Prima di entrare in Olanda, il Reno scorre verso nord attraverso la Germania, e così, nell'autunno del 1944, quando l'esercito alleato, dopo aver riconquistato il Belgio, entrò nei Paesi Bassi, l'unità Alsos ricevette un cablogramma urgente: precipitatevi a prelevare dei campioni del fiume.
Sotto un intenso fuoco, il capitano Robert Blake si avventurò fino in mezzo al Reno e riempì di acqua verdastra alcune bottiglie.
Un corriere speciale le portò al quartier generale parigino dell'Alsos, e di lì le bottiglie furono inoltrate a Washington con il mezzo più rapido.
Si riteneva, infatti, che se i tedeschi possedevano una pila all'uranio, per raffreddarla dovevano utilizzare l'acqua di un fiume, così come gli americani, nel loro progetto di Hanford, sfruttavano per il raffreddamento della loro "pila al plutonio" l'acqua del fiume Columbia.
Se così era, un'analisi chimica poteva trovare tracce di radioattività nell'acqua del fiume, e mettere l'Alsos sulle orme del progetto tedesco.
Ora accadde che il maggiore a cui fu affidato l'incarico di inoltrare a Washington il campione di acqua del Reno, ebbe la felice idea di aggiungere, per fare uno scherzo, una bottiglia di Roussillon, un vino rosso locale, accompagnato da un biglietto che riportava:
"Provate anche l'attività di questo".
Purtroppo allo staff del generale Leslie Groves mancava completamente il senso dell'umorismo.
Ricevuto il pacco, versarono diligentemente il vino nelle provette, sfoderarono i contatori Geiger e, con grande sorpresa, si accorsero che il campione conteneva isotopi radioattivi.
Ben presto il quartier generale di Alsos a Parigi ricevette un dispaccio:
"Acqua negativa, vino positivo. Si prega spedirne altro".
Samuel Goudsmit e compagni si fecero una bella risata, pensando che tutto sommato, a volte, i militari sapevano essere spiritosi.
"Gli deve essere piaciuto davvero", si andava dicendo in giro a Parigi, facendo riferimento al vino radioattivo.
Il messaggio fu stracciato e tutti tornarono al lavoro.
Ma pochi giorni dopo giunse un altro telegramma:
"Perché non inviate le bottiglie di quel vino?".
Poteva darsi che nei pressi dei monti da cui proveniva quel vino ci fosse un laboratorio segreto, e si doveva immediatamente indagare a fondo.
Insomma, a Washington non si era evidentemente compreso che si trattava di uno scherzo.
Confuso e spiazzato, Goudsmit, che in quel momento non intendeva assolutamente inviare qualche suo collaboratore in una superflua perlustrazione sui monti coltivati a vigne della Francia meridionale, fece di tutto per convincere Washington che si era frainteso un innocente scherzo.
Ma tutti i suoi tentativi andarono a vuoto: la gente del Pentagono insisteva.
La spiegazione più probabile era che le viti avessero assorbito dal suolo elementi naturalmente radioattivi, concentrandoli.
Dato che era inutile provare a spiegarlo a quelli di Washington, il maggiore Russel A. Fisher e il capitano Walter Ryan vennero inviati in missione speciale nel Roussillon.
Prima che partissero, Goudsmit li ammonì con voce cattiva:
"Fate il vostro lavoro più a fondo che potete. Non mostratevi avari. E soprattutto, di ogni bottiglia portatene un doppione a Parigi per... i nostri atti".
Anche a Parigi avrebbero fatto dei test sul vino, ma in modo più tradizionale.
Prif. Vincenzo Giordano
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