mercoledì 30 giugno 2021

Dimbi Tubilandu

 

Dimbi Tubilandu (Kinshasa, 15 marzo 1948Kinshasa, 17 giugno 2021[1]) è stato un calciatore della Repubblica Democratica del Congo, di ruolo portiere.[2] 

Dimbi Tubilandu  

Josip Katalinski at World Cup 1974 against Zaire.jpg 

Josip Katalinski realizza la rete del 4-0 per la Jugoslavia contro lo Zaire: Tubilandu è subentrato in porta da qualche secondo al posto di Kazadi



Nazionalità Zaire Zaire
Altezza 165 cm
Peso 67 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Portiere
Termine carriera 1985
Carriera
Squadre di club1
1974Vita Club? (-?)
Nazionale
1974-1985Zaire Zaire? (?)
Palmarès

Coppa Africa.svg Coppa d'Africa
Oro Egitto 1974
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
 

Carriera

Insieme alla Nazionale di calcio della Repubblica Democratica del Congo vince la Coppa d'Africa 1974, successivamente si qualifica e partecipa al campionato del mondo 1974 in qualità di secondo portiere,[3] riserva del titolare Mwamba Kazadi.[3] A differenza della maggior parte dei portieri, non è di altezza elevata, arrivando appena sotto il metro e settanta[3] e fisicamente dimostra un'età inferiore rispetto a quella anagrafica.[3] Nel corso della rassegna tedesca, resta in panchina nella prima partita, persa dallo Zaire contro la Scozia. Fa il suo esordio nella seconda sfida della prima fase a gironi, contro la Jugoslavia, quando il CT Blagoja Vidinić lo inserisce al posto di Kazadi su ordine diretto del dittatore Mobutu[3] dopo venti minuti di gioco:[4] dopo pochi secondi, Josip Katalinski realizza la quarta rete.[3] Tubilandu non riesce a evitare la goleada degli jugoslavi e la sfida finisce 9-0.[3] Nel 1985 è richiamato in nazionale.

Palmarès

Egitto 1974

Note

  1. ^ (FR) Foot-RDC: décès de l’ancien gardien de but des Léopards, Albert Tubilandu, su radiookapi.net, 17 giugno 2021.
  2. ^ (EN) Dimbi Tubilandu, su worldfootball.net. URL consultato il 22 gennaio 2020.

  1. Buffa.
  2. ^ (EN) Yugoslavia 9-0 Zaire, fifa.com.. URL consultato il 30 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 26 febbraio 2019).

Bibliografia

Videografia

  • Federico Ferri, Federico Buffa, Storie Mondiali: Arancia Meccanica (1974), Sky Sport, 2014.

Collegamenti esterni

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Dimbi_Tubilandu

Previti71 

Dimbi Tubilandu

 

Dimbi Tubilandu (1948-2021)

KINSHASA, CONGO - Si è è purtroppo conclusa la meravigliosa favola di Dimbi Tubilandu. Se ricordate avevamo già parlato, in occasione della morte di Ilunga, della mitica partecipazione dello Zaire (l'odierno Congo) ai Mondiali del '74: l'elegante quanto feroce Mobutu, galvanizzato dalla vittoria dei leopardi in Coppa d'Africa, riponeva grandi speranze nella sua nazionale, ma dopo la sconfitta contro la Scozia decise di passare alle maniere forti e minacciò i giocatori di severe punizioni in caso di ulteriori sconfitte.

In questo clima rilassato arrivò lo scontro con la Jugoslavia: dopo che l'imbarazzante portiere titolare, Mwamba Kazadi, riuscì a far entrare ben tre palle nella sua rete nei primi venti minuti della partita, Mbutu in persona ordinò all'allenatore Blagoja Vidinić (anche lui jugoslavo, tra l'altro) di sostituirlo: entrò in scena il piccolo (1.65) Dimbi Tubilandu, che per dare subito sfoggio delle sue capacità prese un gol dopo esattamente dieci secondi. Ma tanto era solo il primo di sei; alla fine il risultato fu un tragico 9 a 0 per i balcanici. Il resto di questa bellissima storia la potete leggere sul necrologio di Mwepu Ilunga. Se volete ammirare le gesta di Tubilandu (le cui capacità sono riassunte in questa bellissima figurina) ecco il video con i gol della partita (ho trovato anche un video della Gialappa's con il riassunto delle tre magiche partite del girone di qualificazione; anche se il portiere lo chiamano sempre Tubilandu, il nostro eroe ha giocato solo la partita contro la Jugoslavia).

link

https://www1.ilmortodelmese.com/2021/06/dimbi-tubilandu-1948-2021.html

Previti71

Douglas Cagas

 

Douglas Cagas (1943-2021)

