mercoledì 29 giugno 2022

Alessandro Scanagatti

 


Lo costringevano a portare ai forni non solo i suoi compagni morti, ma anche quelli moribondi, ancora in vita. Un ragazzo, raccontò anni dopo Alessandro, aveva il padre accanto, deportato anche lui, che piangeva disperato perché voleva prendere il suo posto.


Furono centinaia le persone che Alessandro Scanagatti dovette portare ai forni, a Mauthausen. Era un ragazzo, aveva 17 anni quando venne internato. Catturato in Italia perché partigiano, fu prima torturato a San Vittore e poi spedito nel lager. Lì lo picchiarono, gli spaccarono il naso con il calcio di un fucile. Poi lo assegnarono alle barelle: doveva portare i morti ai forni crematori, ma a volte i tedeschi gli davano anche i moribondi. Gente che finiva bruciata viva.


Alla liberazione del campo, Alessandro pesava 26 kg. Come lui, tanti altri. 


Per decenni non è mai riuscito a parlare di ciò che ha visto e vissuto in quegli anni. Voleva scacciarne persino i pensieri, i dettagli. Tutti tranne uno: il numero 126425, la sua matricola. Quando correva a portare i suoi compagni morti, la doveva ripetere ai tedeschi che lo fermavano di continuo. 


Poi, passati anni, ha deciso di aprirsi. Da lì, il tenere viva le memoria, le manifestazioni, le interviste, i 25 aprile mai mancati.

Si è spento oggi, a 95 anni, dopo una vita di lotte e di dolore. 


A lui, al ricordo di un uomo che ha lottato e ha vissuto tanta tragedia, l’ultimo saluto.

Leonardo Cecchi 

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