Michele Cucuzza racconta in un libro la storia dell’udinese, “padre” della nanomedicina. «Non si morirà più di cancro»
UDINE. Da un lato un cronista minuzioso, prima ancora che un
giornalista televisivo conosciuto in tutta Italia. Dall’altra un uomo
vissuto e cresciuto a Udine, ma trapiantato negli Usa, dove gli studi e
anche certe esperienze di vita lo hanno portato a diventare il padre
della “nanomedicina”. In mezzo una sfida fino a ieri impossibile:
sconfiggere il cancro.
Ecco come si sono incrociate le vite di Michele Cucuzza, volto
notissimo della Rai, e Mauro Ferrari, il ricercatore friulano, 52 anni,
“nato” come matematico (laurea a Padova), quindi specializzatosi a
Berkeley in ingegneria meccanica, passato poi all’ingegneria biomedica e
attualmente presidente e amministratore delegato del “Methodist
hospital research institute” di Houston in Texas, tra i primi cinque
ospedali degli Stati Uniti per ricerca e assistenza.
Il libro che Cucuzza ha voluto scrivere, per Rizzoli, in libreria da ieri, si intitola Il male curabile - la sfida di Mauro Ferrari, il matematico italiano che sta rivoluzionando la lotta ai tumori.
Quasi 230 pagine in cui la storia personale di Mauro, i suoi anni
udinesi, la passione per il sax e per la pallacanestro, assieme agli
studi classici, si intrecciano poi con gli anni negli Usa, le tragiche
esperienze familiari, l’intuizione per le nanotecnologie sposate alla
medicina e questi ultimi anni a Houston, ricchi di importanti conquiste
nella lotta ai tumori.
Conquiste addirittura epocali che lo portano a dire, dall’alto anche
delle decine di brevetti: «Siamo vicini a un mondo in cui non si morirà
più di cancro». Ma conquiste nate anche da sconfitte. Una su tutte, a
parte i lutti familiari, a Mauro brucia ancora: è la morte di Ricky, il
giovane rugbista udinese deceduto a 14 anni, nel 2009, a causa di un
melanoma devastante. «Quando arrivò da noi a Houston speravamo di
poterlo curare. Ma in certi stadi così avanzati - racconta via telefono
dal Texas - la malattia resta invincibile. Ancora oggi la diagnosi
precoce è l’unica garanzia di guarigione totale».
Ancora, ma non per sempre. «Proprio a breve pubblicheremo una ricerca
importantissima. Le nostre nanomedicine sono riuscite a sconfiggere dei
tumori alla mammella già in fase metastatica ai polmoni nella totalità
delle cavie sottoposte a sperimentazione. Fino ieri per queste patologie
c’era solo la morte rapida e certa. Ora sappiamo che non è più così.
Prima di arrivare al farmaco per l’uomo ne passerà di tempo. Ma sono
queste vittorie che ci fanno andare avanti».
Quello di Ferrari non è l’ottimismo di un ricercatore scollegato dalla
realtà. Il matematico friulano si occupa di ricerca, ma segue anche i
reparti clinici. «Due anni fa è arrivata dall’Italia una bimba di 9
anni, dichiarata incurabile. Anche lei aveva un melanoma, in faccia. Il
tumore le aveva già devastato l’occhio e, attraverso il nervo ottico,
stava avanzando verso il cervello. Le nostre cure bilanciate, con
farmaci mirati e interventi chirurgici ad altissima specializzazione,
l’hanno salvata».
Ecco perché Mauro Ferrari è convinto che alla fine il tumore potrà
essere se non vinto del tutto, comunque trasformato in una patologia
cronica con la quale si potrà convivere grazie alle nanomedicine,
mini-mini-mini capsule (un nanometro, un miliardesimo di metro, è
200mila volte in meno lo spessore di un foglio di carta) capaci di
arrivare direttamente a destinazione attraverso il sangue e di colpire
quindi il cuore della malattia e non l’organismo sano che le sta
attorno.
Ferrari non è però il solito “cervello in fuga” che trova ospitalità in
un laboratorio americano. Ferrari il suo laboratorio l’ha di fatto
fondato e fatto crescere a livelli esponenziali. «In Texas - racconta -
lo Stato è generoso nei confronti della ricerca. Ma i soldi non bastano
mai e così, tra le mie attività c’è quella relativa alla raccolta fondi.
Alla fine si lavora 18 ore al giorno». Facile capire a questo punto
perchè a Houston lo chiamano “Super Mauro”. «Il fatto è che qui al
Methodist Hospital - si schernisce un po’ Ferrari - abbiamo un’eredità
importante: questo è l’ospedale che ha scritto la storia della medicina
del XX secolo con Michael DeBakey, l’inventore dei moderni interventi di
cardiochirurgia». Il XXI secolo quindi potrebbe essere quello del “male
curabile”.
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/04/06/news/lotta-ai-tumori-la-sfida-di-mauro-ferrari-1.3782127
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