DIGOS, FILIPPINE - Purtroppo d'ora in poi dovremmo fare a meno di Douglas Cagas, detto Dodo, ex governatore della Provincia di Davao nel Sur, nelle Filippine. Cagas, esponente di spicco del PD delle Filippine, nel 2013 fu incarcerato per essere stato il mandante dell'omicidio del giornalista Nestor Bedolido, ma fu rilasciato nel 2016, tornando a fare il Presidente come se niente fosse, fino a qualche giorno fa, quando il COVID lo ha deposto definitivamente. Al suo posto è subentrato suo figlio, Marc Douglas Cagas IV, che sono sicuro ci regalerà altrettante emozioni. Beh, che vi aspettate da una regione la cui capitale si chiama Digos? E all'improvviso parte un Digos Boogie!
Siamo tutti quanti poliziotti, Digos boogie
siamo cattivi ma sempre giusti, Digos boogie
siamo tutti quanti poliziotti da quattro generazioni
crediamo nella legge che non perdona e che non sbaglia mai.
link

https://www1.ilmortodelmese.com/

Kissinger71

Arte: è morto Allen Midgette, il pittore della Factory di Warhol che recitò per Bertolucci

 20 giu 2021

New York, 20 giu. - L'artista e attore statunitense Allen Midgette, uno dei pittori cresciuti nella Factory di Andy Warhol che lo aveva voluto accanto a sè dopo averlo visto interprete nei primi film di Bernardo Bertolucci, è morto a Woodstock, nello stato di New York, all'età di 82 anni per una malattia cardipolmonare. L'annuncio della scomparsa, avvenuta mercoledì 16 giugno, è stato dato dall'amico scrittore Raymond Foye.

Nato a Camden il 2 febbraio 1939, da giovane Midgette vive a New York dove studia recitazione. Viaggiando in Italia nel 1960 conosce, tramite il pittore americano Bill Morrow, Alberto Moravia, Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini, ed entra nel mondo del cinema, lavorando con diversi registi che gli affidano piccoli parti. Bernardo Bertolucci lo fa recitare nei suoi film, a partire dall'esordio "La commare secca" (1962), dove interpreta il soldato Teodoro, seguito da "Prima della rivoluzione" (1964). Rientrato nel 1965 a New York, Midgette si occupa dell'Arthur, la discoteca di Manhattan, che è il luogo dove incontra Warhol: dopo averlo visto nelle pellicole di Bertolucci, il maestro della Pop Art lo invita nella sua Factory e fare film con lui.

Midgette compare così nelle pellicole d'avanguardia di Wahrol come "The Nude Restaurant" (1967), "****" (1967) e "Lonesome Cowboys" (1968), Nel 1967 Warhol fa tingere d'argento i capelli di Midgette e fa di lui il suo "surrogato" in una serie di eventi-provocazioni dove tiene conferenze come se fosse il suo doppio. Nel frattempo Midgette inizia a dipingere e di pari passo continua a recitare. Nel 1970 compare in "Vento dell'est" che risulta diretto dal Groupe Dziga Vertov, una sigla che cela Jean-Luc Godard. Nello stesso anno torna sul set per "Strategia del ragno" di Bertolucci, che lo dirigerà anche in "Novecento" (1976), dove impersona il vagabondo che scagiona Olmo Dalcò (Gérard Depardieu). In seguito ha recitato in "Caldo soffocante" (1991) di Giovanna Gagliardo.

https://www.lasicilia.it/adnkronos/news/arte_e_morto_allen_midgette_il_pittore_della_factory_di_warhol_che_recito_per_bertolucci-1248800/

Costanzo71

 

 

Giulia Niccolai, riallacciare i fili sottili di cui è fatta la poesia

 


RITRATTI. Scompare a 86 anni la scrittrice e traduttrice, poi monaca buddista. Il suo unico romanzo, «Il grande angolo» del ’66, restituisce le sue molte vite

Giulia Niccolai a Milanopoesia foto di Antonio Ria, si ringrazia Anna Ruchat

In tanti hanno parlato delle due vite di Giulia Niccolai (scomparsa martedì all’età di 86 anni). Lo ha fatto lei stessa nelle diverse scritture incollocabili nelle quali nell’ultimo periodo ha rivisitato la propria esistenza alla ricerca di quei fili sottili che alla vita di ciascuno di noi danno senso (o almeno, così ci pare). In Esoterico biliardo (Archinto 2001) riprendeva un’immagine dell’amico Manganelli, quella degli «spaghi tronchi, non collegati», dei quali «è fatto il mondo». Sostenendo di essere giunta a «riallacciarli» sino a comporre «un continuum»: «la chiave per interpretare tutto ciò che era fino ad allora rimasto in ombra».

