lunedì 29 settembre 2014

Giallo dei tre Maiorana, la mamma: "I miei figli e il mio ex uccisi dalla lupara bianca"

Un intreccio di appalti truccati, ricatti sessuali, documenti e pc misteriosamente spariti. Rossella Accardo ricostruisce i fatti accaduti dal 2007 a oggi



Stefano Maiorana, 22 anni, è scomparso il 3 agosto 2007 insieme al padre,Antonio, 47 anni, imprenditore edile palermitano dalle attività non del tutto limpide. Un anno e mezzo dopo, il 6 gennaio 2009, il figlio più piccolo Marco si lascia cadere dal settimo piano. 

Cosa porta due persone a sparire del tutto e una terza a togliersi la vita? Un mix letale di più elementi: una divisione societaria poco chiara, un valzer di corruzione edilizia, diversetangenti pagate con il sesso, ricatti per i filmati hard prodotti durante ripetute orge, un pc rubato e un hard disk trafugato, una busta di documenti che sembra stata risucchiata nel nulla.

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Rossella Accardomamma di Marco e Stefano ed ex moglie di Antonio, si è fatta un’idea precisa di quello che può essere successo nel cantiere di Isola della Femmine, pochi chilometri da Palermo dove questo giallo è iniziato: “Onestamente penso che sulla scomparsa di Antonio ci sia la mano delle persone che lavoravano con lui. Il suo socioDario Lopez, genero di Salvatore Bandiera proprietario del 50 per cento della societàCalliope Immobiliare, non voleva cedere l’azienda al padre dei miei figli. Forse Antonio aveva provato a mettere in salvo la propria partecipazione, intestando la sua quota alla compagna, l’argentina Karina Gabriela André, e ricattando Lopez, magari con un video osé. Stefano è stato eliminato perché testimone scomodo di un alterco finito male. L’altro mio figlio, Marco non si è perdonato mai: i carabinieri scrivono che era plagiato da Karina e pur conoscendo la verità, non è riuscito a impedire la prima tragedia”. 

La ricostruzione della signora Accardo - che al momento diverge molto dal quadro ricostruito dalla forze dell’ordine e da un gip che ancora non ha deciso se archiviare il fascicolo o trasformarlo in un processo - è frutto dell’attività investigativa svolta dal suo legale, l’avvocato Giacomo Frazzitta, a partire dal fascicolo del Tribunale di Palermo, e delle consulenze del tecnico Pietro Indorato.

Facciamo un passo indietro e proviamo a ricostruire la vicenda sin dall’inizio. Tutto comincia a pochi chilometri dal capoluogo siciliano dove Antonio Maiorana, ex marito di Rossella e padre di Stefano e Marco, controlla il cantiere della Calliope Immobiliare. Di tale impresa Antonio è consulente e dal luglio 2007 detiene anche la metà delle quote, laddove intestando le stesse a Karina si fa nominare procuratore.

La mattina del 3 agosto 2007 padre e figlio arrivano di buon ora al cantiere ma separatamente e in orari diversi. Racconta Rossella: “Stefano esce di casa, manda un messaggino alla fidanzata per dirle che all’ora pranzo si sarebbero incontrati e arriva lì per primo. Trova Lopez e con lui prende un caffè al bar vicino all’area in costruzione. Poi tornano al lavoro. Intorno alle 7 anche Antonio arriva a Isola delle Femmine e a quel punto padre e figlio si allontanano dicendo agli operai che sarebbero tornati nel giro di poco tempo. Invece non torneranno mai più e la loro auto, la Smart bianca, verrà rintracciata nel parcheggio dell'aeroporto di Punta Raisi. In un primo momento le numerose impronte rinvenute sul volante - tra le quali quelle di Lopez - verrano valutate dal Ris come non significative per l’attività investigativa. Solo anni dopo Dario Lopez dirà che sì, nel giorno della scomparsa di Antonio e Stefano lui aveva guidato quell’auto perché mio figlio aveva piacere di fargli testare la Smart appena comprata”.

