Quella di Rosamaria Caputi e di suo figlio Francesco è una di quelle storie che grida vergogna.
Rosamaria è una donna di 53 anni. Quattro anni fa suo marito è morto a 47 anni per le complicanze di un intervento all’aorta, lasciando lei vedova e orfani i suoi tre figli, di cui il più piccolo, Francesco, ha 11 anni e un grave disturbo dello spettro autistico.
Da allora Rosamaria e i figli vivono con la pensione di reversibilità, l’indennità di accompagnamento e un assegno da caregiver familiare per disabilità gravissima.
Abbastanza per poter trovare una discreta casa in affitto a Roma.
Eppure - che ci crediate o meno - ogni volta che i proprietari scoprono l’esistenza del figlio autistico, arriva improvvisamente la doccia gelata.
“Non affittiamo più”.
Rosamaria se l’è sentito dire già cinque, sei volte, spesso anche dopo aver firmato un pre-contratto e nonostante abbia i soldi per pagare.
L’ultimo agente che ha incontrato glielo ha detto chiaramente:
“Mi dispiace, i proprietari non vogliono affittarle la casa per via di suo figlio”.
Siamo a livelli inauditi di cattiveria, grettezza, ignoranza più totale, discriminazione pura nei confronti di una donna e di un figlio la cui unica “colpa” è quella di non rispecchiare i canoni di “normalità” imposti dalla società.
Dopo che Rosamaria mi ha raccontato questa storia allucinante, prima di mettere giù il telefono, ci siamo lasciati con la promessa di trovare - finalmente - una casa per lei, per Francesco e i suoi fratelli.
Perché è giusto così.
Perché è il minimo in un Paese civile.
Perché sarebbe il degno finale di una storia indegna.
Un abbraccio fortissimo a entrambi.
Lorenzo Tosa
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