IN GENERE, invece, alla nostra vita senso lo possono conferire solo gli altri: per il buon motivo che la fine della vita, a colui che la vive, non è dato viverla. Ma quello di Giulia è un caso particolarissimo. Chi si è avvicinata di più a spiegarlo è stata Cecilia Bello Minciacchi introducendo al suo ultimo libro, Foto & Frisbees (Oèdipus 2016). Alludendo alla cesura nella vita e nella scrittura di Niccolai, l’ictus che nell’85 la conduce ad abbracciare il buddhismo tibetano, nota Cecilia la reintroduzione di quell’«io» che i Novissimi del ’61 tanto avevano predicato di «ridurre». Ma, a differenza che nel minimalismo neocrepuscolare (o massimalismo neodannunziano) di quegli stessi anni Ottanta ideali eterni, che da allora non la smettono di combattere la loro guerra postuma contro gli anni Sessanta, l’Ego di Giulia è «purgato, ha dovuto perdere la sua arroganza».

Specie nella forma poco dopo brevettata, quella dei Frisbees – petis-riens fondati su un’osservazione minima, un calembour, più spesso un «errore» di percezione o espressione –, la poesia di Niccolai si vota a riportare «piccoli eventi quotidiani, marginali, frammenti, lampi, guizzi di un senso subalterno» (così Milli Graffi – curatrice nel 2012 della grande silloge Poemi & Oggetti – scomparsa a sua volta un anno fa). Un esempio perfetto è quello sulla controcopertina di Foto & Frisbees: «Io mi presentavo sempre come / “traduttrice”, se poi mi capitava / di aggiungere: sono anche poeta, / immancabilmente l’interlocutore / mi correggeva: vuoi dire poetessa? / La volta successiva, con un’altra persona, / se dicevo: sono anche poetessa, / venivo comunque corretta con un: / vuoi dire “poeta”? / Insomma, una beffa. / Ora sono monaca».

Anche nella produzione più recente la musa di Giulia resta l’ironia, come ai tempi delle prime raccolte. Ma ora allestisce un micro-set di piccoli o grandi equivoci nei quali lei stessa volentieri si mette in scena. E commenta: «Da giovane invece, non sbagliavo mai». Ecco, chi ha assistito negli ultimi anni alle sue letture (spesso accompagnate dal rintocco allusivo di un microscopico gong, interpunzione scenica suggeritale dall’amica Franca Rovigatti) ha potuto notare come gli «errori» indotti dai postumi dell’ictus facessero ormai parte indissolubile della sua scrittura. In questo modo la tanto perseguita «chiarezza», da lei contrapposta alle ellissi degli anni Sessanta e Settanta, non diventa mai prevedibilità monotona, risaputa litania del senso comune.

C’È SEMPRE UNO SCARTO, una microfrattura del senso che rende i frisbees, spesso, simili a koan: quei brevissimi paradossi zen che si fanno esercizi metodici del dubbio e dell’attesa paziente dell’illuminazione, il satori.
Ma quante sono state, davvero, le vite di Giulia Niccolai? È facile pensare all’incontro (comune anche al sodale Corrado Costa, ai tempi mitici del Mulino di Bazzano) fra spregiudicatezza occidentale e saggezza orientale, o a quello tra raffinatezza europea e vitalità yankee (di madre americana, Giulia ha passato oltreoceano diverse delle sue esperienze-chiave). E forse ha ragione Cecilia Bello: a contare è soprattutto l’«&» al centro del titolo, il supplemento spiazzante che disassa ogni dialettica (poetessa o traduttrice? poetessa o poeta? monaca).

Eppure proprio quest’ultimo titolo menziona le due anime che Giulia non ha mai voluto confondere tra loro: «Foto & Frisbee». Queste le due sponde: la sua prima vita è dominata dall’immagine, la seconda dalla scrittura (a far da cerniera l’unico suo romanzo, Il grande angolo del ’66, che racconta, se così si può dire, appunto il passaggio dall’una all’altra). Non sono mancati da parte sua esperimenti di «poesia visiva», ma se la generazione di Giulia Niccolai è stata quella che con più convinzione ha intrapreso una Expanded Poetry, nel suo caso la poesia è consistita piuttosto in una «contrazione» che l’immagine evoca senza, per lo più, farla propria. La sua è piuttosto un’immagine interdetta, il calco di un’assenza.

Negli anni Cinquanta la giovane Giulia era stata una fotogiornalista di successo: collaboratrice dei primi rotocalchi che, su modelli d’oltre Atlantico, mettevano la fotografia al centro della comunicazione. Dalla Milano bohemienne del Bar Jamaica viene spedita a ritrarre protagonisti della politica, dello spettacolo e dello sport. A metterla in crisi, un incidente di percorso: nel ’60, all’indomani dei suoi trionfi sulle piste dell’Olimpico, Giulia viene spedita da Wilma Rudolph, la fulgida Gazzella Nera; ma trova una ragazza depressa, annichilita dal successo. Mandato il reportage, si sorprende a leggere sulla «Settimana Incom» che «tutto il lavoro era stato purgato e stravolto, e Wilma Rudolph appariva come un’eroina da favola, felice e vincente». La Gazzella morirà cinquantenne, alcolizzata; ma intanto Giulia decide che è venuto il momento di cambiare strada.

