domenica 26 ottobre 2014

VECCHIETTE TERRIBILI – ROSITA MISSONI VIENE NOMINATA CAVALIERE DA RE GIORGIO 21 ANNI DOPO IL MARITO E DICE: “MA IO LAVORAVO PIÙ DI OTTAVIO” – “MI DICEVA SEMPRE: PERCHÉ DEVO ALZARMI ALLE 8 SE IO MI SVEGLIO A MEZZOGIORNO?”

La vedova dello stilista ricorda gli inizi in America, quando i coniugi Missoni stringevano accordi commerciali senza neppure portarsi dietro un avvocato. Tra i nuovi cavalieri del Lavoro ci sono anche Claudio Del Vecchio, figlio di Leonardo e amministratore di Brooks Brothers, e Simonetta Stronati, ad del marchio per bambini “Simonetta”…

Davanti agli studenti della Statale di Milano, Rosita Missoni, 83 anni che nessuno le darebbe mai, l’altro mercoledì aveva fatto anche dell’ironia — non polemica, da gran dama della moda italiana qual è. «Lo aveva già detto Ottavio vent’anni fa: “Dovevate nominare cavaliere del lavoro la Rosita, non me”. Lui con il lavoro ha sempre avuto un rapporto un po’ particolare. Insomma, da creativo. Ripeteva: non capisco perché mi debbo alzare alle otto quando non mi sveglio prima di mezzogiorno», lasciando intendere che quella che si è sempre sporcata di più le mani in azienda, alla Missoni ora a Sumirago, in provincia di Varese, che hanno fondato insieme nel 1953, è stata lei, non lui.

Ieri, ventuno anni dopo la nomina a cavaliere del lavoro conferita al marito — era il 1993, Ottavio Missoni è morto nel maggio del 2013, a 92 anni — è arrivato finalmente il suo turno. Rosita Jelmini Missoni è una delle sette donne insignite al Quirinale dal presidente Napolitano. Moda, arredo e meccanica fra i settori più rappresentati in questo giro di nomine. Ci sono, fra gli altri, Giancarlo Dani del Gruppo Dani, fornitore di pellami di alta qualità, Claudio Del Vecchio, figlio del patron di Luxottica, presidente e amministratore delegato di Brooks Brothers, Simonetta Stronati, ad del marchio di abbigliamento per bambini Simonetta, Patrizia Moroso, dell’omonima azienda di design.

«All’estero ogni volta che ci hanno premiato, e sono state tante, c’era un premio per Ottavio e uno per me. In Italia, no: tutto solo per lui», aveva continuato la signora nella lezione ai ragazzi, trascinando l’uditorio in una risata collettiva.

Una storia da manuale, quella dei Missoni, tanto da diventare materia di insegnamento per il corso di «Editoria, culture della comunicazione e della moda» dell’Università di Milano. Dall’incontro a New York all’inizio degli Anni Settanta con la mitica giornalista Diana Vreeland («guardate bene questi due, disse alle sue assistenti indicando me e Ottavio, perché sono due geni»), alle collezioni che via via si sono succedute e che hanno creato uno stile personalissimo, quello zig zag nella maglia che equivale a una firma.

«Eravamo così ingenui in quegli anni. Ricordo che sta-vamo stringendo un accordo commerciale e la nostra controparte americana ci chiese: quando possiamo incontrare i vostri avvocati? Ci siamo messi a ridere: io e Ottavio non sapevamo neppure che esistessero gli studi legali per queste cose. Facevamo tutto noi e a volte ce ne siamo anche pentiti».

Ma Missoni è un caso da manuale anche per il modo in cui ha risolto la questione del passaggio generazionale. «Quando mia figlia Angela, dopo una serie di belle collezioni prodotte con il suo nome, ha deciso di essere pronta per assumersi la responsabilità della prima linea, io ho fatto un passo indietro — riprende la signora —. La moda è un mestiere devastante: devi uscire, stare con le persone, la mia vita non corrispondeva più a quelle richieste». Ora segue la linea casa di Missoni. E la sua famiglia. Ieri, con lei a Roma, c’erano Angela e i nipoti Teresa, Francesco e Ottavio junior.


Alessandro in Lotta

Alessandro Verga

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