volta applica, non a una situazione privata (Divorzio all'italiana), ma a un contesto corale e pubblico, come quello del matrimonio riparatore.

Moravia su 'L'Espresso' scrive: "Come Divorzio all'italiana, Sedotta e abbandonata fa parte della polemica accanita e beffarda che i settentrionali conducono si può dire dall'unità d'Italia contro i meridionali. Questa polemica consiste da una parte nel mettere in ridicolo usi e costumi dell'ex regno delle Due Sicilie e dall'altra, nel sognare che questi usi e costumi siano davvero ridicoli".

Argentieri dalle pagine di Rinascita accusa Germi di superficialità affermando che "egli non sfiora nemmeno alla lontana il problema che riposa alla base della storia narrata "perché la sua visione è distorta da un soverchiante bozzettismo, costretta nei ceppi del colore locale che ribalta in cifra ridanciana un grave e intricato tessuto reale".


       


Queste osservazioni non fanno che confermare la forza corrosiva dell'aperta polemica di Germi non tanto contro usi e costumi retrogradi, ma soprattutto contro una legge che li fa prosperare. Il grottesco disturba, non c'è dubbio. Per avere una visione priva di moralismo da parte di chi guarda (ce n'è a sufficienza in chi ha fatto il film) e che metta in risalto anche gli aspetti formali ed estetici dell'opera, la recensione su 'Le Figarò Littéraire', del francese, Pierre Mazars è significativa.

"Un spectateur français pourra croire qu'il assite à une tragédie de moeurs siciliennnes. Un spectateur italien, ou, mieux, sicilien, aura à jujé de deux spectacles: la comédie que se donnent, comme dans la vie, ses compatriotes sur le forum et celle qu'ils jouent devant la caméra.

Mais le jeu de miroirs n'est pas fini. Pietro Germi parvient à touché deux publics différents: il attristera les âmes crédules et il fera sourire les esprits distingués. Ceux-là croiront à la tranche de vie et à la noirceur du destin: ceux-ci au pastiche, d'autant que l'opérateur, par de savantes images en noir et blanc, restitue le climat platique du ciné-feuilleton du temps du muet avec ses chambres sinistres meublées d'un lit de cuivre, le canapé et la 'suspension' du salon. C'est Jean Cocteau qui trouvait que L'Anné dernière à Marienbad rappelait les drames mondains du cinéma italien des années 1925. Séduite e abandonnée parodie avec finesse les récits populaires de la même époque".

         

Articolo a cura di Michela Zegna, responsabile archivi cartacei della Cineteca di Bologna.


Link diretto alla fonte: http://fondazione.cinetecadibologna.it/biblioteca/patrimonioarchivistico/germi_comico


Fonte foto: Festival Cannes website. 


Che ne pensate? Cliccando sul link della fonte trovate anche una gallery contenente: 

- Soggetto del film, dicembre 1962, Archivio Cristaldi.

- Piano di lavorazione del film, Archivio Cristaldi.

- A. Savioli, Germi sferza le leggi e il costume, 'L'Unità', 31 gennaio 1964, Fondo Calendoli.

- P. Bianchi, Sarcasmo e pietà per i tabù, 'Il Giorno', 1 febbraio 1964, Fondo Calendoli.

- A. Savioli, Trionfale accoglienza al film di Pietro Germi, 'L'Unità', 11 maggio 1964, Fondo Calendoli.

- P. Mazars, Séduite et abandonnée, 'Le Figaro Littéraire', 6-12 agosto 1964, Fondo Calendoli.  


A voi la parola! :D

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Ranucci asfalta Renzi

 

𝐄𝐒𝐂𝐋𝐔𝐒𝐈𝐕𝐀: 𝐋𝐀 𝐅𝐎𝐓𝐎 𝐂𝐇𝐄 𝐑𝐈𝐓𝐑𝐀𝐄 𝐑𝐄𝐍𝐙𝐈 𝐒𝐔 𝐔𝐍 𝐕𝐎𝐋𝐎 𝐃𝐈𝐑𝐄𝐓𝐓𝐎 𝐍𝐄𝐆𝐋𝐈 𝐄𝐌𝐈𝐑𝐀𝐓𝐈 𝐀𝐑𝐀𝐁𝐈 𝐔𝐍𝐈𝐓𝐈 𝐍𝐄𝐋 𝐍𝐎𝐕𝐄𝐌𝐁𝐑𝐄 𝐒𝐂𝐎𝐑𝐒𝐎. 



