Fu un operaio a scatenare una piccola, grande rivoluzione.
Lo fece ribellandosi, unico a rompere il silenzio. Si chiamava Luigi Gravina, trentenne con moglie, cinque figli e un’officina messa su nel cosentino con tanta fatica.
Quando gli ndraghetisti si presentarono da lui per estorcergli denaro, smise i panni del ragazzo buono, dolce e affettuoso come tutti lo conoscevano, e disse di no. Di più: denunciò, immediatamente, tutto quanto. Aveva una famiglia da mantenere e quell’officina era la dignità del suo lavoro.
Iniziarono le pressioni. Macchina bruciate, portoni sfondati, minacce continue e costanti.
Non cedette di un passo e continuò a denunciare, sempre e comunque. Nessuno doveva toccargli l’officina.
Gli spararono nel marzo del 1985. Due sicari, lo uccisero senza ripensamenti.
Pensarono d’aver dato un esempio a tutti, e invece fu Luigi a darlo.
Saputa la sua storia e la sua morte, decine di commercianti che prima avevano scelto il silenzio, si misero infatti a parlare. E a denunciare anch’essi.
Con la sua ribellione, Luigi Gravina ruppe l’omertà del cosentino. Gli arresti furono decine e ci furono anche dei pentiti.
Un operaio cambiò la storia di quel Paese dimostrando tutto il suo coraggio.
Quell’operaio nasceva oggi, 15 giugno. E al suo coraggio, al suo non essersi mai piegato, va il saluto di tutti noi.
Leonardo Cecchi
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