Il fondatore di Wikileaks dovrà rispondere del reato di violenza sessuale. La Corte Suprema britannica respinge il suo appello. L'imputato assente alla lettura della sentenza
La decisione dell'alta corte, presa a maggioranza e non all'unanimità (è stato precisato anche in aula), di fatto riconosce la validità della richiesta della Svezia di pretendere l'esecuzione del suo mandato di arresto di un cittadino straniero in terra straniera, secondo i principi e gli accordi di estradizione (citato l'Extradition Act del 2003). La Suprema Corte ha riconosciuto, con il dissenso palese dei suoi due membri Lady Hale e Lord Mance (su un totale di sette), che a tutti gli effetti il procuratore svedese ha seguito alla lettera le procedure e rispettato le norme del mandato d'arresto europeo (EAW, european arrest warrant), e pertanto l'appello di Assange contro la decisione del tribunale precedente viene respinto. Il Guardian riporta ampi stralci delle motivazioni dei giudici. Il testo completo del provvedimento di oggi è disponibile in PDF.
Si conclude così, almeno per ora, la vicenda che ha tenuto l'ex-hacker e leader indiscusso di Wikileaks per mesi sottoposto a carcerazione preventiva e arresti domiciliari (il suo fermo è avvenuto a fine 2010). La Corte Suprema ha di fatto sollevato la giustizia britannica del problema, riconoscendo alla Svezia il diritto di perseguire Assange per i crimini di cui è accusato. Si tratta anche questa di una vicenda controversa, che andrà chiarita auspicabilmente nei tribunali svedesi: quello di cui è accusato Assange, che oggi non era in aula, non è uno stupro come viene inteso comunemente, bensì un atto sessuale consenziente con tuttavia dei particolari "non concordati" che rientrano nella sfera degli abusi secondo la legge del paese scandinavo.
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