Mentre in Senato si votava per la "tagliola" e veniva affossata la legge Zan, il senatore Matteo Renzi si trovava a Riyad, in Arabia Saudita, per tenere un intervento al Future Investment Initiative (FII). Cosa ha spinto Il leader  di Italia Viva a non partecipare a un voto così importante? L'ex premier è uno dei membri del consiglio consultivo di questa organizzazione finanziata dal fondo sovrano saudita che gli garantisce uno stipendio annuale che può arrivare a circa 80mila euro. 

Lunedì prossimo, #Report tornerà sui viaggi di Matteo #Renzi nei paesi del Golfo, ne ha scoperto un altro fino a oggi sconosciuto che si  è svolto con  volo Emirates nel novembre scorso. 

Cosa sarà andato a fare? 

Lunedì alle 21.20 su Rai3 Report tornerà sui viaggi di Matteo Renzi nei paesi del Golfo.

Sigfrido Ranucci 

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Il gattopardo

 

 



#ClaudiaCardinale durante le riprese de Il gattopardo (1963) di #LuchinoVisconti. 


«Trasferendo in stupende, affascinanti e languide immagini Il Gattopardo, Luchino Visconti è stato sostanzialmente fedele al romanzo. Ma, fedele soprattutto a se stesso, ne ha approfittato per riprendere il discorso interrotto da Senso. Sebbene anche Senso sia un’opera memorabile, ci pare di poter dire che il discorso intrapreso nel Gattopardo è più limpido e coerente. Le immagini, il colore, i paesaggi, gli episodi gustosi e persino qualche macchietta (come quella disegnata con gusto da Romolo Valli nella parte del gesuita amico di casa Salina) non hanno indotto in tentazione il regista.


La linea del racconto si spezza nelle varie vicende, si frantuma in contrasti dialettici, nell’esposizione dei piccoli fatti dell’esperienza di ogni giorno; ma la linea ideologica è inflessibile, acuta come punta di diamante, limpida come una notte di stelle. I problemi dell’Unità nazionale, la difficile saldatura tra il Settentrione di aspirazione e tono europei, il Centro di civilissima ma appartata provincia (basta pensare alle idee politiche del Grande Gioacchino Belli!) e il Mezzogiorno depresso sono affiorati in questo dopoguerra con nuova vivezza. In cento anni molti problemi sono stati elusi; eppure ce li siamo portati dietro (cosa andava a cercare in Africa il siciliano e garibaldino Crispi?) come il cane che si porta dietro la coda.


Il merito ideologico ed artistico del Gattopardo visconteo consiste nell’aver cercato le radici del nostro malessere nazionale senza insistere in prevaricazioni predicatorie. Le idee camminano, la diplomazia cavouriana dà scacco matto alla storia, ma la gente del Risorgimento fa fatica a seguire l’impulso dato da quei tre tipi straordinari. Mazzini muore in disparte, Garibaldi si ritira a Caprera, e Cavour si spegne troppo presto.


È assai singolare la riuscita di un film, dovete convenirlo, che è anche un’opera di storia demistificatrice. Il Gattopardo ha l’andamento di una vicenda dal corso fatale: è un Via col vento di linea italiana, più modulato, più geniale, più autentico, ma altrettanto grato allo spettatore comune di quello hollywoodiano.


Luchino Visconti s’è, in un certo senso, sdoppiato: da una parte troviamo un intellettuale rigoroso, che riflette da artista sugli ultimi cento anni del proprio Paese: dall’altra, appare come un omologo lombardo del Principe di Salina. Un aristocratico che sta dalla parte della gente nuova perché sente che questo è giusto, che tale è il senso della storia, ma non può dimenticare la dolcezza irrevocabile di un certo passato, le maniere cortesi di una volta, quel vivere sereno, in civili agi e intelligenti cortesie, in un privilegio che parecchio sapeva farsi perdonare, perché non si dimenticava della carità e della cultura, almeno nei suoi migliori esemplari. È l’elegia di una civiltà morta; con aggiunto il disagio che ogni persona bennata prova nell’avvertire la rozzezza, il cinismo, la brutalità dei “parvenus”».


Pietro Bianchi, È meglio di Via col vento’, “Il Giorno”, 29 marzo 1963.


Fonte foto: Pinterest.


Che ne pensate di queste parole? :)

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Milano 1947, Piazza del Duomo , un suonatore di violino riceve un offerta da Antonio de Curtis in arte " Totò "



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Grande Emma!

 


Ieri sera Emma Marrone ha aperto così l’esordio live di X-Factor, con parole colme di rabbia e passione civile. 


