In tempi epici, quando l'Impero Romano dominava le terre lontane e sconosciute, vi fu una battaglia epica che avrebbe fatto eco nei secoli a venire. Il grande storico Tacito ci narra di quella memorabile giornata, la battaglia di Watling Street, dove la gloria e la tragedia si intrecciarono in un dramma senza tempo.
La legione romana, formidabile in armatura e disciplina, si mantenne immota all'inizio della battaglia. Protetta dall'angustia del luogo, scagliarono giavellotti a colpo sicuro contro i nemici che si avvicinavano. Ma quando ebbero esaurito queste mortali munizioni, si precipitarono all'assalto, formando un cuneo di ferro che si abbatté implacabile contro le file britanniche.
Gli ausiliari romani seguirono con lo stesso slancio, mentre la cavalleria, con le aste distese contro il nemico, si lanciò come un fiume in piena, infrangendo tutto ciò che si opponeva.
Ma i Britanni, animati da un feroce coraggio, non voltarono le spalle facilmente. I carri, disposti tutt'attorno al campo di battaglia, impedivano loro una fuga agevole.
Nella furia del combattimento, i soldati romani non si astennero neppure dal massacrare le donne britanniche, e il terreno si tinse del rosso del sangue versato, mentre i corpi dei cavalli, trafitti dai dardi nemici, si unirono al cumulo dei morti.
Ma quella giornata fu anche una luminosa vittoria per l'Impero Romano, paragonabile alle glorie antiche. Si racconta che poco meno di ottantamila Britanni persero la vita, mentre le perdite romane furono solo quattrocento, con poco meno di feriti.
La regina britannica Budicca, nella disperazione della sconfitta, si tolse la vita con il veleno, mentre il Prefetto del campo della seconda legione, Penio Postumo, per aver trasgredito contro la disciplina militare e aver defraudato la sua legione della gloria della vittoria, si trafisse con la propria spada, portando un macabro epilogo a questa epica battaglia.
E così, la battaglia di Waitling Street rimase scolpita nella memoria dei tempi antichi, un esempio di coraggio, gloria e tragedia che avrebbe continuato a ispirare le generazioni a venire.
Il racconto si basa su: Tacito, Annali, XIV, 37
Scripta Manent
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