APPALTI ALL’AMATRICIANA – NELL’INCHIESTA SULLA ROMANA GESCONET SPUNTA UN TESTIMONE CHE PARLA DI TANGENTI AI POLITICI – TROVATO UN COMPUTER CON LA CONTABILITÀ PARALLELA – AL SETACCIO DECINE DI CONTI ESTERI
Il consorzio Gesconet, che fa capo a Pierino Tulli, ha un sacco di appalti con enti pubblici come la Camera dei deputati, la Regione Piemonte, le Poste e alcune Province. Un dipendente della società collabora con i magistrati di Roma e fa tremare decine di funzionari e politici…
Ha confermato l’esistenza di una contabilità parallela a quella ufficiale rivelando la vera causale dei pagamenti in nero. E così ha contribuito a svelare il sistema delle mazzette che per anni avrebbe consentito al Consorzio Gesconet di accaparrarsi decine e decine di appalti pubblici.
È un dipendente della società che fa capo a Pierino Tulli, la persona che collabora con i magistrati romani e fa tremare funzionari e politici. Di fronte alla lista di istituzioni e versamenti estratta dal computer custodito in una cassaforte, non ha potuto negare le evidenze. Ed è diventato il testimone chiave dell’indagine avviata dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dai sostituti Mario Dovinola e Paola Filippi per accertare l’entità dell’evasione fiscale del Consorzio, ma diventata il grimaldello per scoprire il versamento di tangenti per decine di milioni di euro.
La svolta è arrivata circa un anno e mezzo fa quando gli investigatori del Nucleo valutario della Guardia di Finanza hanno esaminato i file di un computer che era stato nascosto nella cassaforte della Gesconet e portato via nel corso delle perquisizioni ordinate qualche settimana prima.
Il documento contiene un lungo elenco di enti pubblici con accanto alcune cifre. Un vero e proprio brogliaccio diviso per anni che — questo ha confermato il testimone — contempla esclusivamente pagamenti in contanti. A questo punto gli specialisti guidati dal generale Giuseppe Bottillo hanno cominciato a ricostruire la corrispondenza tra i versamenti effettuati e gli appalti ottenuti dal Consorzio, proprio per quantificare l’entità delle elargizioni. Soprattutto per ricostruire a chi fosse stato affidato il compito di gestire i rapporti illeciti con i funzionari delegati alle gare e con i politici che avrebbero fornito il via libera all’assegnazione dell’incarico. E hanno scoperto, tra l’altro, la creazione di «fondi neri» da utilizzare come provvista per soddisfare le richieste di chi doveva scegliere le ditte.
La Gesconet agisce da anni in una sorta di regime monopolistico per quanto riguarda gli appalti nel settore dei traslochi, del facchinaggio, la gestione di tutti i servizi della pubblica amministrazione come richiesto dalla Regione Piemonte, dalla Camera dei deputati, dalle Poste o da alcune Province, fino alle attività di portierato o alla consegna di plichi e raccomandate e addirittura allo sgombero degli stabili occupati, come è accaduto per il Comune di Roma.
Lo schema ricostruito di fronte ai magistrati sembra prevedere almeno un referente in ogni ente e un sistema di relazioni politiche per l’avvio delle procedure di gara. Naturalmente agevolate dal versamento di soldi e utilità a chi si occupava di gestire la pratica fino alla firma del contratto.
Adesso ci si concentra sul percorso dei soldi. La contestazione di evasione fiscale per oltre un miliardo e mezzo di euro che due giorni fa ha fatto scattare sessanta perquisizioni in tutta Italia ha già consentito di rintracciare decine di conti correnti aperti presso banche e fiduciarie di San Marino e Lussemburgo oltre a gioielli, titoli e denaro contante.
Ora si va avanti. Tra le figure chiave per il trasferimento del denaro all’estero sembra emergere quella del commercialista Bruno Capone che avrebbe gestito per conto di Tulli conti nelle Virgin Island e a Singapore. Le verifiche in corso dovranno accertare se quelle provviste fossero destinate soltanto agli amministratori del Consorzio Gesconet o se invece siano servite anche a pagare le mazzette.
Alessandro Verga
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