Maurizio Blondet 28 Marzo 2012
L’assassino della scuola ebraica di Toulouse, e probabilmente di tre soldati francesi, possedeva 8 (otto) armi da fuoco, fra cui un Uzi, un fucile a pompa e una Colt .45. Legalmente. Ora, detenere armi registrate in Francia è molto difficile. Se per giunta sei una persona che già da adolescente ha accumulato 15 condanne, la cosa appare inverosimile. Ottenere un porto d’armi quando sei nella liste americane e francesi di sospetti terroristi, le cui autorità sono al corrente che sei stato in un campo d’addestramento in Afghanistan, diventa un racconto fantasy.Mohammed Merah aveva viaggiato in Israele nel settembre 2010, prima di recarsi in Afghanistan. Passò da un posto di frontiera israeliano sul confine giordano, uno con il suo curriculum, come niente fosse. La cosa è confermata da Haaretz che ha parlato con gente dello Shin Bet (Merah était-il un informateur des services de renseignements?).
Il nostro quotidiano neocon, Il Foglio, sostiene che il defunto Merah era un informatore dei servizi francesi, DGSE.
Chiunque possieda una pistola sa quanto costa il porto d’armi in tassa annuale, senza contare il costo dell’arma stessa più IVA. Merah doveva aver pagato caro il diritto legale di possedere 8 armi da fuoco. Ma non aveva problemi economici: aveva almeno due appartamenti. Chissà da dove venivano i quattrini?
Ripercorriamo la cronologia. Il 1 marzo, qualcuno spara ad un parà francese a Toulouse. Il 15 marzo, qualcuno uccide altri due soldati a Montauban: tutti erano in uniforme, e due di origine musulmana e di aspetto maghrebino. Lo stesso 15 marzo, Mohammed Merah viene inserito in una lista di 20 sospetti.
Il 19 marzo, la sparatoria davanti alla scuola ebraica di Toulouse: morti un rabbino e tre ragazzini. Ma perché il 15 marzo Merah non era già stato prelevato e sottoposto, poniamo, al guanto di paraffina per vedere se era l’assassino dei tre soldati? E le sue otto armi sottoposte a una prova balistica?
Le tragedie sono avvenute nel pieno della campagna presidenziale francese. Francois Hollande era in testa su Nicolas Sarkozy, ma l’eccidio ha fatto finalmente avanzare il presidente uscente, prima assai basso nei sondaggi. Hollande e Sarkozy sono entrambi ebrei. Il Front National di Marine Le Pen, in funzione anti-immigrati musulmani, proclama la sua vicinanza ad Israele. Sarkozy, dei candidati, è il solo a favore dell’Unione Europea, della sua moneta unica e della trasformazione della UE in un super-Stato federale.
Difficile valutare il cui prodest.
Notevole il comportamento dei media francesi, dei politici, dei «leader d’opinione»: tutti hanno denunciato la pista nera, del neonazista antisemita. Tutti sottolineano l’origine musulmana dei soldati uccisi (anche se uno dei tre era un berbero, cattolico praticante). Tutti i media prestano fede ad una testimonianza, secondo la quale l’assassino aveva il viso tatuato.
Quando il 19 ha luogo la strage alla scuola ebraica, ogni prudenza giornalistica viene abbandonata: ecco il nazista antisemita all’opera. I media si scatenano.
Il noto maitre à penser Bernard Henry Lévy dà il là degli articoli che seguiranno la falsariga da lui dettata: «Avviso agli incendiari della difesa di una 'identità nazionale' (…) non c’è peggior attentato alla nostra cultura, all’anima del nostro Paese, alla sua Storia e alla sua grandezza, che il razzismo e, stamattina, l’antisemitismo».
Le TV forniscono il certissimo identikit del mostro:
«Un bianco dagli occhi azzurri», per France 2. «Quegli occhi blu sul viso bianco», per TF1. «Un uomo di tipo caucasico o europeo» per M6.
La direttrice della scuola, nel consegnare alla Polizia le immagini delle telecamere di sorveglianza della scuola ebraica, dichiara: «Vi si vede un uomo col casco, determinato, efficace nel senso nazista del termine».
Le Parisien intervista un noto criminologo, che squaderna la sua scienza: «La scelta delle vittime (…) indica molto probabilmente che il criminale è razzista, antisemita, aderente a tesi estreme, neonaziste».
Molti giornali evocano Anders Breivik, il massacratore norvegese, ovviamente senza ricordare il suo filo-sionismo militante.
Su Canal Plus appare Alain Jacubowic, ebreo e presidente della Licra (Lega contro il razzismo e l’antisemitismo, la versione parigina della Anti Defamation League), che chiama a raccolta il popolo eletto.
L’Unione degli studenti ebrei di Francia sfila con cartelli che dicono: «In Francia si ammazzano gli ebrei, i neri e gli arabi». Dominique Sopo, che presiede SOS Racisme, dichiara: «La Francia vive i più gravi avvenimenti razzisti degli ultimi 30 anni».
I politici in vista e no, Buffet, Bayrou, Lepage, si lanciano nell’escogitare formule che già indicano il colpevole collettivo: «Piromani dell’identitarismo francese», «clima di odio», «intolleranza»; e reclamano repressioni virtuose e assolute contro »coloro che liberano il frasario razzista», quelli che «discriminano in base all’origine». Jean-Luc Melenchon, candidato presidenziale del Fronte delle Sinistre, si produce su twitter: «Tolosa, Brasillach è servito».
È la tecnica che i francesi avvertiti chiamano «amalgame»: l’amalgama dialettico che consiste nel mescolare in malafede argomenti eterogenei.
In questo caso, si intuisce il movente di questo amalgama: colpire la destra e il Front National, che ruba troppi voti a Sarkozy. I giornali satirici non nascondono che quello è il bersaglio: «L’omicida di Tolosa odora di nazismo», titola Le Canard Enchainé. Charlie Hebdo è ancora più esplicito: Mostra una caricatura di Jean Marie Le Pen, a cui presta questa dicitura: «Strage antisermita a Tolosa: è un dettaglio nella campagna».
Poche ore dopo, la montatura crolla. La polizia assedia l’appartamento di Mohammed Merah, l’islamista di origine algerina (niente occhi azzurri) venuto dall’Afghanistan. Su Twitter, ecco il commento di Nicolas Chapuis, giornalista ebreo dell’ebraicissimo Novel Observateur: «Putain! Sono disgustato che non sia un nazista!».
Il CRIF (Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche di Francia) annulla la marcia silenziosa che aveva programmato per il 25 marzo. Le Monde rivela che lo stato maggiore elettorale di Sarkozy si domandava già da martedì quale era l’ipotesi più redditizia in termini di voti: la pista nera, o gli islamisti?
Per Le Figaro, l’assediato è «un ragazzo calmo e gentile», un «giovane carrozziere». Le Monde sottolinea che si tratta di un giovane di singolare bellezza, dal «viso d’angelo». Se fosse stato davvero un nazista, è difficile credere che gli si sarebbero riconosciute le suddette qualità.
La Polizia ammazza Merah. Non parlerà più del suo viaggio in Israele. Il colonnello della Gendarmerie Prouteau, che è il fondatore del GIGN (Gruppo d’Intervento della Gendarmeria Nazionale) si domanda: «Come può essere che la migliore unità di Polizia non riesca a catturare vivo un uomo tutto solo? Perché non sono stati usati i lacrimogeni?». (Le fondateur du GIGN pointe le Raid)
Una delle domande senza risposta.
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