lunedì 29 luglio 2013

Verso la Bancarotta: Italia Stracciona nella Vergogna. Abbiamo Rapito una Donna e sua Figlia per l’Amichetto del Kazakistan.

25510129 il caso shalabayeva ablyazov arriva in senato 0 Verso la Bancarotta: Italia Stracciona nella Vergogna. Abbiamo Rapito una Donna e sua Figlia per lAmichetto del Kazakistan.(Domenca 28Aprile 2013, Nasce il Governo Letta-Berlusconi-Monti… a futura memoria)
Il Diario della Bancarotta Italiana (Articolo introduttivo : Monti –  Secondo articolo introduttivo: Letta-Berlusconi-Monti)
Onore al Fatto Quotidiano, non a caso unico media a tiratura nazionale NON sussidiato con soldi pubblici. Non fosse per questo giornale oggi non sapremmo nulla della vergogna nazionale rappresentata dal rapimento da parte delle autorità italiane di Alma Shalabayeva e della sua figlioletta. Entrambe consegnate al Kazakistan.
Per chi non lo sapesse la donna e la figlioletta sono moglie e figlia del dissidente Kazako Mukhtar Ablyazov, nemico politico in esilio a Londra (tanto per capire di cosa stiamo parlando) dell’attuale presidente del Kazhakistan  Nursultan Nazarbayev.
La Bancarotta di uno Stato non è solo economica è anzitutto morale e riguarda i principi su cui esso si fonda. L’Italia ormai è un paese straccione guidato da una classe dirigente criminale, corrotta e collusa sia all’interno dei propri confini che all’esterno. Non è un mistero il “profondo legame” che lega l’attuale presidente Kazako e il capo del PDL Silvio Berlusconi. E per “profondo legame” non deve intendersi niente altro che interessi economici, in particolare legati agli affari di ENI (di Scaroni) con quel paese.
Il ministro degli interni Alfano, di concerto con il governo Letta, parrebbe non avere fatto altro che eseguire una velina passatagli da Nazarbayev per interposta persona.
La ricostruzione fatta dal Fatto Quotidiano alle pagine6 e 7 dell’edizione del 12 Luglio 2013 è agghiacciante e,  nella peggiore tradizione mafiosa italiana, i due esecutori responsabili sul campo dell’arresto e della consegna di madre e figlia del dissidente Kazako nelle mani del nemico, sono stati prontamente promossi a seguito di “regolare” concorso.
Non basta la Bancarotta, qui è necessaria una nuova piazzale Loreto.
Mi vergogno profondamente della nazione in cui sono nato, e non me ne considero più parte se non per convenzione e sono sempre più deciso a lasciarla. Peraltro qui, dove volano le aquile, la notizia sui giornali in lingua tedesca è trapelata eccome: vi lascio immaginare gli sguardi misti di compatimento e riprovazione  che mi tocca subire, per carità nulla di quello che stanno subendo una giovane donna e una bambina rapite dall’Italia.
p.s. leggo in rete che “la responsabilità” di quanto accaduto sarebbe in fondo del solo Alfano e del suo mandante Berlusconi. NO neanche per idea, è impossibile che il presidente del consiglio targato PD non ne fosse a conoscenza, altrimenti Alfano ora dovrebbe essere già ospite delle patrie galere.
p.p.s. ne avete mai sentito parlare al tg? Speriamo che il sistema Grecia almeno sulla RAI venga presto adottato, per tutto il resto basterebbe far decidere al mercato senza sussidi pubblici.
p.p.p.s…. ah a proposito l’Italia ha revocato l’espulsione della Shalabyeva e di sua figlia. Ora possono anche tornare in Italia. Mi immagino la soddisfazione.