“Mi dispiace di non poter festeggiare questa sera un passo avanti che aspettavamo e che riguarda tutti noi perché riguarda i diritti di tante persone. Le immagini che abbiamo visto ieri in Senato, quando è stato definitivamente bloccato il percorso del DDL Zan, sono state imbarazzanti e rimarrà una brutta pagina della nostra storia”. 


“Quello che abbiamo visto ieri non è l’Italia che io amo – ha aggiunto Mika – e soprattutto non è l’Italia che mi ha accolto e difeso in questi anni. Ma penso che la fuori c’è l’Italia che è capace di amare ed accogliere. Ed è quell’Italia che io scelgo e voglio continuare a credere”.


E sembrerà poco, ma due artisti con questa visibilità e questo seguito che si spendono per i diritti e l’odio lo vivono sulla propria pelle è un messaggio fondamentale e dimostra, una volta di più la distanza ormai incolmabile tra un Parlamento impresentabile e il Paese. 


Grazie.

Lorenzo Tosa 

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L'arancia meccanica

 


“Ho passato nove mesi con lui, prima di iniziare a girare, guardando film violenti ogni giorno. Erano film davvero orribili: campi di sterminio, corpi in cataste. Pensava di usarli come trattamento, nella sequenza in cui Alex è in terapia.

Per tenere gli occhi aperti così, mi hanno dovuto fare più di una anestesia. Il giorno dopo era come se mi avessero passato carta vetrata sulle pupille. Dopo quella scena sono dovuto stare fermo due settimane per riprendermi e ho dovuto sottopormi anche a delle iniezioni di morfina per il dolore. Ho insomma rischiato di restare cieco. Quel bastardo di #Kubrick, con mio terrore mi ha costretto più tardi a ripetere quella scena perchè gli serviva un primo piano. Era davvero un sadico. Sono convinto che non era certo interessato alla mia persona, ma solo a quello che potevo dargli personalmente. E poi non mi ha mai chiamato dopo le riprese del film".


#MalcolmMcDowell #AranciaMeccanica

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giovedì 28 ottobre 2021

Burt Lancaster & Gina Lollobrigida "Trapeze", 1956



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Rispondi Melona!

 


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Così si fa

 


Questo signore esce tutti i giorni a vendere il suo zucchero filato all'ingresso di una scuola. La cosa divertente è che porta sempre un secchio e dentro il cucciolo che ha salvato dalla strada. Dice che non ha a chi lasciarlo ed è per questo che lo porta con lui tutti i giorni. Questo signore ci dà una lezione: non ci sono scuse per abbandonare un cane ❤

(dal web) 


Seguici su I cani: i nostri Angeli a 4 zampe

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Via i renziani dalla politica

 


Leggo che Letta, finalmente, ha parlato oggi di “sancita rottura di fiducia a tutto campo con italia viva” dopo la vergogna di ieri al Senato sul ddl Zan. Letta ha parlato dei renziani, ma anche di altri: Forza Italia, ma pure quei senatori del Pd che ancora obbediscono a Renzi e non a Letta.


Bene: voglio credere alla tardiva, ma bella, nettezza di Letta. È quello che gli chiedevo poche ore fa in un post atto a ricordargli (per l’ennesima volta) che è ridicolo o indecente cercare Conte e Bersani e contemporaneamente Renzi e Renzenda. Come essere vegani e carnivori. O di qua o di là.


Il Pd, con i renziani, non deve più prenderci neanche un caffè. Su scala nazionale ma pure regionale (ci sono certi personaggi, nella mia Toscana, che nom farebbero i consiglieri neanche alla bocciofila di Chitignano).


Serve risolutezza e nettezza, Letta. Oltretutto, a giudicare da come ti trattò quello lì sette anni fa, sulle scarpe non dovresti avere sassolini ma macigni. Ecco: è tempo (da un bel pezzo) di toglierseli. Tagliando rami secchi, furbetti e lestofanti. Adesso. 


Buon lavoro, buona pulizia, buona ripartenza.


(E al prossimo esponente Pd che riparte con la sega del “vogliamo un’alleanza larga con m5s, Renzi e Renzenda” metto meno alla fondina)

Andrea Scanzi 

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I leghisti talebani

 


Il sindaco della Lega di Terni Leonardo Latini vieta abiti indecorosi per le donne.