TRANNE POCHE ECCEZIONI, sino a poco tempo fa le foto della prima Giulia, per una storia complicata di gelosie e smarrimenti, si credevano perdute per sempre. E invece la giovane Silvia Mazzucchelli, testarda, non ha smesso di cercarle e infine le ha ritrovate; le ha portate a casa di Giulia, e sedute a un tavolo insieme le hanno ripercorse (mi dice Marco Belpoliti che ne era già prevista un’edizione). In un ricordo apparso ieri su «doppiozero» Mazzucchelli ne riporta tre o quattro, di miracolosa freschezza (vi si vedono fra gli altri un Fellini distratto, a Via Veneto, e un Kubrick inquieto mentre lavora alla sceneggiatura di Lolita).

Posso solo immaginare cosa abbia potuto provare, nel rivedere quelle immagini, chi le aveva scattate sessant’anni fa. Le due sponde misteriosamente riavvicinate, gli spaghi della vita all’improvviso riallacciati, il continuum ricomposto. Così era forse inevitabile che il circolo si chiudesse, e il viaggio avesse termine. Ma proprio perché sono state più di una, davvero non è stata una brutta vita la tua, Giulia.

 
https://ilmanifesto.it/giulia-niccolai-riallacciare-i-fili-sottili-di-cui-e-fatta-la-poesia/
 
Dalema71

Cuneo, sale sul rimorchio del trattore: Samuele, 10 anni, muore travolto dal grano

 

Si chiamava Samuele Racca il ragazzino di 10 anni deceduto ieri sera nelle campagne di Sommariva del Bosco, nel Cuneese, durante le operazioni di trebbiatura del grano. Il piccolo era a bordo di un rimorchio adibito alla raccolta del cereale, quando sarebbe stato travolto dal materiale scaricato da una trebbiatrice. Difficile al momento comprendere la causa della morte: soffocamento o schiacciamento, oppure un malore provocato dalle esalazioni del grano stesso.

 

 

Samuele si trovava nella proprietà del nonno, agricoltore della frazione Maniga di Sommariva. Dopo aver dato l'allarme, i medici del 118, intervenuto anche con l'elisoccorso, hanno provato a rianimare il bambino, senza successo. Sulla tragedia indagano i carabinieri e il personale dello Spresal dell'Asl.

 

Il padre di Samuele, Fabio Racca, è musicista e cantante in un'orchestra di liscio piemontese molto nota nella regione, I Roeri. I genitori, sotto choc per l'accaduto, sono stati ricoverati ieri sera in ospedale a Savigliano.

https://www.leggo.it/italia/cronache/samuele_racca_morto_trattore_cuneo_30_giugno_2021-6053182.html

Johnny Solinger, morto l’ex cantante degli Skid Row: aveva chiesto aiuto per le cure ai fan con il crowdfunding

 


L’artista, che aveva preso il posto di Sebastian Bach nel 1999, aveva 55 anni. Nel mese di maggio aveva annunciato di essere affetto da una grave insufficienza epatica

 
Johnny Solinger, morto l'ex cantante degli Skid Row: aveva chiesto aiuto per le cure ai fan con il crowdfunding 

È morto a 55 anni Johnny Solinger, cantante degli Skid Row - hair metal band statunitense - dal 1999 (anno in cui entrò a far parte della formazione in sostituzione dello storico frontman Sebastian Bach) al 2015. È stata la moglie, Paula Marcenaro, ad annunciare la sua scomparsa (avvenuta il 26 giugno) tramite un messaggio pubblicato sul suo profilo Facebook: «Johnny è morto. Gli tenevo la mano. Se ne è andato in pace. Grazie a tutti. Mi prenderò una pausa da tutto, sappi che sarò per sempre grata per il tuo amore».

Il crowdfunding

Nel mese di maggio l’artista era stato ricoverato in ospedale e gli era stata diagnosticata un'insufficienza epatica. Per pagare le cure aveva chiesto aiuto ai suoi fan aprendo un crowdfunding su GoFundMe: «È con il cuore pesante che devo far sapere a tutti cosa sta succedendo a me e alla mia salute - aveva scritto sui social -. Sono stato ricoverato in ospedale per oltre il mese scorso. Mi è stata diagnosticata un'insufficienza epatica. E la prognosi non è così buona. Come la maggior parte dei musicisti non ho un'assicurazione sanitaria ed è molto difficile ricevere cure adeguate senza di essa».