“Espulsione ingiusta, fretta eccessiva”. Il caso del dissidente kazako diventa politico
Moglie e figlia del dissidente Ablyazov prelevate a Roma e consegnate al dittatore Nazarbayev. Il Tribunale: “Non andavano espatriate”. Farnesina e Guardasigilli non informati, Alfano accusato “di aver gestito in proprio”. Letta prima dice di non sapere nulla, poi promette una verifica
Ora una sentenza del tribunale di Roma lo dice chiaramente: non c’era nessuna irregolarità nel passaporto della moglie di Mukhtar Ablyazov, principale oppositore del regime dittatoriale diNursultan Nazarbayev in Kazakistan, paese ricco di materie prime e strategico per gli interessi dell’Eni. Eppure la donna, come raccontato il 5 giugno scorso da ilfattoquotidiano.it, è stata estradata dall’Italia. In tutta fretta, senza attendere verifiche sul documento. Tanto da far gridare gli avvocati difensori “alla extraordinary rendition, ossia cattura illegale”. Le ultime novità sulla vicenda dell’estradizione di una donna e di una bambina di sei anni, prelevate contro la loro volontà nella loro residenza di Casal Palocco (Roma) e rispedite in tutta fretta il 31 maggio in quel Kazakistan dove Ablyazov è il principale oppositore del regime, aprono risvolti politici che toccano direttamente il governo. Anche perché nella sentenza i giudici scrivono che la “velocità con cui si è provveduto al rimpatrio”, in una situazione così delicata, “lascia perplessi”. Tra i vari documenti visionati da ilfattoquotidiano.it c’è anche la nota verbale dell’ambasciata kazaka, in cui si avvisava della presenza dell’oppositore politico Ablyazov a Roma. Questa nota, il 28 maggio è stata inoltrata direttamente alla Questura di Roma (che fa capo al ministero degli Interni), e non al dicastero degli Esteri o, a livello procedurale, a quello della Giustizia. E proprio dalla questura è partitoil blitz notturno della Digos (una cinquantina di uomini armati, raccontano gli avvocati), che la notte del 29 maggio ha prelevato Alma Shalabayeva, moglie di Ablyazov. A dimostrazione di uno scontro in atto tra il dicastero degli Esteri, che avrebbe dovuto non solo essere informato ma anche occuparsi della vicenda, e il Viminale, che – raccontano alcune fonti – dalla Farnesina accusano di aver gestito in proprio la vicenda.
Se in Senato l’unico a parlare in aula è stato il senatore del M5S Giarrussoalla Camera l’interrogazione parlamentare dell’11 giugno di Alessandro Zan e di altri esponenti di Sel sottolinea questa discrasia.
All’epoca dei fatti, le prime dichiarazioni furono del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri: “Mi sono subito informata, le procedure sono state perfette, tutto in regola e secondo legge” (cosa che come vedremo il 25 giugno il Tribunale del riesame ha smentito) e poi del ministro degli Interni Angelino Alfano, che “ha preso atto della vicenda”. Assordante è stato invece il silenzio sulla vicenda del ministro degli Esteri Bonino, che solo giorni dopo in un’intervista a Il Messaggero definì l’incidente “anomalo”. A quanto risulta a ilfattoquotidiano.it infatti, alla Farnesina ritengono infatti essere di essere stati scavalcati nella vicenda dal ministero degli Interni, guidato da Angelino Alfano, vicepremier, segretario del Pdl e uomo fidato di Silvio Berlusconi, grande amico del dittatore kazaco. Tutto nel silenzio del premier Enrico Letta, che questa mattina non ha risposto al nostro cronista che gli chiedeva informazioni in merito, salvo poi, in serata, pubblicare uno scarno comunicato: “Rispetto a quanto apparso sulla stampa circa la vicenda della cittadina kazaka Alma Shalabayeva, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha immediatamente chiesto di avviare una verifica interna agli organi di Governo che ricostruisca i fatti ed evidenzi eventuali profili di criticità”.
Inoltre, tra i vari documenti visionati, il fattoquotidiano.it ha potuto vedere l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma del 25 giugno che ha stabilito l’immediata la restituzione alla famiglia dei beni sequestrati nelle perquisizioni avvenute a fine maggio nella villa di Casal Palocco. Tra questi il passaporto della Repubblica Centroafricana mostrato dalla donna agli inquirenti e ritenuto falso – il casus belli della deportazione – 50mila euro in contanti, una memory card e altri beni. A proposito del passaporto, il Tribunale del riesame scrive che, a seguito dei documenti presentati dagli avvocati di difesa dello studio legale Olivo-Vassalli, “il passaporto in possesso dell’indagata non è falso”. E aggiunge poi una considerazione: “lascia perplessi la velocità con cui si è proceduto al rimpatrio in Kazakistan della indagata e della bambina, congiunti di un rifugiato politico, in presenza di atti dai quali emergevano quantomeno seri dubbi sulla falsità del documento”.
