Il Gup accusa Tronchetti Provera
"Teste totalmente inattendibile"
DOSSIER TELECOM
Il giudice Pasaniti, nelle motiviazioni della sentenza, attacca l'ex presidente: "Le sue dichiarazioni smentite dagli altri testimoni e dalla logica: Tavaroli agiva per il suo interesse". E osserva: "Negava di conoscere persino il cognome della cognata"
MILANO - Marco Tronchetti Provera, nella sua veste di testimone al processo sui dossier illegali, è stato "inaffidabile e inattendibile". Lo scrive il Gup del tribunale di Milano, Mariolina Panasiti, nella sentenza di non luogo a procedere nei confronti di alcuni degli imputati nel procedimento.
La attendibilità delle dichiarazioni" di Marco Tronchetti Provera, scrive il giudice Panasiti, "è risultata gravemente inficiata non soltanto dalle nette smentite alla sua ricostruzione degli avvenimenti fornita dalle contrarie indicazioni rese dagli altri testimoni e, in particolare, da quelli esaminati in fase di udienza; non soltanto da una valutazione logica degli avvenimenti, che conduce a ritenere che le operazioni sopra descritte non potevano essere frutto di una attività autoreferenziale del Tavaroli, bensì di un pieno e soddisfatto interesse aziendale e di esso Tronchetti provera in particolare; non soltanto dall'analisi della documentazione rinvenuta quale sopra riportata; ma anche da alcune affermazioni pervenute dal predetto in udienza, che icasticamente descrivono quello che è stato durante tutte le indagini l'atteggiamento processuale del presidente delle due società, sintetizzabile in una radicale negatoria anche degli aspetti più evidenti della vicenda, che assai difficilmente poteva non conoscere, proprio perché verificatisi in entrambe le aziende da lui dirette".
Per giustificare le sue parole, il giudice definisce le dichiarazioni di Tronchetti "improntate ad una assoluta, totale, ostinata negazione di tutto ciò che gli veniva richiesto, atteggiamento reiterato anche al cospetto - come nel caso o della domanda articolata semplicemente con riferimento al cognome della cognata, moglie del fratello - di un nome che non poteva non conoscere".
Il legale di Pirelli, Roberto Rampioni, sottolinea che il "patteggiamento non è un'ammissione di responsabilità". Commentando l'ordinanza del Gup, l'avvocato spiega che "la responsabilità delle società dipende esclusivamente dal fatto che i dipendenti hanno commesso il delitto di corruzione in un'epoca in cui le società, comunque tra le prime in Italia a recepirlo, non avevano ancora approvato il modello organizzativo (che è ciò che secondo la legge esonera da responsabilità la società)".
La attendibilità delle dichiarazioni" di Marco Tronchetti Provera, scrive il giudice Panasiti, "è risultata gravemente inficiata non soltanto dalle nette smentite alla sua ricostruzione degli avvenimenti fornita dalle contrarie indicazioni rese dagli altri testimoni e, in particolare, da quelli esaminati in fase di udienza; non soltanto da una valutazione logica degli avvenimenti, che conduce a ritenere che le operazioni sopra descritte non potevano essere frutto di una attività autoreferenziale del Tavaroli, bensì di un pieno e soddisfatto interesse aziendale e di esso Tronchetti provera in particolare; non soltanto dall'analisi della documentazione rinvenuta quale sopra riportata; ma anche da alcune affermazioni pervenute dal predetto in udienza, che icasticamente descrivono quello che è stato durante tutte le indagini l'atteggiamento processuale del presidente delle due società, sintetizzabile in una radicale negatoria anche degli aspetti più evidenti della vicenda, che assai difficilmente poteva non conoscere, proprio perché verificatisi in entrambe le aziende da lui dirette".
Per giustificare le sue parole, il giudice definisce le dichiarazioni di Tronchetti "improntate ad una assoluta, totale, ostinata negazione di tutto ciò che gli veniva richiesto, atteggiamento reiterato anche al cospetto - come nel caso o della domanda articolata semplicemente con riferimento al cognome della cognata, moglie del fratello - di un nome che non poteva non conoscere".
Il legale di Pirelli, Roberto Rampioni, sottolinea che il "patteggiamento non è un'ammissione di responsabilità". Commentando l'ordinanza del Gup, l'avvocato spiega che "la responsabilità delle società dipende esclusivamente dal fatto che i dipendenti hanno commesso il delitto di corruzione in un'epoca in cui le società, comunque tra le prime in Italia a recepirlo, non avevano ancora approvato il modello organizzativo (che è ciò che secondo la legge esonera da responsabilità la società)".
(28 giugno 2010)
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/28/news/il_gup_accusa_tronchetti_provera_teste_totalmente_inattendibile-5215220/index.html?ref=search
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