Con la band

Negli anni Duemila Solinger ha inciso diversi album con gli Skid Row, tra cui «Thickskin», «Revolutions Per Minute» e «United World Rebellion». In seguito alla sua uscita dal gruppo nel 2015 il suo posto è stato preso dall'ex cantante dei TNT Tony Harnell. «Siamo rattristati nell’apprendere la notizia - hanno fatto sapere gli altri componenti della band -. I nostri pensieri vanno alla sua famiglia, agli amici e ai fan. Godspeed Singo. Saluta Scrappy (soprannome del defunto nonno di Solinger Willard Jesse «Scrappy» Smith, ndr.) per noi».

 
https://www.corriere.it/spettacoli/21_giugno_28/morto-johnny-solinger-ex-cantante-skid-row-aveva-chiesto-aiuto-le-cure-fan-un-crowdfunding-0084be0e-d7f3-11eb-b949-f9df7b28a0a6.shtml
 

Costanzo71

 
 

 

È SCOMPARSA A ROMA, A 79 ANNI, CLARE PEPLOE, VEDOVA DI BERTOLUCCI

 

IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – È SCOMPARSA OGGI A ROMA, A 79 ANNI, CLARE PEPLOE, VEDOVA DI BERTOLUCCI: NATA NEL SULTANATATO DI ZANZIBAR, LAUREATA ALLA SORBONA, NON ERA SOLO SUA MOGLIE, O LA SORELLA DEL SUO SCENEGGIATORE MARK PEPLOE, MA ANCHE LEI UNA BRAVISSIMA SCENEGGIATRICE, SIA PER LUI SIA PER MICHELANGELO ANTONIONI, E UNA BRAVISSIMA REGISTA DI, PURTROPPO, POCHI MA SOFISTICATISSIMI FILM – SONO ANDATO A RICERCARMI QUALCOSA CHE AVESSE SCRITTO BERTOLUCCI SU DI LEI IN “SCENE MADRI” E MI SONO IMBATTUTO IN QUESTA FRASE: “QUALCHE GIORNO FA, IO E MIA MOGLIE SIAMO ANDATI AL CINEMA, A VEDERE UN…”

 

 

Clare Peploe rip

Marco Giusti per Dagospia

 

clare peploe clare peploe

“Qualche giorno fa”, scriveva Bernardo Bertolucci, “io e mia moglie Clare siamo andati al cinema, a vedere un vecchio Hitchcock del periodo inglese, Murder! Improvvisamente mi sono ricordato che Robert Marshall, il protagonista, era morto e che anche la maggior parte degli attori del film probabilmente oggi non ci sono più.

 

bernardo bertolucci clare peploe bernardo bertolucci clare peploe

Vedo vecchi film molto più spesso che non film nuovi, ma non avevo mai provato questa emozione così disarmante. Forse è stata l’eleganza di Robert Marshall, lo spleen del suo stile, la sua andatura lievemente claudicante, a farmi questo effetto.”

 

rough magic rough magic

Proprio cercando delle osservazioni su sua moglie Clare Peploe, scomparsa oggi a Roma a 79 anni, nata nel sultanatato di Zanzibar, laureata alla Sorbona, che non era solo sua moglie, o la sorella del suo sceneggiatore Mark Peploe, ma anche lei una bravissima sceneggiatrice, sia per lui sia per Michelangelo Antonioni, e una bravissima regista di, purtroppo, pochi ma sofisticatissimi film, “Alta stagione” con Jacqueline Bisset, James Fox e Kenneth Branagh, “Rough Magic” con Bridget Fonda e Russell Crowe, “Il trionfo dell’amore” con Mira Sorvino e Ben Kingsley, sono andato a ricercarmi qualcosa, anche minima, che avesse scritto Bertolucci su di lei in “Scene madri”, il primo e fondamentale libro dedicato al suo cinema, curato da un altro suo amico e collaboratore da tanti anni scomparso, Enzo Ungari.

bernardo bertolucci scene madri bernardo bertolucci scene madri

 

E mi sono subito imbattuto in questa frase che ci riporta intatta la forza del cinema, che Jean Cocteau chiamava la “morte al lavoro” e André Bazin paragonava a “l’arte egizia dell’imbalsamazione”, ma anche della visione di un film che Bertolucci leggeva inesorabilmente come “lo scandalo del cinema che sottrae la vita al suo scorrere”.

 

E’ incredibile come, a tanti anni di distanza e in un periodo così brutalmente dominato dalla morte e dalla continua rilettura di classici e meno classici, l’idea della morte nel fare o vedere cinema ritorni così prepotentemente davanti ai nostri occhi di anziani cinéphiles per parlare della scomparsa di Clare Peploe, che ha fatto quei pochi ma sofisticati film, penso ai due che ho più presenti nel ricordo, il curioso “Rough Magic”, sorta di scherzo wellesiano tratto da un romanzo di James Hadley Chase, e il renoiriano “Il trionfo dell’amore” tratto da Marivaux, scritto insieme a Bertolucci, proprio giocando col trucco e l’illusione di poter sconfiggere la morte.

