Evra: "Chi è il stato il peggior compagno che hai avuto per quanto riguarda gli allenamenti?"
Ferdinand: "Tevez"
Evra: "Esatto, c'erano allenamenti in cui Tévez, giuro, non si allacciava nemmeno le scarpe, poi abbiamo scoperto che si allenava sempre da solo. Anche se non lo capisco, sembrava non gli piacesse allenarsi con la squadra ma a casa faceva il resto.
Ma, credetemi, quando la partita iniziava correva per tutti in campo. È un pitbull, l'Apache."
"In Inghilterra facevamo quasi sempre lo stesso in allenamento in spazi ridotti.
Per il mio modo di essere aggressivo e di giocare sempre al limite, non mi davano la giusta preparazione fisica.
Non facevo troppo perché avevo un personal trainer nel pomeriggio.
Patrice Evra e i miei compagni di squadra non lo sapevano all'inizio.
Avevo una palestra a casa dove lavoravo.
Ecco perché quando andavo in campo non capivano come fosse possibile che corressi ovunque. Semplicemente avevo capito di non avere allenamenti adatti a me, quindi, andavo a casa, mi facevo un pisolino e poi mi allenavo con il mio personal trainer "
(C. Tevez)
Le parole finali del discorso tra Evra e Ferdinand raccontano bene quello che suscitava Carlos Tevez in chi lo guardava.
La tenacia, la voglia di vincere, la grinta, la cattiveria si fondevano con doti tecniche e fisiche eccezionali in un giocatore unico.
Un giocatore in grado di realizzare gol di rapina, gol di raffinatezze principesche oppure di trascinarsi in spalla il proprio marcatore prima di scaraventare la palla in rete rischiando di far cadere la porta.
Da grande appassionato del calcio argentino, mi ha folgorato quando era un ragazzino passato in poco tempo dagli spalti al terreno di gioco della Bombonera.
Tevez e il Boca, un amore eterno tinto di azul e amarillo che è stato filo conduttore di una carriera che lo ha visto regnare nella terra dei rivali brasiliani, l'ha visto determinante in Inghilterra sulle due sponde della città di Manchester e poi dominante in Italia quando tutti lo davano in fase calante.
In ognuna di queste tappe ho ammirato le gesta di questo grande campione che ha sempre portato con sé il bambino del barrio così da non dimenticare mai le proprie origini.
Tanti auguri Carlitos
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