Terni, “no all’abbigliamento indecente ed indecoroso”. Bufera sull’ordinanza del sindaco


Ordinanza del primo cittadino contro la prostituzione, proteste: "Chi definisce cosa è indecoroso". La Lega: "Strumentalizzazioni"


TERNI – Alcuni hanno pensato ad uno scherzo, viste le modalità. Ed invece no. Sull’onda di quanto già fatto da altre amministrazioni a matrice leghista, anche Terni vara una ordinanza ‘antiprostituzione’ che vieta di indossare ” abbigliamento indecoroso o indecente o che mostrino nudità”, in alcune specifiche vie del centro ad alto tasso di meretricio notturno.


La cosa ha ovviamente fatto scoppiare una polemica perchè ovviamente la cosa è da ritenersi assolutamente soggettiva: chi definisce quanto è decoroso o indecente un abbigliamento? Una ragazza che gira in top e shorts o con una minigonna molto corta, va automaticamente annoverata fra le persone  a rischio. Attenzione quindi, perchè di fronte a persone così vestite, secondo l’ordinanza è anche vietato ” intrattenersi, con qualsiasi altro atteggiamento o modalità comportamentali, compreso l’abbigliamento, che possano ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione”. Dunque, vietato rivolgere la parola ad una ragazza scollata ed in minigonna, hai visto mai stiate trattando sul prezzo.


Facile pensare quindi, che da qui al 31 gennaio 2022, giorno di scadenza dell’ordinanza, ci possano essere retate il sabato sera a corso Tacito, dove l’abbigliamento “indecoroso” secondo gli standard del sindaco, prolifera.


ORDINANZA ANTIPROSTITUZIONE

La prostituzione? Colpa delle dell’abbigliamento delle donne


Insomma, secondo l’ordinanza del Comune, la soluzione per combattere la prostituzione è quella di vietare alle donne di vestirsi come preferiscono. Sta poi alla discrezione di qualche vigile più o meno bacchettone stabilire se quell’abbigliamento sia allusivo, o meno. Si registra l’intervento di Federica Burgo, vicepresidente di di Terni Valley: “L’ordinanza si riferisce chiaramente al comportamento ma soprattutto all’abbigliamento- dice – niente leggi che perseguono con maggiore intensità gli atteggiamenti inequivocabilmente criminali, niente incremento della vigilanza notturna, nulla di questo genere, nessun intervento fattivo e quantificabile: come sempre, a rimetterci sono le donne, e un ideale di abbigliamento che non solo non è chiaro (sono quindi vietate le gonne? E di quale lunghezza? Sono vietate le scollature, e di quale profondità?), ma va a ledere la libertà individuale in nome di un decoro tanto ridicolo quanto anacronistico. La stessa amministrazione che magari critica ferocemente chi per cultura porta l’hijab. Un’ordinanza del genere sembra girare intorno all’argomento piuttosto che risolverlo, utilizzando per altro tematiche ed espedienti che vorrei vedere superati da chi dovrebbe rappresentarci.”


La replica leghista


Non è un caso che la replica venga dalla Lega: “Tutto potevamo aspettarci tranne che la sinistra ternana insorgesse contro l’ordinanza che punta a contrastare il fenomeno della

prostituzione. Gli strumenti utilizzati sono quelli soliti: la mistificazione dei fatti, la strumentalizzazione, le bugie create ad arte per confondere i cittadini ternani su un’ordinanza fondamentale per il decoro e la sicurezza che la stessa città ci chiede”. “Forse – proseguono i consiglieri comunali-  la sinistra dimentica che dietro al fenomeno della prostituzione ci sono storie tremende di soprusi, di violenze, di sfruttamento che viene perpetrato nei confronti di ragazze anche minorenni. Ci dispiace per la sinistra, ma noi tutto questo non possiamo tollerarlo. Sapere che c’è qualcuno che si oppone all’azione di contrasto della prostituzione è per noi motivo di incredulità, ma anche di grande dispiacere”. La polemica è servita.

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Aspetta e spera...!

 


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Le minacce dei coglioni valgono zero

 


La follia di alcune frange No Green Pass è arrivata a questo: minacciare di decapitare una persona, il sindaco Beppe Sala.


Che da ieri si ritrova il suo numero e i suoi indirizzi personali che girano per le chat di questa gentaglia, la quale ha ovviamente iniziato a minacciarlo pesante. Anche di decapitazione.

 

Siamo ormai oltre la follia. Perché se il dibattito politico sui temi prende questa piega, e si arriva a minacciare di tagliare la testa  qualcuno perché non la pensa come te o perché si lamenta di cortei che stanno davvero creando problemi, vuol dire che qualcosa sta andando storto. E bisogna prendere provvedimenti.


A lui tutta la solidarietà.

Leonardo Cecchi 

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