Ebbene sì: dopo le dimissioni di Giancarlo Abete e di Cesare Prandelli, Figc deve dire addio anche al sessantottenne coordinatore delle nazionali giovanili, che ha deciso di salutare il suo ruolo dopo quattro anni.
"Lascio con dispiacere un incarico a cui tengo molto", ha infatti spiegato durante una conferenza stampa, "ma ho un avversario terribile che sono riuscito a governare per 22-23 anni e alla fine sta vincendo lui. Questo avversario è lo stress".
"Ho avvisato la Figc già da un anno che a fine mandato avrei lasciato. Non sono stato un bravo padre, ho trascurato mia figlia, e non voglio fare lo stesso con la nipotina nata due anni e mezzo fa", haa aggiunto. "E poi non sono più un giovanotto, il mio recupero è più lento", ha spiegato Sacchi, affiancato dal suo vice Maurizio Viscidi.
Un addio, dunque, senza polemiche o litigi. Nonostante ciò, nell'andarsene, Sacchi ha parole amare per la situazione attuale del calcio italiano. "In una nazione che non crede nei giovani dobbiamo ringraziare la Federazione per gli sforzi fatti", ha detto l'uomo prima di congedarsi. "Il nostro calcio -ha detto Sacchi- non punta sui giovani per due motivi: il primo sono i bilanci economici in rosso, che non consentono investimenti a lungo termine. Il secondo è che il nostro calcio è difensivo e punta più su giocatori esperti, mentre il giovane è più generoso e per farlo crescere serve seminare molto per ottenere risultati solo nel tempo".
"Perché l'Italia, una delle protagoniste di questo sport, deve essere l'ultima a investire sul ricambio generazionale?", si domanda dunque. "In Europa hanno obbligato i loro club ad avere le academy, fanno corsi di aggiornamento dei tecnici per i giovani. In Germania e Francia le società non professionistiche allenano i giovani più interessanti nei centri federali, noi lottiamo contro tutto questo".
"Quando sento parlare di un tecnico o di un altro che deve prendere in mano la nazionale, mi viene da ridere", ha proseguito. "Nel 2010 giustificavamo il Mondiale andato male con la mancata convocazione di Cassano. Ma nel calcio è come nel cinema: se una trama è scadente anche l'attore più bravo non figurerà e il film non avrà successo".
"Abbiamo dirigenti che pensano più al loro potere che al bene del sistema", ha evidenziato ancora. "Un po' di autocritica da parte di tutti non può che far bene. Se ripetiamo gli errori commessi in passato non si cambia, possiamo crescere solo se smettiamo di piangere". "L'Italia", d'altronde, "ha esportato cultura per 1500 anni, ma dobbiamo dimenticare furbizia, affarismo, scorciatoie e compromessi altrimenti siamo out".
Sacchi spera oggi in "un calcio più leale e corretto, senza violenza e con stadi moderni non carceri a cielo aperto come sono attualmente". "Dobbiamo aggiornarci, come ha fatto la Germania nel 2000", ha esortato. "Ma per farlo serve maggiore rigidità nei bilanci perché finché saranno in rosso le società non avranno pazienza con i giovani". Un altro problema, poi, è il "made in Italy": "C'è il fascino degli stranieri e quando è così vuol dire che si è provincialotti", ha concluso. "Serve più fiducia in noi stessi".
http://www.articolotre.com/2014/07/figc-anche-sacchi-dice-addio-e-colpa-dello-stress/
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