sabato 26 giugno 2021

Afghanistan: non si ferma l’offensiva dei talebani

 

In Afghanistan, intensi combattimenti nella provincia settentrionale di Kunduz hanno provocato la morte di almeno 28 civili e il ferimento di circa 290 persone nell’arco di tre giorni. Lo hanno riferito alcuni membri del personale medico afghano, tra cui il capo dell’ospedale provinciale di Kunduz, Ehsanullah Fazli. Quest’ultimo ha confermato che, da martedì 22 giugno, centinaia di pazienti sono arrivati nei due ospedali locali della provincia. La stragrande maggioranza di loro erano bambini, donne e anziani.

“La guerra è ancora in corso nella città di Kunduz e il bilancio delle vittime aumenterà”, ha dichiarato Fazli. Nell’ultimo periodo, i combattimenti sono peggiorati soprattutto nel Nord dell’Afghanistan, dove i talebani stanno conducendo un’ondata di offensive, spostandosi oltre le loro roccaforti meridionali. Da quando gli Stati Uniti hanno annunciato, il 14 aprile, l’intenzione di ritirare le proprie truppe, senza condizioni, entro l’11 settembre, dopo quasi 20 anni di conflitto, la violenza è aumentata in tutto il Paese e i ribelli cercano di guadagnare territorio. I colloqui di pace di Doha sono ormai praticamente in stallo, anche se, negli ultimi giorni, ci sono stati incontri frequenti tra le delegazioni e i talebani hanno confermato di essere impegnati nei negoziati.

I ribelli islamisti hanno preso il controllo di più di 50 dei 370 distretti del Paese e si stanno impegnando per conquistare i capoluoghi di provincia, mentre la nazione continua a rimanere instabile e gli analisti temono il rischio di una guerra civile tra gruppi locali che hanno imbracciato le armi. Giovedì 24 giugno, altri 6 centri distrettuali sono caduti sotto il controllo dei talebani. Si tratta di due distretti (Qaramqul e Grezwan) a Faryab, il distretto di Charcheno a Uruzgan, Tala wa Barfak a Baghlan, Arza a Logar e il distretto di Qarabagh nella provincia di Ghazni. La maggior parte dei distretti catturati sono adiacenti ai capoluoghi di provincia, il che suggerisce che questi potrebbero essere attaccati una volta che le forze straniere si saranno completamente ritirate.

Il presidente afghano, Ashraf Ghani, è arrivato a Washington giovedì con il suo ex rivale e alto funzionario di pace afghano, Abdullah Abdullah, per incontrare il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e discutere del ritiro delle truppe statunitensi. Nella stessa giornata, circa 130 combattenti talebani si sono arresi, anche grazie all’aiuto degli anziani tribali, nella provincia occidentale di Herat. “Si sono resi conto che la guerra dei talebani con il governo afghano era illegittima”, ha dichiarato il governatore di Herat, Abdul Sabur Qani, durante un evento per celebrare l’accaduto. Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha asserito, in risposta al governo, che quei 130 uomini non appartenevano al gruppo e ha definito la cerimonia “una propaganda”. Secondo i funzionari afghani, gli uomini, che si sono uniti al processo di pace, erano attivi nel distretto di Zer-e-Koh. Mardan Noorzai, leader del gruppo, ha affermato che “con il ritiro delle forze straniere dal Paese, il tempo del Jihad è finito e non ha più senso combattere i militari del Paese”. Sabur Qani ha sottolineato che questa decisione renderà più stabili i distretti di Zer-e-Koh e Shindand e ha specificato che i talebani che hanno rinunciato alla battaglia verranno utilizzati a sostegno dei membri delle forze di sicurezza afghani. 

La Rappresentante Speciale per l’Afghanistan del Segretario generale e capa dell’UNAMA, la missione di assistenza dell’ONU nel Paese, Deborah Lyons, durante un briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, martedì 22 giugno, ha affermato che “l’intensa campagna militare”, recentemente ripresa dai talebani, porterà a continue violenze nella nazione e ha ribadito che qualsiasi tentativo di installare con la forza un governo a Kabul andrà contro l’interesse di tutti. Lyons ha specificato poi che “la violenza prolungata estenderà la sofferenza del popolo afghano e minaccerà di distruggere gran parte di ciò che è stato costruito e conquistato a fatica negli ultimi due decenni”. “Questa campagna militare è in diretto contrasto con le recenti dichiarazioni del capo della Commissione politica dei talebani, il quale ha detto: ‘Ci impegniamo ad andare avanti con le altre parti in un’atmosfera di rispetto reciproco per raggiungere un accordo'”, ha osservato Lyons.

L’Afghanistan ha vissuto decenni di conflitti e violenze, prima con l’invasione sovietica, poi con le lotte interne e la presa del potere dei talebani e successivamente con una sanguinosa guerra civile e l’aumento della minaccia terroristica. Nel 2001, dopo gli attentati dell’11 settembre, gli Stati Uniti hanno invaso il Paese, accusato di essere la base logistica dalla quale al-Qaeda aveva pianificato gli attacchi contro gli USA e il luogo dove si era a lungo nascosto il leader dell’organizzazione, Osama bin Laden, sotto la protezione dei talebani. Dopo quasi due decenni di conflitto, un’importante svolta diplomatica era arrivata con l’accordo di pace tra gli Stati Uniti e i talebani, firmato il 29 febbraio 2020. Questo prevedeva, tra le altre cose, una tabella di marcia verso la pace, la fine dei rapporti tra talebani ed al-Qaeda, la cessazione delle offensive contro i grandi centri urbani e il ritiro delle truppe straniere. Tuttavia, l’intesa è stata violata da entrambe le parti e non ha messo fine alle violenze, che sono aumentate durante e dopo le negoziazioni. 


Chiara Gentili

https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/06/25/afghanistan-non-si-ferma-loffensiva-dei-talebani/

Bush71

Nessun commento:

Posta un commento