Il mister Bean delle panchine parla sei lingue ma non è mai riuscito a farsi capire. E' buono, della bontà affettata che hanno certe ziette inglesi, eppure è riuscito a far incazzare il giocatore più buono del mondo: chissà cos'è scattato nella testa argentina di Javier Zanetti il 21 maggio 1997, quando l'Inter perse la finale di coppa UEFA contro lo Schalke 04 ai rigori e lui aggredì il suo allenatore, quel Roy Hodgson che lo guardava allibito ed imbarazzato, per Zanetti of course. Sembrava una lite da bar: invece era San Siro e c'era la diretta tv. Inglese di Croydon, periferia di Londra, il buon vecchio Roy del circolo Pickwick ha la faccia di uno che ha iniziato ad invecchiare a 15 anni. Beve cappuccini e fuma sigari Avana, tutto ciò insieme e non gli fa onore. Ama l'arte contemporanea, gioca a golf, adora i film di Fellini, frequenta musei con la moglie Sheila, preferisce le pinacoteche ai pub dei Navigli: un tipo da plaid, più che Playstation. Però autoironico: Aldo, Giovanni e Giacomo lo prendono per il culo in tv e lui ci ride sopra. "What is this, mr. Hodgson?" E giù risate. Un gentleman, un tipo d'altri tempi in un mondo di iene: questo fa innamorare Moratti. All'Inter, dopo un allenamento, ha la genialata di buttare lì: ma a voi non fa impazzire l'arte figurativa di Dennis Hopper? "I love this works" e stira molto la elle. Alla Pinetina, in quell'istante, capiscono che con lui non vinceranno niente. Viene in Italia tre volte: andata e ritorno all'Inter più l'Udinese. Se ne va tutte e tre le volte, dopo tre fallimenti. Se ne va da signore, salutando tutti, ringraziando per il buffet e accompagnando l'uscita con un inchino.
(Di lui voglio ricordare anche altre due cose: la smerdata che subì dal grande Maurizio Mosca quando gli chiese conto della cessione di Roberto Carlos e l'eliminazione dell'Inghilterra ai mondiali ad opera principalmente della Costa Rica)
Nessun commento:
Posta un commento