Le ricerche avviate nelle prime ore dopo la duplice scomparsa non sono condotte in modo adeguato: niente elicotteri, niente cani molecolari. Continua Rossella: “Chiesi subito l’intervento delle unità cinofile. Mi furono negate con la scusa che il caldo poteva eliminare gli odori e surriscaldare l’asfalto. L’ex Generale Garofalo mi ha in seguito spiegato che non è affatto così. L’altra anomalia delle prime fasi dell’indagine riguarda le telecamere sull’autostrada che porta a Punta Raisi. Tutti i sistemi di videosorveglianza, tantissimi dopo l’attentato di Capaci al giudice Falcone, erano oscurati. Com’è possibile? Mi sembra che non sia una coincidenza priva di significato”.

Secondo quanto riferito da Dario Lopez, Antonio e Stefano Maiorana si allontanarono dal cantiere per recarsi a Torretta dove dovevano prendere visione di un’area di interesse edile. Dal canto suo Lopez fornisce un alibi sui propri movimenti di quella sfortunata mattinata: riferisce di essersi recato a Palermo per un trattamento al viso presso un centro estetico, poi di essersi fermato a comprare un paio di scarpe e infine dei fiori. I legali della signora Accardo hanno riscontrato incongruenze e vuoti in tale alibi. Su questo punto Rossella puntualizza: “Lopez omette di essere passato a far rifornimento di benzina nel tratto di strada vicino al luogo della scomparsa e ci sono delle telecamere che lo hanno ripreso lì. La prova più schiacciante contro di lui è però un'altra: alle 7.50 la sua utenza era agganciata alla cella telefonica dell’aeroporto. Lui nega di essere stato lì ovviamente. Del resto ho dovuto lottare per avere questi tabulati che all’inizio ci vennero dati ma con delle lacune stranissime. Nel fascicolo che ci diede la Procura c’erano solo le pagine relative ai giorni 1, 2, 3 luglio, invece che i giorni relativi ad agosto, mese della scomparsa”. 

Il sospetto che Antonio e Stefano siano caduti vittime della "lupara bianca" Rossella lo ha sin dalle prime ore dopo la loro scomparsa. Il settore edile in cui operava il 47enne è in Sicilia saldamente nelle mani di Cosa Nostra. Ma il caso Maiorana appare da subito più complicato rispetto ad analoghe storie di ricatti e tangenti. All’appello mancano l'hard disk del computer di Antonio e un pc portatile.

“Di quell'hard disk scomparso - continua Rossella - i carabinieri del nucleo operativo sapevano da tempo, da quando erano arrivati nell'appartamento di via Arimondi dove la giovane argentina si era trasferita dopo la scomparsa del compagno: nel computer di casa, appartenuto all'imprenditore, mancava proprio il disco rigido. Un amico della André ha confessato di averlo smontato: 'Ma non so che fine abbia fatto', si è difeso".

Non è la sola prova sparita in questo caso. All’appello manca pure una busta sigillata, su cui c'erano delle firme: "Il 6 agosto 2007 Karina ce l'ha consegnata - hanno raccontato i genitori di Maiorana - dicendo che conteneva documenti che avrebbero potuto pesantemente danneggiare una persona. L'abbiamo nascosta in cantina. Il 19 agosto, se l'è venuta a riprendere". Interrogata dai carabinieri la Signora Karina negherà di aver mai avuto tale busta. L'ex signora Maiorana non esclude che quella busta “forse contiene dei documenti che sono l'assicurazione sulla vita di Karina e per questo li ha depositati presso un notaio”. Sul ruolo della André nella vicenda sono in corso indagini.

Nel dicembre 2008 una piccola speranza per mamma Rossella: qualcuno sostiene di aver incrociato Stefano in Spagna, in una discoteca di Barcellona. Le verifiche però non confermano l'avvistamento e la vicenda Maiorana prende una piega ancora più misteriosa.

Il 6 gennaio 2009 Marco si toglie la vita in modo drammatico. A quel punto Rossella trova per puro caso un suo appunto nascosto tra le pagine di un fumetto di Topolino: una nota in cui Marco aveva scritto di aver aiutato Karina a distruggere la memoria del pc del padre.