 

bernardo bertolucci clare peploe 5 bernardo bertolucci clare peploe 5

A ben vedere, e senza scomodare né Hitchcock né Robert Marshall, tutto il cinema scritto e girato da Bertolucci assieme a Clare Peploe, che arrivò al suo cinema direttamente dai set di Antonioni, penso a “Zabrieskie Point”, ma anche a “Professione reporter”, scritto da suo fratello Mark, prendendo il posto, come sceneggiatrice de “La luna” del da poco scomparso e fondamentale montatore e sceneggiatore Kim Arcalli, al quale “La luna” è dedicato, sembra costruito inseguendo la morte al ritmo della morte al lavoro.

 

russel crowe rough magic russel crowe rough magic

Leggo, proprio nel libro che ho citato prima, “Quando pensi che stai facendo l’ultimo film della tua vita ogni sequenza, ogni inquadratura, ogni passaggio diventano l’ultimo gesto che puoi fare in punto di morte. Chi mi sta vicino, se non ne è troppo contagiato, può salvarmi da questo sentimento così totalizzante.

 

Nel caso de La luna il mio tramite con la realtà è stata mia moglie Clare, che, dopo aver preso parte alla sceneggiatura è spesso intervenuta nella regia. Per cui spesso la tastiera (La luna è un musical) è stata suonata a quattro mani.

 

sebastian shaw jaqueline bisset alta stagione sebastian shaw jaqueline bisset alta stagione

 Non rivelerò quali sequenze, a sipario abbassato, è impossibile ricostruirlo. Io tendo a mangiare i miei collaboratori, dopo averli ben nutriti, eppure Clare ha una personalità estremamente complessa e comincio a pensare che per una volta sono stato mangiato io. La madre… la moglie… ricordo che io e Clare ci siamo sposati dieci giorni dopo la fine delle riprese de La luna”.

 

Questo trionfo dell’amore, questo lieto fine che scaccia l’idea della morte così presente sia ne La luna sia in moltissimi altri film di Bertolucci, gli permetterà di attraversare sia gli anni dei suoi grandi trionfi internazionali, pensiamo solo a “L’ultimo imperatore”, a “Il tè nel deserto”, a “Piccolo Budda”, tutti scritti da Mark Peploe, che diventerà di fatto il suo principale collaboratore alla sceneggiatura, sia, più tardi, gli anni più bui della malattia.

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Con Clare si ritroveranno per la sceneggiatura del più piccolo “L’assedio” e per la costruzione, Bertolucci produttore, cosceneggiatore, de “Il trionfo dell’amore”. Che ora mi piacerebbe tanto rivedere.

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https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/necrologio-giusti-ndash-nbsp-scomparsa-oggi-roma-79-274574.htm

Costanzo71

 


 

martedì 29 giugno 2021

Kimura lock

 

La Kimura lock è una mossa di sottomissione usata nel ju jitsu brasiliano e nel pro-wrestling, resa famosa in quest'ultima dal lottatore Brock Lesnar, fu inventata nel 1935 dal judoka giapponese Masahiko Kimura e mostrata in molti film di arti marziali e MMA.

Esecuzione

La Kimura lock si "chiude" portando il proprio braccio sinistro sulla spalla del braccio destro avversario facendolo passare sotto il gomito dello stesso braccio; col braccio destro bisogna afferrare il polso destro avversario e finalizzare la mossa mantenendo il vostro braccio sinistro con il vostro avambraccio destro e tirare l'arto avversario verso l'alto.

Ci sono vari modi per eseguire questa mossa, la si può fare da sdraiati, mantenendo il corpo dell'avversario con le gambe evitando di perdere la presa, oppure in piedi mettendo la testa dell'avversario sotto il vostro braccio destro. 

Neil Melanson blocca una persona usando la Kimura lock

Effetti

La Kimura lock è una mossa molto potente quanto facile da eseguire, gli effetti che comporta per l'avversario è un forte dolore alle ossa perché la cartilagine della spalla e i muscoli iniziano a contrarsi in maniera dannosa e se accompagnata da bruschi movimenti verso l'alto i muscoli e/o la cartilagine possono strapparsi oppure rompere direttamente la giuntura tra la clavicola e il braccio.

https://it.wikipedia.org/wiki/Kimura_lock

Putin71 

Masahiko Kimura

 

Masahiko Kimura (木村 政彦 Kimura Masahiko?; Kumamoto, 10 settembre 191718 aprile 1993) è stato un judoka e wrestler giapponese, ritenuto uno dei più grandi di tutti i tempi.[1][2] 

Masahiko Kimura  

Masahiko Kimura (1917-1993).jpg 

Nazionalità Giappone Giappone
Altezza 170 cm
Peso 85 kg
Judo Judo pictogram.svg
 

Biografia

Kimura inizia a praticare Judo all'età di dieci anni. Riceve il quarto dan a sedici anni e il quinto a diciotto, diventando così il più giovane godan di sempre.