E a sottolineare l’aspetto politico della vicenda ci ha pensato lo stesso Ablyazov in un’intervista al quotidiano La Stampa . “Mi appello a Enrico Letta affinché faccia piena luce sulla deportazione di mia moglie e figlia da Roma in Kazakhstan, dove ora sono in ostaggio di Nursultan Nazarbayev”, ha detto Ablyazov, aggiungendo poi “E’ un fatto senza precedenti, avvenuto perché il dittatore del Kazakistan voleva due ostaggi contro il suo maggiore oppositore politico. (…) Ciò che abbiamo compreso ci porta a credere che sia stato un blitz del ministero dell’Interno in collaborazione con agenti di una dittatura ex sovietica. Quelli che in Italia avrebbero potuto bloccare il rapimento sono stati esclusi dall’operazione. Il governo italiano deve spingere il ministero dell’Interno a svelare la verità ponendo fine alla protezione dei responsabili di questa vicenda”.
L’intera vicenda era stata raccontata da ilfattoquotidiano.it, che aveva anche riportato un vecchio articolo del Daily Telegraph del 2010 dove era spiegato come il Kazakistan avesse minacciato la Gran Bretagna che, nel caso fosse stato concesso asilo politico ad Ablyazov, da anni rifugiato a Londra, avrebbero chiuso i contratti con le compagnie britanniche. Da qui non era stato difficile ipotizzare perché l’Italia avesse deciso di consegnare la moglie la figlia di Ablyazov, facendo sì che fossero esposte, a detta degli avvocati, “all’elevatissimo rischio trattamenti disumani, analoghi a quelli cui fu sottoposto il marito in patria”. Il Kazakistan è una terra ricchissima di risorse naturali, e uno dei principali partner commerciali del regime è l’azienda parastatale italiana Eni. Attiva nel paese dal 1992, Eni ha stretto accordi di cooperazione. Gli ultimi sono del 2012. Si tratta delle estrazioni di gas e petrolio nell’immenso giacimento di Karachaganak (5 miliardi di barili di riserve) e le trivellazioni a Kashagan (dove s’ipotizzano 13 miliardi di barili).
Da il Fatto Quotidiano via dirittiglobali.it (pagina 7 derll’edizione cartacea del 12 luglio 2013)
Subito promossi i capi degli uffici di polizia protagonisti del casoScritto da Ferruccio Sansa, Il Fatto Quotidiano
Venerdì 12 Luglio 2013 09:53 –
Giannini (Digos) e Improta (Immigrazione), questori un mese dopo il prelievo forzato Il concorso per diventare dirigenti. In pratica questori. La futura classe dirigente della polizia. Nei corridoi della Questura di Roma non si parla d’altro. Non è una novità che le graduatorie, con i salti in avanti e indietro, siano accolte a denti stretti dagli esclusi, ma stavolta c’è qualcosa in più.
Tra i promossi ci sono due nomi di spicco qui a Roma: Lamberto Giannini, responsabile della Digos, e Maurizio Improta, dirigente dell’ufficio immigrazione. “Proprio i due uffici che avrebbero avuto un ruolo chiave nel rimpatrio forzato di Alma Shalabayeva e della figlia Alua.
Niente di illegale in questa promozione, fino a prova contraria, niente che provi un legame tra le due cose”, mettono le mani avanti gli stessi colleghi dei due neo-primi dirigenti. E provano a mettere in ordine i fatti. Il prelievo forzato della donna e della bambina e l’espulsione avvengono tra il 29 e il 31 maggio scorsi. Un blitz cui partecipa la Digos. Nelle ore successive l’ufficio immigrazione sarebbe stato decisivo per stabilire se, e in che modo, espellere le due donne. Passano le settimane. L’operazione passa nel silenzio. Venerdì 28 giugno, un mese dopo, si riunisce il consiglio di amministrazione della polizia.
