di Mauro Mellini
Napolitano, dopo la lettura da parte di Letta (Enrico) della lista dei ministri, viene fuori e dice ai giornalisti: badate che questo è proprio un Governo, senza che stiate a domandarvi che razza di governo è: è un governo normale, politico, costruito secondo le regole dei governi parlamentari, così come previsti dalla Costituzione e basta!.
Quest’intervento strappa dalla bocca un commento in latino: “escusatio non petita, accusatio manifesta”.
Forse c’è un equivalente in inglese, ma io l’inglese non lo conosco per niente. In realtà, se Napolitano ha ritenuto di dover spendere un po’ del credito che si è procurato per essere stato trascinato ad accettare il nuovo mandato, per compiere questa un po’ anomala difesa della lista di Letta, non è stato per sgombrare il campo da formule quali “Governo del Presidente”, “Governo tecnico dissimulato”. C’era proprio bisogno di qualcuno spiegasse “guardate che questo è un Governo”. Giorgio Napolitano è uno dei molti italiani sulla scena politica che, purtroppo, oramai pensano come parlano. E poiché, egli dice, non si poteva fare un governo diverso, questo è, dunque, un governo ed anche buono. Napolitano è probabilmente convinto di avere sconfitto Grillo e l’antipolitica, che ha voluto bacchettare nel suo messaggio alle Camere Riunite. Che abbia tagliato l’erba sotto i piedi del comico arrabbiato è forse vero ed è vero, probabilmente che, sconfitta la linea di Bersani di trovare un accordo più o meno sottobanco con i Grillini, il Movimento trionfatore nelle elezioni di febbraio vedrà accelerarsi le fasi del suo sgonfiamento. Ma il governo (si fa per dire) Letta è il vero trionfo dell’antipolitica. Anzitutto: ci si è arrivati poiché non si poteva restare senza governo. Quindi, è la logica conclusione, “tutto fa brodo”. Ed il brodo di questo governo dovrebbe essere quello, nientemeno, di salvare l’Italia dal baratro, con provvedimenti urgentissimi, indilazionabili, sull’economia. Non si tratta di bazzecole, né di attuare scelte già fatte: c’è da inventare un piano anticrisi, che faccia quadrare il circolo, tagliando il deficit ed, al contempo, allentando i cordoni della borsa per favorire la ripresa, trovando i soldi per la Cassa Integrazione senza sottarli ad opere pubbliche, pagando le imprese creditrici senza lasciare vuoti di cassa. Per far questo il minimo che occorreva era trovare ministri preparati, coraggiosi, ma, soprattutto, esperti. Ma si è voluto soddisfare, anzitutto, l’esigenza numero uno dell’antipolitica: “mandare a casa i vecchi”, cioè gli esperti. Il salvataggio in extremis della nostra economia lo dovranno effettuare i “giovani”, o presunti tali, gli apprendisti, che “si faranno”. Si faranno salvandoci dalla catastrofe facendo quadrare il cerchio. Giovani, che, poi, tanto giovani non sono. Ma poiché la gente di loro, per lo più, non ha mai inteso parlare, pensa che siano nati ieri. E poi le donne. Letta si è dichiarato soddisfatto di avere messo nel governo molte donne. Tra queste una, Emma Bonino fa certamente spicco. Intanto diciamo che ha un merito: si è sempre dichiarata contro le “quote rosa”. Oggi, però è andata ad uno dei più prestigiosi Dicasteri, quello degli Esteri, perché è donna, grazie alla necessità, per Letta, di presentarsi con molte donne nella sua compagine. Ma Emma Bonino ha ben altro titolo per figurare bene in questo cosiddetto governo, in cui l’esperienza pare faccia, invece, titolo di pregiudizio e di demerito. E’ stata per una ventina d’anni militante in un partito inesistente, che non c’era, il Partito Radicale, sciolto, si direbbe, e nemmeno a basso prezzo, se un futuro Giudice Costituzionale ebbe da Pannella un compenso di trenta milioni di lire per un illuminato parere pro veritate sullo scioglimento di un partito. Ora può benissimo figurare in un governo che non c’è. Perché questa è la realtà: di fronte alle difficoltà che apparivano insormontabili per formare un governo, Napolitano, o chi per lui, ha scelto di fare un nongoverno. In pratica per un periodo più o meno lungo (ma è da prevedere assai lungo, ché non basterà sostituire Letta ed il suo paravento di giovani apprendisti ministri “che si faranno”) l’Esecutivo sarà rappresentato dai burocrati. Governeranno (si fa per dire) l’Italia, i burocrati, in attesa che i ministri imparino a raccapezzarsi con i ferri del mestiere. E, per tornare ad Emma, oltre ad avere tra tutti una qualche maggiore esperienza (è già stata ministro, ma pare che un po’ tutti se ne siano dimenticati, magari anche i Grillini, che così facilmente già avevano dimenticato la carriera politica e di casta di Stefano Rodotà), avrà anche il vantaggio di trovare alla Farnesina ancora caldo il ricordo del più insulso e deleterio ministro degli Esteri che abbia avuto l’Italia (che ne ha avuti…!...!!), Frattini. Un vantaggio non da poco. Che poi in questa delicatissima fase (in cui, tra l’altro, è incerto anche il ruolo del ministro degli Esteri rispetto ai rapporti Comunitari) tra i compiti di quel ministero siano prevalenti quelli che richiederebbero una forte preparazione economica, è, sembra, cosa secondaria: “mal comune mezzo gaudio”. Il governo (si fa per dire) Letta avrà, oltre quello di dar soddisfazione all’antipolitica per fare la concorrenza a Grillo, un altro compito: quello di coprire con la sua inesistenza e con lo spazio dati ad alcuni apprendisti ministri ed esponenti politici buoni per gli anni a venire, la crisi del Partito Democratico. Poiché il P.D. era diviso sul fatto se dovesse o no andare al governo con il P.D.L., l’unico modo per far contenti un po’ tutti era quello di non fare il governo o farne uno che non fosse proprio un governo. Non è escluso che un governo inesistente, formato da partiti inesistenti, che avrà la fiducia di un Parlamento inesistente, finisca per funzionare davvero, senza fare più danni di quelli che lo hanno preceduto. Dobbiamo almeno augurarcelo. Dobbiamo augurarci, cioè, che il successo dell’antipolitica sia pieno ed intero. http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=5583&Itemid=72 |
lunedì 29 aprile 2013
Se anche questo è un governo
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