È questa la prima cosa che pensiamo quando ammiriamo il "Ratto di Proserpina", la meravigliosa scultura realizzata da un giovanissimo Gian Lorenzo Bernini tra il 1621 e il 1622 su commissione del cardinale-protettore Scipione Caffarelli-Borghese.
Aveva solo ventitré anni.
Secondo il mito, Proserpina era figlia di Cerere, dea della terra e della fertilità.
Un giorno Plutone, re degli Inferi, decise di venire sulla terra. Dopo un lungo peregrinare si accorse della giovane fanciulla mentre raccoglieva fiori sulle rive del lago Pergusa, a Enna. Invaghito, decise di rapirla e la fece sua sposa e regina degli Inferi.
Bernini rappresenta la scena nell'esatto momento in cui Plutone rapisce Proserpina, e lo fa con un realismo tale da lasciare disorientato, sbalordito, chi si appresta ad ammirare tale opera. Sono i particolari che stupiscono, come le lacrime di Proserpina che, disperata, grida un urlo in cerca di aiuto.
«Non è marmo, è carne» ci ripetiamo, la stessa carne in cui affondano le mani di Plutone per cercare di catturare la ragazza.
«Non è carne, è vita.
Esposta alla Galleria Borghese di Roma 🎨
Mitologia greca
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