Nel 1935 vince il suo primo titolo, gli All-Japan Collegiate Championships: in questo periodo subisce le sue uniche sconfitte (contro Miyajima, Abe, Osawa e Yamamoto), che se da un lato ne minano il morale fino a fargli meditare il ritiro dall'altro lo spingono a migliorarsi sottoponendosi a pesantissimi allenamenti.[3] Nei tredici anni successivi rimarrà imbattuto.

Nel 1940 vince uno speciale torneo, il Ten-Ran Shiai, in presenza dell'imperatore giapponese Hirohito, e in finale sconfigge Ishikawa in soli 42 secondi. Nel 1949, all'età di trentadue anni, compete per l'ultima volta agli All-Japan Championships e in finale incontra nuovamente Takahiko Ishikawa: al termine del lungo incontro, Kyūzō Mifune (decimo dan ed arbitro dell'incontro) decreta la parità.

Nel 1950 lascia il Judo sportivo e diventa un judoka e wrestler professionale; in seguito a questa decisione incontra il lottatore professionista Rikidōzan: secondo Kimura il match sarebbe dovuto terminare con il risultato concordato di pareggio e vi sarebbe stata una serie di re-match, ma contrariamente agli accordi Rikidōzan colpì ripetutamente Kimura fino al KO. Nel 2004 un film coreano ha ripercorso l'evento.[4]

Nel 1951 incontra Hélio Gracie, all'epoca il maggior esponente della scuola brasiliana di Jiu jitsu, in un match che avrebbe avuto termine solo con la sottomissione dell'avversario: Gracie riuscì a resistere per tredici minuti, ma dovette comunque alla fine soccombere. La tecnica usata per battere Gracie, gyaku ude garami, venne poi ribattezzata "Kimura" dai praticanti di BJJ.

Nel 1959, nel corso del suo ultimo tour di Judo/Wrestling professionale, viene sfidato da Valdemar Santana, campione di Gracie Jiu jitsu, Capoeira e pugilato, all'epoca più giovane di Kimura di quindici anni e molto più alto e pesante: l'incontro dura quaranta minuti e termina in parità, con i combattenti esausti[3].

Ritiratosi dal pro wrestling, Kimura torna ad insegnare Judo e tra i suoi allievi più vincenti si segnalano il canadese Douglas Rogers (medaglia d'argento ai giochi olimpici di Tokyo), Masaki Nishimura (bronzo nel 1972 a Monaco) e Kaneo Iwatsuri (campione agli All-Japan).

Il suo grado nel Judo fu sospeso dal Kodokan dopo il suo passaggio al pro wrestling, dopo essersi rifiutato di riconsegnare il vessillo degli All Japan Judo Championship e dopo aver rilasciato dan in Brasile.[3]

Muore all'età di 75 anni il 18 aprile 1993.

Palmarès

  • All-Japan Collegiate Championships (1935)
  • Settimi All Japan Judo Championship (1937)
  • Ottavi All Japan Judo Championship (1938)
  • Noni All Japan Judo Championship (1939)
  • Torneo Ten-Ran Shiai (1940)
  • 1947 West Japan Judo Championship
  • 1949 All Japan Judo Championship

Nei media

Note

  1. ^ (EN) Japanese Athletes, su cbc.ca, 15 novembre 2006. URL consultato il 18 maggio 2010.
  2. ^ (EN) The Man Who Defeated Helio Gracie, su judoinfo.com. URL consultato il 18 maggio 2010.

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Collegamenti esterni

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Masahiko_Kimura

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Masutatsu Ōyama

 

Masutatsu Ōyama (大山倍達 Ōyama Masutatsu; Gimje, 27 luglio 1923Tokyo, 26 aprile 1994) è stato un karateka e scrittore giapponese. Conosciuto come Mas Oyama e fondatore del Kyokushinkai, il primo e probabilmente il più influente stile del full contact karate.

Nato come Choi Yeong-eui (최영의; 崔永宜), preferiva essere chiamato Choi Bae-dal (최배달; 崔倍達)[1] per indicare la sua etnia coreana. Un Zainichi Korean, ha vissuto gran parte della sua vita in Giappone e successivamente è diventato cittadino giapponese. 

