Paul Krugman critica ancora le misure di austerità e spiega che il caso della Spagna è l'esempio perfetto per capire perché stiamo sbagliando tutto
Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman è uno dei più noti e autorevoli osservatori delle dinamiche economiche su scala globale, è columnist del New York Times e da diversi mesi è molto critico nei confronti dell’Unione Europea e delle soluzioni che sta adottando per superare la crisi.
Nel suo ultimo articolo pubblicato ieri sulle pagine del giornale statunitense, Krugman spiega che l’Europa sta preparando il proprio suicidio economico, rispolverando termini e toni che aveva già utilizzato a inizio anno per definire le politiche europee contro la crisi.
Verso la fine dell’autunno, il premio Nobel aveva accolto positivamente la decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di aprire nuove linee di credito alle banche europee, che rese più semplice l’acquisto di nuovi titoli di stato. L’operazione consentì da un lato di sostenere le banche, che avevano problemi di liquidità, e dall’altro di tenere in piedi i paesi più indebitati. Krugman ricorda che l’iniziativa diede respiro all’economia europea, riducendo le preoccupazioni per gli investitori e riducendo il panico sui mercati. Le mosse successive, spiega Krugman, hanno dimostrato però meno lungimiranza da parte delle autorità europee: invece di ripensare il sistema che aveva portato alla crisi, le politiche di austerità sono state ulteriormente intensificate, soffocando le possibilità di crescita e di ripresa dell’economia.
Nel suo articolo di ieri Krugman aggiunge un nuovo elemento alla propria analisi, occupandosi con maggiore attenzione di come sono andate le cose in Spagna negli ultimi mesi:
L’Europa, conclude Krugman, ha bisogno di trovare una nuova strada se davvero vuole salvare se stessa e l’euro. La BCE, per esempio, dovrebbe dimostrare di essere pronta ad assumersi maggiori rischi con una politica monetaria espansiva per dare ossigeno all’economica, anche se questo potrà comportare un aumento dell’inflazione. Sono necessarie anche politiche fiscali espansive, con sistemi di compensazione tra i paesi che se la cavano meglio e quelli che sono più in difficoltà a causa della crisi. Ma le recenti scelte dei leader europei e della BCE sembrano andare in direzione opposta, confermando di voler insistere sul piano dell’austerità.
Nel suo ultimo articolo pubblicato ieri sulle pagine del giornale statunitense, Krugman spiega che l’Europa sta preparando il proprio suicidio economico, rispolverando termini e toni che aveva già utilizzato a inizio anno per definire le politiche europee contro la crisi.
Verso la fine dell’autunno, il premio Nobel aveva accolto positivamente la decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di aprire nuove linee di credito alle banche europee, che rese più semplice l’acquisto di nuovi titoli di stato. L’operazione consentì da un lato di sostenere le banche, che avevano problemi di liquidità, e dall’altro di tenere in piedi i paesi più indebitati. Krugman ricorda che l’iniziativa diede respiro all’economia europea, riducendo le preoccupazioni per gli investitori e riducendo il panico sui mercati. Le mosse successive, spiega Krugman, hanno dimostrato però meno lungimiranza da parte delle autorità europee: invece di ripensare il sistema che aveva portato alla crisi, le politiche di austerità sono state ulteriormente intensificate, soffocando le possibilità di crescita e di ripresa dell’economia.
Nel suo articolo di ieri Krugman aggiunge un nuovo elemento alla propria analisi, occupandosi con maggiore attenzione di come sono andate le cose in Spagna negli ultimi mesi:
Prendete in considerazione lo stato delle cose in Spagna, che è ora l’epicentro della crisi. Non parliamo più di recessione: la Spagna è pienamente in depressione, con un tasso di disoccupazione al 23,6 per cento – paragonabile a quello che c’era negli Stati Uniti quando la Grande Depressione raggiunse il suo punto più basso – e la disoccupazione giovanile che supera il 50 per cento. Una situazione del genere non può andare avanti a lungo, e la consapevolezza che non possa continuare a lungo così sta facendo alzare di continuo i tassi d’interesse in Spagna.Krugman spiega che la vicenda spagnola può essere usata per smontare la fissazione delle autorità europee, e in particolare della Germania, sulle misure di austerità. La Spagna non aveva politiche fiscali particolarmente dissolute, come altri stati europei finiti poi in crisi per l’eccessiva spesa e i troppi debiti contratti, e quando iniziò la crisi aveva un debito basso e un buon avanzo di bilancio.
Sfortunatamente, aveva anche un’enorme bolla nel mercato immobiliare, una bolla dovuta in buona parte agli enormi prestiti concessi dalle banche tedesche alle loro controparti spagnole. Quando la bolla è scoppiata, l’economia spagnola è rimasta a secco; i problemi fiscali della Spagna sono una conseguenza della depressione, non la causa. Manco a dirlo, la cura prescritta da Berlino e Francoforte, come avrete indovinato, è stata un ulteriore aumento dell’austerità fiscale.Secondo Krugman si tratta di una scelta insensata, specialmente alla luce delle altre crisi economiche che nella storia recente hanno colpito l’Europa. Anche in passato la risposta furono politiche di austerità, che spinsero le economie in stati profondi di depressione e che non facilitarono una riduzione dei tassi di interesse. Considerato come vanno le cose, si potrebbe pensare di trovare una soluzione smantellando il sistema dell’euro, per tornare alle singole valute nazionali. L’economista ammette che si tratterebbe di una mossa con enormi conseguenze politiche ed economiche, ma ammette che sarebbe probabilmente meglio rispetto alle durissime misure di austerità imposte agli stati più in difficoltà.
L’Europa, conclude Krugman, ha bisogno di trovare una nuova strada se davvero vuole salvare se stessa e l’euro. La BCE, per esempio, dovrebbe dimostrare di essere pronta ad assumersi maggiori rischi con una politica monetaria espansiva per dare ossigeno all’economica, anche se questo potrà comportare un aumento dell’inflazione. Sono necessarie anche politiche fiscali espansive, con sistemi di compensazione tra i paesi che se la cavano meglio e quelli che sono più in difficoltà a causa della crisi. Ma le recenti scelte dei leader europei e della BCE sembrano andare in direzione opposta, confermando di voler insistere sul piano dell’austerità.
È difficile evitare un certo senso di disperazione. Invece di ammettere di essersi sbagliati, i leader europei sembrano essere determinati nel guidare la loro economia – e la loro società – giù dal burrone. E tutto il mondo ne pagherà le conseguenze.
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