Mi chiamo Paolo, 37 anni e faccio il muratore.
Cioè, faccio…
Diciamo che io sono un muratore.
Perchè io da quando ho memoria, ho memoria di calce, di cazzuole e di foratini.
A scuola non m’è mai piaciuto andarci.
Troppo noioso.
Invece quando c’era da andare al cantiere col nonno era festa.
Che a me quella cosa di mettere i mattoni in fila è sempre piaciuta.
Io a 10 anni sapevo già impastare il cemento.
A 13 bevevo già la birra con la gazzosa e a 14 ho tirato su il primo muro tutto da solo.
A 16 il primo contratto vero e a 20 sono entrato in un’impresa edile bella grossa.
Da lavorare c’è sempre.
Magari certi momenti c’è crisi ma tra lo stipendio e i lavoretti alla fine me la cavo sempre.
È un mestiere duro e diventa sempre peggio.
La gente ha fretta ma io non mi faccio fregare.
Il presto è nemico del bene.
I clienti se c’è da aspettare aspettano che i tempi di consegna tanto sono solo un’opinione.
Al cantiere si cerca di lavorare sicuri.
Ma a volte tutta quella dannata fretta toglie un po’ di prudenza.
Quando ci sono penali da pagare i tempi di consegna diventano un’ opinione decisamente convincente.
Ultimamente cerco di lavorare un po’ meno.
Almeno la domenica cerco di evitare qualche lavoretto.
Mia figlia Giulia adesso ha 10 anni e voglio stare un pochino di più con lei.
I suoi primi anni di vita me li sono persi.
Sempre in giro per cantieri.
I soldi non bastano mai.
Ma neanche il tempo basta mai.
E io non lo so come ho fatto a buttare via in quel modo stupido tutto quel tempo.
No.
Non il tempo passato.
Quello futuro.
Più di 20 anni di esperienza ed è bastato un piede messo male sul ponteggio.
Avevo pure il caschetto ma quando cadi da tre metri non è che te ne fai un granchè.
Sono stato proprio un fesso.
Però tutta quella fretta e tutta quella stanchezza.
Provateci voi a stare attenti 12 ore al giorno.
Adesso gli inquirenti indagano, i giornali si indignano e il mio padrone suda freddo.
Ma tanto ormai che indagano a fare.
Io non voglio mica niente.
A me porca miseria servivano solo 10 minuti in più.
Adesso sto qua che aspetto di passare dall’altra parte.
C’è una fila da non credere.
Solo dall’Italia ogni anno arriviamo in 1.000 come quelli di Garibaldi, ma niente giubbe rosse.
Solo teli bianchi a coprire i nostri corpi freddi.
1.000 persone che la mattina escono per andare a lavoro e poi si ritrovano qui a far la fila per passare dall’altra parte.
E io mai avrei pensato di trovarmi in fila con questi mille.
M'hanno messo in camera con un bracciante che non ha visto arrivare il trattore e c’è anche un camionista che ha avuto un colpo di sonno.
Io sto qua e mi dispiace un casino.
Mi sarebbero bastati 10 minuti.
Un minuto per fare gli auguri a tutti i lavoratori.
Oggi è la loro festa e nonostante tutto è la festa anche di noi 1.000.
Un paio di minuti sarebbero stati per nonno. Volevo dirgli di non sentirsi in colpa.
Io sono stato felice di essere diventato un muratore come mi ha insegnato lui.
Che a me sta cosa di mettere i mattoni in fila è sempre piaciuta.
Un paio di minuti per mia moglie.
Ci sono un sacco di cose che non sono mai riuscito a dirle.
E di certo non sarei riuscito a dirgliele in due minuti.
Ma volevo esser certo che le abbia capite.
Cinque minuti con Giulia.
L’avrei solo abbracciata.
E le avrei detto di ricordarsi sempre di chiudersi il giubotto.
Che quella di inverno va in giro col giubotto aperto e poi s’ammala.
E io da quassù non glielo posso più abbottonare…
(cit.mod. Chiara Pastorino)
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