Un appuntamento atteso da migliaia di funzionari che in quell’incontro vedono decise le loro carriere. Stavolta, oltre ai vertici della polizia, avrebbe partecipato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Non è una circostanza eccezionale. Sul tavolo, appunto, le graduatorie per promuovere i dirigenti superiori (in pratica i futuri questori) e primi dirigenti.
È una selezione durissima: i posti di questore quest’anno sono 20 (più 6 ripescati che dopo il su-percorso di un anno otterranno la qualifica). I candidati sono 556, passa uno su dodici. Poi c’è la graduatoria per primi dirigenti, appena un gradino sotto, l’anticamera del questore: 74 posti su 1.624 funzionari in corsa. Il consiglio di amministrazione redige le graduatorie definitive. Ed ecco le sorprese, come ogni anno. Chi sale e chi scende. Anche di decine di posti.Sempre con strascichi polemici. E qualcuno punta il dito sulla promozione di Giannini, che nella graduatoria del 2012 era 65° e quest’anno è arrivato 20°.
Più quarantacinque. Sì, proprio l’ultimo strapuntino disponibile per diventare questore. Maurizio Improta, invece, nel 2012 era 73° e in un anno ha compiuto un balzo di cinquantadue posizioni: 21°. Può quindi rientrare tra i sei che frequenteranno il corso. In pochi mesi sarà questore. Insomma, i due dirigenti hanno ottenuto una valutazione molto positiva del loro operato negli ultimi dodici mesi.
Che cosa li ha distinti rispetto ad altri colleghi? “Adesso chiederemo l’accesso agli atti per capire”, promette Filippo Bertolami, dirigente sindacale nonché presidente del Comitato Funzionari Anip-Italia Sicura, da sempre impegnato per la trasparenza nei concorsi in polizia. Ma ci sono altri casi su cui i colleghi vorrebbero chiarimenti: per esempio il salto di centosessanta posti di Pietro Ostuni, capo di Gabinetto della Questura di Milano, passato dal 259° posto al 99°. Come dire, dalle retrovie alla pole position per diventare questore l’anno prossimo. A rispolverare la cronaca recente i maligni ricordano che proprio Ostuni era il funzionario di turno a Milano la famosa notte in cui in via Fatebenefratelli approdò Ruby. L’uomo che ricevette le telefonate dalla scorta del Premier e dallo stesso Berlusconi. Il poliziotto è stato uno dei testimoni nell’indagine e nel processo contro il premier. Sentito dai pm disse: “Non ricordo che mi sia stato detto che Ruby aveva negato di essere parente di Mubarak, mi fu detto che era marocchina e che il padre faceva l’agricoltore in Sicilia”. Una risposta che portò i pm a incalzarlo: “Ammesso che sia credibile quello che lei sta dicendo… le è sembrato potesse essere vera la notizia fornita da Berlusconi? ”. E Ostuni: “Certamente no”. Un episodio scomodo, che non ha impedito a Ostuni un bel balzo in avanti. NEL 2012 al concorso per primi dirigenti tra i vincitori figuravano un funzionario condannato per aver dato il porto d’armi al-l’autore di una strage (in un anno guadagnò 686 posizioni).
Poi un vicequestore di punta che nel 2011, stando agli atti acquisiti per il ricorso, si era posizionato 299° per poi ritrovarsi 47° l’anno successivo; appena passata la selezione fu indagato dalla Procura di Roma per calunnia e falso ideologico. Parliamo del tifoso pestaggio di Stefano Gugliotta. Ma ecco, ancora una volta, l’ombra del G8: tra i dirigenti selezionati due funzionari che erano a Genova e hanno avuto a che fare con le famose molotov. Un clamoroso falso per incastrare i dimostranti.
Hanno fatto balzi di 314 e 407 posti. Ma come sono possibili questi salti? Dal Viminale, come l’anno scorso, una risposta ufficiosa: “Le regole dello scrutinio sono pubbliche. Cambiano i governi, i vertici della polizia, le priorità della loro azione, e anche le caratteristiche richieste ai candidati”. Bertolami assicura: “Faremo chiarezza anche quest’anno. Non è più accettabile un sistema che, tra colleghi oggettivamente meritevoli, premia frettolosamente anche funzionari i cui uffici sono protagonisti di fatti di cronaca non ancora chiariti”.
Alz

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