© AP Photo / Hoshang Hashimi
Sparatorie,
attacchi terroristici, imboscate sulle autostrade: con il ritiro dei
contingenti NATO dall’Afghanistan la situazione nel Paese è peggiorata
in maniera sensibile.
I
talebani, che gli americani non sono riusciti a neutralizzare in 20
anni di presenza, stanno riacquisendo forza. Oggi l’organizzazione
estremista controlla buona parte del Paese e sta acquisendo sempre più
influenza sulle nazioni vicine.
Attacchi armati
Si
ricordi che gli USA e i loro alleati hanno cominciato il ritiro delle
proprie truppe dall’Afghanistan il primo maggio. I contingenti stranieri
dovranno abbandonare definitivamente il Paese entro l’11 settembre
2021, ossia in occasione del ventesimo anniversario dell’attacco
terroristico alle Torri gemelle che segnò l’inizio della lotta
statunitense al terrorismo.
Il
presidente USA Joe Biden sottolinea che questo processo non subirà
accelerazioni e minaccia i talebani di una risposta ferma qualora i
combattenti tentino di generare una escalation della situazione
nel Paese. Tuttavia, questa minaccia non ha sortito alcun effetto tra
gli estremisti che già da alcune settimane stanno attaccando le forze
governative e hanno ripreso le operazioni belliche in buona parte
dell’Afghanistan.
I
talebani hanno occupato estesi territori rurali, hanno attaccato le
grandi città. L’11 giugno hanno attaccato centri urbani nella provincia
di Ghowr. In esito all’incursione i banditi hanno ucciso 20 gendarmi e
ne hanno feriti altrettanti. Stando ai media afghani, dopo i
combattimenti il luogo è passato interamente sotto il contro degli
estremisti.
A
metà mese i talebani sono riusciti ad occupare senza combattere una
base dell’esercito afghano nella provincia di Sar-e Pol. Hanno preso
possesso di 20 fuoristrada HMMWV, 50 camion dell’esercito, 30 pickup,
circa 300 fucili d’assalto M-16 e alcune tonnellate di munizioni.
Secondo i media locali, i soldati preventivamente avvertiti dell’attacco
estremista avrebbero deciso di abbandonare le proprie posizioni per non
rischiare uno scontro con il nemico.
Infatti,
chi cerca di resistere viene annientato senza pietà dai talebani. Il 16
giugno nella provincia di Ghazni i talebani hanno colpito con un
lanciagranate un elicottero UH-60 Black Hawk delle Forze armate afghane.
Il
mezzo danneggiato è riuscito a volare fino all’aeroporto dove ha
effettuato un atterraggio di emergenza, ma con ogni probabilmente è
ormai fuori uso. Da inizio anno l’Aviazione militare afghana ha perso
per colpa del fuoco nemico almeno 7 elicotteri, di cui 2 UH-60, di
origine americana.
Anche le truppe governative attacco periodicamente, ma si tratta il più delle volte di operazioni spot.
Il
15 giugno le forse di difesa e sicurezza afghane hanno riferito di aver
neutralizzato oltre 160 talebani e di aver ferito oltre 100
combattenti. Sono state effettuate operazioni antiterroristiche nelle
province di Konduz, Ghazni, Herat, Helmand, Ghowr, Nangarhar, Vardak e
Badakhshan.
Purtroppo,
però, queste incursioni non sono che una goccia nel mare. Infatti,
senza il supporto dei contingenti stranieri Kabul può ben poco rispetto
alle orde di combattenti. Forti della superiorità numerica e della
conoscenza del territorio, i terroristi ogni volta attaccano là dove
l’esercito non se lo aspetta.
Regione esplosiva
Dopo
il ritiro delle truppe sovietiche il Paese diventò ben presto il
principale produttore mondiale di eroina. Il ritiro delle truppe
americane, invece, introduce il rischio che si prefiguri un altro
problema: la esplosiva diffusione del terrorismo nei Paesi vicini.
Del
resto, i talebani non sono di certo delle persone moderate. Nei
territori sotto il loro controllo hanno adottato un modello basato sulla
sharia. Hanno messo al bando la televisione, la musica, gli strumenti
musicali, l’arte figurativa, l’alcol, i computer, gli scacchi, le scarpe
bianche e molto altro. I monumenti non islamici dislocati in
Afghanistan vengono distrutti in linea con queste disposizioni.
Nel
complesso la situazione ricorda molto gli eventi verificatisi in Siria
all’inizio degli anni 2010 quando i combattenti dell’ISIS in pochi anni
occuparono più della metà del Paese ed “fecero entrare le metastasi” nei
Paesi vicini. Proprio come i criminali dello Stato islamico, anche i
talebani fanno attivamente propaganda e spingono i militari avversari a
passare dalla loro parte. Non di rado fanno questo passo non solo
singoli soldati, ma intere divisioni. Il governo afghano sostiene che si
riprenderà dai talebani le zone perdute e che non consentirà di perdere
il controllo su posizioni chiave. Tuttavia, l’esercito non ha ancora
conseguito risultati tangibili.
La
situazione è poi aggravata dal fatto che in Afghanistan si sono
stanziati molti combattenti dello Stato islamico sconfitti in
Medioriente. Queste figure non riconoscono i confini stabiliti dalle
autorità laiche. Dopo il ritiro di USA e NATO il flusso di emissari
arruolati si spinge nelle nazioni vicine e sta schizzando alle stelle il
narcotraffico e il contrabbando di armi.
Naturalmente, questa situazione non può che preoccupare la Russia. A
fine aprile il ministro della Difesa Sergey Shoygu ha incontrato il
collega tagiko Sherali Mirzo e ha dichiarato che Mosca e Dushanbé
intendono contrastare di concerto qualsiasi eventuale minaccia
proveniente dall’Afghanistan e ha riconosciuto che la situazione nel
Paese sta sfuggendo di mano.
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