Masutatsu Ōyama  

Masutatsu Oyama being trained.jpg

Masutatsu Ōyama nel 1951



Nazionalità Corea del Sud Corea del Sud
Karate Karate icon.svg
Ranking Fondatore del Kyokushinkaiº
 

Biografia

Oyama nacque a Gimje, in quella che oggi è la Corea del Sud, all'epoca giapponese. I suoi genitori erano Yanban, (nobili), della regione in cui nacque.[2] Da ragazzino fu inviato in Manciuria a vivere nella fattoria della sorella. Oyama iniziò a studiare le arti marziali all'età di 9 anni da un coreano che lavorava presso la fattoria. Nell'edizione del suo libro del 1963, intitolata "Cos'è il Karate?" (le prime edizioni furono pubblicate nel 1958 -1962), Oyama non menziona la permanenza alla fattoria o gli allenamenti nelle arti marziali iniziati a 9 anni. Afferma invece di avere appreso la boxe da suo fratello maggiore, preoccupato per la sua debolezza.

Nel 1937, durante la Guerra sino-giapponese, la Corea arruolò i primi aviatori ("Shin"). Nel 1938, Oyama lasciò la Corea e si trasferì in Giappone, ove entrò nella scuola imperiale di aviazione, inseguendo il sogno di divenire a sua volta uno shin.

Nel 1945, al termine della Seconda Guerra Mondiale, Oyama si trasferì a Tokyo dove però attraversò mesi difficili a causa della chiusura dei giapponesi nei confronti degli stranieri. Come ebbe a ricordare lo stesso Oyama "Compresi presto che ero solo un coreano non desiderato. Nessuno mi avrebbe affittato una stanza."[2]. La svolta si ebbe solo quando incontrò la sua futura moglie la cui madre era proprietaria di un dormitorio per studenti.
Nel 1946, Oyama figura tra gli iscritti dell'Università di Waseda. È qui che approccia formalmente al karate, mentre cerca un'attività per lui più realizzativa del judo e del pugilato: "A scuola, studiai pugilato e judo. Un giorno, mentre guardai un allenamento di alcuni studenti di una classe di Karate, ne rimasi colpito. Sentii molta misticità nelle tecniche e nello spirito, diversamente dal pugilato e dal judo."[2]. Oyama entra così del dojo Shotokan di Gigō Funakoshi, figlio del fondatore dello stile, Gichin Funakoshi. Anche qui, però, i contatti con gli altri giapponesi sono freddi: il coreano Oyama si allena in solitudine"[2]. Lasciata la Waseda per l'Università Takushoku dove viene accettato nel dojo shotokan dello stesso Gichin Funakoshi. Dopo due anni di studio presso Funakoshi, Oyama inizia a studiare lo stile Gōjū-ryū insieme ad un altro esule coreano, So Nei Chu, allievo diretto del fondatore dello stile, Chōjun Miyagi.

Sono anni turbolenti, per il giovane Oyama. Da ex pilota, nutre un'avversione viscerale nei confronti della forza d'occupazione US Army. La notte, gira per le strade cercando la rissa con le pattuglie americane. Si unisce poi ad un gruppo politico semi-clandestino interessato agli sviluppi delle tensioni politiche tra USA e URSS che sta portando, nel 1948, alla divisione della Corea in due entità politiche separate.

Fondazione del Kyokushin

Nel 1953, Oyama aprì a Tokyo un suo dojo di karate chiamandolo "Oyama Dojo" continuando comunque a viaggiare per il Giappone e per il mondo, dando dimostrazioni, inclusi i famosi combattimenti nei quali metteva K.O dei tori con le proprie mani per un totale di 52 di cui 3 uccidendoli, ed altre in cui frantumava 30 tegole con un colpo solo. Il suo primo dojo fu dislocato fuori Tokyo, in un'area vuota e in seguito, nel 1956, diventò una scuola di balletto. L'"Oyama" sviluppò la reputazione di essere uno stile duro, difficile, intenso nel quale si colpiva forte e finalmente, in una cerimonia del 1957, fu nominato "kyokushin". Nel corso degli anni sviluppò la fama di essere un maestro anche troppo rude in quanto spesso feriva i propri studenti durante le sessioni di allenamento. Come crebbe la reputazione del dojo molti allievi furono attirati ad iscriversi sia dal Giappone che da altre parti ed il numero degli allievi crebbe notevolmente.

Gli ultimi anni

Prima di morire, Oyama costituì a Tokyo la sede centrale dell'International Karate Organization, Kyokushinkai, una delle prime associazioni mondiali di arti marziali, ramificata in più di 120 paesi, con oltre 10 milioni di membri registrati. In Giappone, furono scritti molti libri da e su di lui, diversi film illustrarono la sua interessante vita, e i comic books narrarono molte delle sue avventure.

Oyama morì all'età di 70 anni, il 26 aprile 1994, di tumore ai polmoni.

Nella cultura di massa

Libri

Note

  1. ^ (KO) 최영의는 싸움꾼이 아니라 진정한 무술인 Choi Yeong-eui non era un combattente ma un vero artista marziale, su ohmynews.com. URL consultato il 20 gennaio 2007. Interview with his son

  1. Oyama, 1963, What is Karate, Japan Publications Trading Company

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