Conto alla rovescia per i Pit Bull del Venezuela: dal 2015 saranno tutti illegali
Dopo Inghilterra, Germania e alcune contee degli Stati Uniti, anche il Venezuela proibisce queste razze controverse. Timore e indignazione tra proprietari e allevatori: si dovrà tenere i cani in gabbia e chi verrà trovato a farli riprodurre o a portarli a spasso, sarà costretto a castrarli o a sopprimerli. Le autorità si difendono: «Hanno fatto delle vittime».
Un esemplare di PIt Bull
BUENOS AIRES
Ci sono molti punti oscuri nella «Legge per la protezione della fauna libera o in cattività» che regola il possesso di animali domestici in Venezuela, ma l’articolo 33 parla chiaro e spaventa i cinofili locali: a partire dal primo gennaio 2015, i cani Pit Bull e i loro incroci saranno proibiti in tutto il paese. Non si potrà allevarli, farli accoppiare, venderli o regalarli. Chi ne possiede uno, dovrà tenerlo sempre in gabbia e se verrà sorpreso a infrangere la legge, potrebbe essere costretto a castrarlo o addirittura a farlo sopprimere.
Nessun cane nasce cattivo
«È un fatto vergognoso, vogliono estinguere la razza», dice indignato Luis Cardenas dalla città caraibica di Maracaibo, dove ha fondato l’Ong Fundepits, per proteggere la specie che lo appassiona da almeno 10 anni. Secondo lui, che ne alleva più di venti, i cani non nascono mai pericolosi, sono i padroni a trasformarli in minacce per la comunità, a volte maltrattandoli o perfino addestrandoli al combattimento. Ad ogni modo, però, Luis crede anche che non esistano casi irreversibili: «Ho trovato Shorty per strada all’inizio di marzo - racconta al telefono dal suo salotto - lo avevano incatenato in un terreno abbandonato, perché facesse la guardia, ma poi non sono più tornati a prenderlo».
I vicini della zona lo alimentavano gettandogli gli avanzi oltre la rete, finché qualcuno non ha chiamato Luis. «Ringhiava, mordeva, era magro, pieno di parassiti e ferite - ricorda l’allevatore - è stato un problema anche solo avvicinarlo per mettergli la museruola». Col tempo, tuttavia, la pazienza è stata premiata. Shorty ha iniziato ad accettare che gli altri cani entrassero nel recinto in cui era stato isolato, ma continuava a ringhiare agli uomini, probabilmente ricordando il trauma di chi lo aveva picchiato. Poi, ha imparato a sopportare anche la nostra specie. «Adesso pesa 24 kg, è nella media con la sua taglia, ubbidisce agli ordini e non litiga più con nessuno».
Un’ondata di attacchi
Per questo, Fundepits e le altre 125 organizzazioni animaliste che la settimana scorsa hanno presentato una richiesta formale per cambiare la legge, credono che la soluzione al problema sia quella di istruire i proprietari dei cosiddetti «cani potenzialmente pericolosi» sul modo in cui devono trattarli e gestirli in pubblico. Obbligarli magari a usare le museruole, i guinzagli e anche limitare solo a certi spazi la possibilità di farli circolare, ma non relegarli per sempre in una gabbia o, ancor peggio, esporli alla soppressione.
Dietro una legge che gli attivisti locali hanno definito «ingiusta» in modo unanime, tuttavia, c’è stata la volontà del governo di dare una risposta a quella che tra il 2008 e il 2011 è stata considerata un’ondata di incidenti, con i pit bull come protagonisti. Spalleggiato da titoli di giornale come «Costernazione nell’Aragua per la morte di una bambina azzannata da un pit bull», oppure, «Due Pit Bull attaccano e uccidono un anziano», l’onorevole Briceño, della commissione Ambiente, ha spiegato che «non si tratta di un capriccio del parlamento, ma di una norma che si basa sull’esperienza di persone aggredite, mutilate e finanche uccise da queste razze».
Che cos’è un Pit Bull?
Il problema, ribattono ancora gli allevatori che si avviano alla chiusura forzata delle loro attività, è che con questo approccio, le specie di cani potenzialmente pericolose per l’uomo sono molte. Che dire infatti dei Rottweiler, i Dogo argentino, i Fila Brasiliano o i Tosa Giapponese, che pure vengono usati nei combattimenti e presentano caratteristiche di peso da poter sopraffare un uomo? La stessa definizione di Pit Bull, poi, può comprendere diversi tipi di cane. In Inghilterra, per esempio, dove fu inventato questo incrocio e dove pure oggi è proibito, la legge dice che «si stabilisce se un cane è vietato in base a ciò che sembra, piuttosto che in base alla razza o al nome». In Venezuela, si parla di «Pit Bull, Terrier Americano, Bull Terrier Staffordshire, American Staffordshire Terrier e tutti i suoi meticciamenti», facendo nomi che, in meno di tre mesi, saranno giuridicamente equiparati a le marche e i calibri delle armi da fuoco.
http://www.lastampa.it/2014/09/23/societa/lazampa/cane-cani/conto-alla-rovescia-per-i-pit-bull-del-venezuela-dal-saranno-tutti-illegali-nmlYit0hnpwDS42i9DjH9L/pagina.html?ult=1
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