lunedì 29 settembre 2014

Scuola, i compiti a casa del neoliberista Renzi
È partita la consultazione online sul «patto educativo», mentre il governo italiano applica i diktat sui docenti imposti dal Consiglio Europeo.

La con­sul­ta­zione popo­lare sul docu­mento «La Buona Scuola» è ini­ziata il 15 set­tem­bre e si con­clu­derà a metà novem­bre. Ci rife­riamo al rap­porto inti­to­lato «La Buona Scuola». Pre­sen­tato alla stampa il
3 set­tem­bre scorso, enun­cia ambiti e moda­lità dei futuri inter­venti legi­sla­tivi imma­gi­nati da que­sto ese­cu­tivo: accesso alla
pro­fes­sione, for­ma­zione, valu­ta­zione, sta­tus giu­ri­dico, car­riera dei docenti; com­pe­tenze dei diri­genti sco­la­stici, sus­si­dia­rietà
pubblico-privato, organi col­le­giali e governo della scuola.

Nel merito, al netto di atti dovuti con­trab­ban­dati come scelte (l’assunzione a tempo inde­ter­mi­nato di 150 mila pre­cari impo­sta dalle diret­tive euro­pee) e di alcune vel­leità con­di­vi­si­bili (più arte, più musica, più edu­ca­zione fisica sin dalle ele­men­tari), il qua­dro che si deli­nea è quello di una scuola che rinun­cia defi­ni­ti­va­mente a tutti
i nostri prin­cipi costi­tu­zio­nali e, prima ancora, al sistema di valori cui quei prin­cipi fanno rife­ri­mento: una scuola in cui la
com­pe­ti­zione pre­varrà sulla coo­pe­ra­zione, una scuola finan­ziata e con­trol­lata dal mer­cato, una scuola mar­cata da un’autonomia
loca­li­stica in cui il ter­ri­to­rio si farà destino.

Una scuola che avrà dun­que rinun­ciato al suo mandato costi­tu­zio­nale,
quello di ricom­porre le inegua­glianze socio-economiche e cul­tu­rali per
con­sen­tire a tutte e a tutti pari oppor­tu­nità di eser­ci­zio della cit­ta­di­nanza e di accesso ai saperi cri­tici. Una scuola defi­ni­ti­va­mente tra­sfor­mata in azienda, costan­te­mente sot­to­po­sta al vaglio del custo­mer care.
Come ci chiede l’Unione Euro­pea. La quale, pat­teg­giando la dila­zione del pareg­gio di bilan­cio con riforme neo­li­be­ri­ste, ci impone i dik­tat della troika anche nell’istruzione.

Se leg­giamo le rac­co­man­da­zioni del Con­si­glio Euro­peo sul pro­gramma
ita­liano di sta­bi­lità del 2014 non resta alcun dub­bio sul fatto che Mat­teo Renzi i com­piti a casa li stia ese­guendo scru­po­lo­sa­mente. Si chiede «la diver­si­fi­ca­zione della car­riera dei docenti, la cui
pro­gres­sione deve essere meglio cor­re­lata al merito e alle com­pe­tenze, asso­ciata ad una valu­ta­zione gene­ra­liz­zata del sistema
edu­ca­tivo che potrebbe tra­dursi in migliori risultati della scuola». Si
chiede «il raf­for­za­mento e l’ampliamento della for­ma­zione pra­tica,
aumen­tando l’apprendimento basato sul lavoro e l’istruzione e la for­ma­zione pro­fes­sio­nale, per assi­cu­rare una tran­si­zione age­vole dalla scuola al mer­cato del lavoro».

Nell’elaborato del pre­mier tutte le con­se­gne sono rispet­tate: gli scatti di anzia­nità sosti­tuiti da scatti per com­pe­tenze; la
valu­ta­zione incre­men­tata con il ricorso per­va­sivo ai test Invalsi e con la pre­senza degli esterni; le forme di alter­nanza scuola-lavoro, da
svol­gersi più in azienda che a scuola, asso­lu­ta­mente rafforzate.

Ora, come si con­fi­gura la pro­po­sta dell’esecutivo? «La buona scuola»
non è un dise­gno o un pro­getto di legge pre­sen­tato e discusso in Par­la­mento, come *iter* giu­ri­dico e isti­tu­zio­nale vor­rebbe, bensì
un «rap­porto», annunciato ai cit­ta­dini in tele­vi­sione, con il
con­sueto cor­redo post­moderno di loghi e slide. «Docenti, stu­denti,
geni­tori, nonni o altro» pos­sono regi­strarsi sul sito dedi­cato e com­pi­lare un que­stio­na­rio a rispo­sta chiusa; pos­sono par­te­ci­pare e pro­muo­vere dibat­titi sulla piat­ta­forma,
pre­li­mi­nar­mente muniti di kit, sulla base di un for­mat e di una meto­do­lo­gia pre­de­fi­niti; pos­sono costruire «stanze» tipo «sblocca scuola», «meno costi per le fami­glie», «ser­vi­zio civile per la buona
scuola».

Una moda­lità nep­pure appa­ren­te­mente tra­sparente, poi­ché priva di
qua­lun­que pos­si­bi­lità di veri­fica e di inter­scam­bio tra chi vi accede e chi la governa. Ma l’Ocse ci ha inse­gnato che le riforme che hanno suc­cesso sono legate alla crea­zione del con­senso: nel Rap­porto
2009 spie­gava chia­ra­mente che «in Ita­lia il decen­tra­mento e l’autonomia della scuola non ha con­dotto a trat­ta­tive locali su sti­pendi, retri­bu­zioni e con­di­zioni di lavoro. Manca il con­senso per dotare gli isti­tuti e gli inse­gnanti degli stru­menti di gover­nance neces­sari». Ed ecco allora una con­sulta­zione tele­ma­tica pronta alla biso­gna, il secondo com­pito ben fatto del nostro volen­te­roso
pre­si­dente del Consiglio.

Non importa che sia un dispo­si­tivo bio­po­li­tico, come direbbe il
filo­sofo fran­cese Michel Fou­cault, cioè di fab­bri­ca­zione e con­trollo di forme di espres­sione e spazi di libertà solo appa­renti. Non importa che, *in cor­pore vili*, nes­sun cit­ta­dino cul­tu­ral­mente attrez­zato
e nor­mo­do­tato aval­lerà mai la dismis­sione della scuola da parte dello
Stato, chiun­que sia a chie­derla. Non importa che, men­tre gli ita­liani
per due mesi si baloc­che­ranno sul sito della buona scuola, il mini­stero
intro­durrà i prov­ve­di­menti varati a Bru­xel­les, «pas­so­do­po­passo»,
a colpi di note, cir­co­lari e diret­tive. Non importa che ci siano solu­zioni diverse dall’iniquo modello pri­va­ti­stico di stampo ame­ri­cano e anglo­sas­sone. Ci sem­bra di sen­tirlo, il solerte Mat­teo, men­tre fa bene i com­piti a casa: “Fou­cault chi?”

Anna Angelucci
Asso­cia­zione Nazio­nale «Per la Scuola della Repubblica»



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