A quel punto la Procura di Palermo iscrive nel registro degli indagati per favoreggiamento la compagna del costruttore, l'argentina Karina André. Secondo i pubblici ministeri Gaetano Paci e Francesco Del Bene la donna avrebbe intralciato le indagini. 

Quest’ultimo tassello indica insomma che la chiave del giallo è nelle attività imprenditoriali di Antonio Maiorana sulle quali l’ex moglie Rossella aveva puntato il dito sin da subito: “Nel tempo ho scoperto, grazie alla lettura del fascicolo investigativo prodottoci dalla Procura, che l’uomo dal quale sono divorziata da oltre 25 anni si rapportava con il binomio stato-mafia per svolgere la sua attività di imprenditore. Parlava con i politici di turno, sia nazionali sia regionali, e con il referente mafioso del territorio. Per esempio a Castelvetrano cercò di agganciare il boss latitante Matteo Messina Denaro, attraverso il suo factotum in quella località. Concedeva favori ai politici perché snellissero le sue pratiche o le portassero avanti, per esempio perché gli dessero i permessi per costruzioni civili e alberghiere. Non solo bustarelle, anche prestazioni in natura. Sì, servigi sessuali di fanciulle compiacenti. I carabinieri hanno trovano anche video della signora argentina Karina che partecipava a orge, gang bang persino con sei uomini. Chi fossero quei sei non è dato saperlo. Foto e video però sono inequivocabili. Forse potevano esserci estremi per un ricatto. Antonio barattava sesso estremo e depravazione per affari. Sesso e orge erano per lui strumenti di lavoro”. 

L'attività investigativa portata avanti dall'avvocato di Rossella Accardo ha portato a individuare in una fabbrica abbandonata in zona Isola delle Femmine il luogo dove potrebbero essere seppelliti i corpi. Ricerche a mezzo georadar sono in corso per verificare tale ipotesi: “Escludo allontanamento volontario - conclude la ex signora Maiorana. Immagino che ci sia stato un sequestro al cantiere dopo un alterco. Quando la discussione è degenerata, Lopez ha convinto Antonio e Stefano a spostarsi altrove per continuare a discutere. A tre minuti dal cantiere c’era un agglomerato industriale dove facevano anche mangimi per animali, e c’era un magazzino preso in comodato uso proprio da Lopez per portare materiali di risulta dal cantiere: isolato, tra gli alberi d’ulivo, a ridosso dell’autostrada, vicinissimo a Punta Raisi, perfetto per compiere due omicidi e occultare i corpi. Poi lui avrebbe portato la Smart in aeroporto per lasciarla lì”.

Ma quale il movente per tale ferocia? “Lopez forse era ricattato da mio ex marito per un filmino spinto con Karina e giacchè lui era sposato non voleva che questa verità fosse resa nota alla sua famiglia. Per di più la moglie era la figlia di quel Salvatore Bandiera Cavaliere di Malta e proprietario del 50% delle quote Calliope Immobiliare. Vorremmo fare interrogare nuovamente tutti gli attori della vicenda: dagli operai del cantiere ai partner commerciali di Antonio. Dal 2009 chiedo alla Procura una serie di verifiche, ma attendiamo ancora la convocazione in udienza da parte del Gip. 

Il mio dramma familiare mi ha portata a creare il Progetto Verità, un’associazione che unisce i familiari degli scomparsi siciliani e che promuove la costituzione di un Nucleo Investigativo Speciale, una task force da attivare quando qualcuno sparisce. Degli assassini del mio ex marito e di mio figlio non ho paura, non temo per la mia vita. Ho perso i miei ragazzi, non ho altro da perdere. Non lottare per la verità significherebbe rinnegare i miei figli e l’educazione che ho dato loro. Se mi fermeranno dimostreranno soltanto che io avevo ragione. Abbatterò questo sistema di omertà ipocrisia”.

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/2014/notizia/giallo-dei-tre-maiorana-la-mamma-i-miei-figli-e-il-mio-ex-uccisi-dalla-lupara-bianca-_2069181.shtml


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