Rifiuti
Per lo scienziato che ha raccolto i dati utilizzati dal Ministero dell'Ambiente non serve buttare via milioni di euro come prevede il decreto per la Terra dei Fuochi, ma una seria mappatura dei suoli. A costo contenuto
Roberto Saviano dice che si cerca di minimizzare. Lo fa nel suo editoriale per Repubblica di due giorni fa, parlando del dossier del Ministero dell’Ambiente sullo stato di salute della Terra dei Fuochi – reso noto dieci giorni fa. E ritiene che quel documento non dica tutto sullo stato di avvelenamento della terra tra le più martoriate per mano della camorra. Benedetto De Vivo, Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II – che ha raccolto la maggior parte dei dati poi utilizzati dal Ministero per redigere il dossier – ritiene che tale studio, a cui lui non ha direttamente partecipato, sia stato fatto bene, con competenza tecnica e sopratutto con coscienza. L'unica pecca è che sia ancora incompleto, come racconta a pagina99.
«Né lo Stato né i media stanno affrontando la questione in maniera efficace» dice. «Perché senza prima avere tutti i dati sull'inquinamento di quella zona non ha senso alimentare polemiche e nemmeno – si spinge a dire – avviare politiche di recupero». Sostiene che con 600 mila euro si potrebbe mappare tutto il suolo campano in 6 mesi, in maniera ancor più capillare.
«E' questa la prima cosa da fare». Per poi stabilire quanti dei metalli pericolosi presenti nel terreno provengono dai rifiuti tossici o, ad esempio, dal tipo di roccia presente nelle zone mappate. E capire quale sia la reale percentuale assorbita dalla vegetazione. «Il Ministero preferisce investire in tecnologie dai costi astronomici, come il telerilevamento aereo per l'inquinamento,» che, dice, è una grandissima bufala. «Il telerilevamento con droni o aerei non fornisce la mappatura delle anomalie chimiche nel suolo, non risolve il problema della mappatura delle concentrazioni di metalli e metalloidi e composti organici nei suoli» spiega. Può al più indicare dove potenzialmente possono essere presenti sversatoi di rifiuti illegalmente realizzati.
De Vivo critica anche la parola d'ordine secondo cui bisogna partire subito con la bonifica, prevista dal decreto varato a febbraio per la Terra dei Fuochi. Considerando la mancanza di misure prese per supervisionare gli appalti, aggiunge, sorgono dubbi intorno alla certezza che tali bonifiche verranno eseguite con competenza, o perfino mai avviate. Per assurdo, la camorra che ha inquinato potrebbe ora gestire anche la bonifica, che è un affare miliardario. Ingenuo pensare che non cercherà di accaparrarselo. Se invece si scegliesse la via della messa in sicurezza di quei terreni, come si fa in tutto il mondo occidentale, e che in confronto ha costi irrisori, non ci sarebbe lo stesso rischio di infiltrazioni camorristiche, dice lo scienziato. Che conosce bene il territorio, e non solo da un punto di vista geochimico.
I dati fin qui raccolti da De Vivo e da alcuni colleghi sono costati meno di 300mila euro. La mappatura é stata realizzata per 53 elementi inorganici (fra i quali i 15 tossici) e composti organici (IPA e Pesticidi) per circa 1000 campioni di suoli nel caso dei metalli e 250 per gli organici. Fin qui si è capito che nichel e selenio sono sotto i valori tollerati per legge, mentre alcuni campioni superano i limiti: cobalto (0,1 per cento dei campioni), mercurio (0,2), cadmio (0,3), antimonio (0,3), cromo (1,3), arsenico (3,4), mentre un discreto numero di casi il piombo supera i limiti di legge, il 5,7 per cento del totale. «Ora si tratta solo di intervenire in aree specifiche che risultano essere anomale con campionature più fitte, sito-specifiche». A questo va poi associata la mappatura di prodotti ortofrutticoli per accertare la eventuale presenza di contaminanti tossici e quindi certificarne la tracciabilità. Quanto costa tutto questo? «Una cifra irrisoria rispetto alle decine o centinaia di milioni che vengono invocati da più soggetti anche istituzionali».
De Vivo ritiene che le amministrazioni coinvolte siano quantomeno 'affette' da scarsa professionalità. I dati utilizzati per il dossier sulla Terra dei Fuochi, ad esempio, non gli sono mai stati commissionati dallo Stato. Li ha raccolti spontaneamente, avviando uno studio anni fa con il suo gruppo di ricerca. «E' assurdo che il Ministero oggi sia pronto ad destinare 50 milioni di euro per studiare gli effetti sulla salute - come prevede il nuovo decreto - ma non abbia pensato di commissionare, prima, un campionamento a tappeto per studiare le cause». Il Ministero si è avvalso dei dati raccolti da De Vivo solo perché lui ha fatto di tutto per essere ascoltato, dice. Praticamente, il processo inverso di quello che avviene nel resto del mondo occidentale. Dove di solito gli scienziati non devono sbracciarsi nella speranza che qualche autorità ministeriale noti il loro lavoro.
Ora il decreto parla di bonificare quel territorio, dice De Vivo, non considerando che costerà miliardi. «E che nel resto dei paesi occidentali in genere non si fa quasi più».
Oggi si preferisce un approccio diverso, che è quello della messa in sicurezza, spiega. Una tecnica infinitamente meno onerosa della bonifica, che prevede di sottrarre l'area a qualunque tipo di attività incompatibile con la presenza di inquinanti, assicurando incentivi agli agricoltori. Per poi intervenire piantando boschi di pioppi e altre specie di piante che nel tempo abbasseranno il livello dei veleni in maniera graduale. Mentre la bonifica presuppone un disinquinamento completo che quasi sempre, secondo De Vivo, resta una chimera. «Il problema alla base della proposta di mappatura con metodo scientifico - conclude - sta forse proprio nell'esiguo investimento di denaro pubblico richiesto per attuarlo».
http://www.pagina99.it/news/societa/4694/Terra-dei-fuochi--senza-i.html#sthash.JwXxDNP3.dpuf
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