“Non potrei fare a meno d’insegnare. Quando mi mancano le idee e sono in un vicolo cieco, ho bisogno di qualcosa per dirmi che sono ancora vivo, che servo a qualcuno. È una questione psicologica.
A Princeton, negli anni Quaranta, avevo visto cosa succedeva alle grandi menti dell’Institute for Advanced Studies. Scelte in base alla potenza cerebrale, avevano avuto la fortuna di potersi rilassare in una bella villetta nel bosco, senza dover far lezione, senza alcun obbligo. Quei poveracci potevano starsene comodamente da soli a pensare. Ma poi, se non avevano nuove idee, la situazione diventava pesante. Venivano colti da un senso di colpa, magari dalla depressione, dall’ansia. Ma neppure l’ansia serviva perché senza contatti con gli scienziati sperimentali, senza poter rispondere alle domande degli studenti, mancava l’attività vera: la sfida.
Nell’attività intellettuale ci sono momenti in cui tutto va a gonfie vele, vengono in mente idee meravigliose e l’insegnamento diventa un’interruzione, una seccatura. Ci sono però lunghi periodi in cui si approda a nulla, non compare neanche l’ombra di un’idea. E se non si trova qualcosa da fare, si rischia di impazzire.
Se invece uno insegna, può riflettere sulle cose elementari, che conosce a fondo. Sono divertenti, piacevoli, e non fa male ogni tanto ripensarci. Chiedersi se esiste un modo migliore per spiegarle, se suscitano altri agganci di pensieri. Riflettere sulle cose elementari è facile e, se manca l’idea nuova, pazienza: per gli studenti vanno bene le idee già esistenti. E se un’idea nuova arriva su un argomento vecchio, farà comunque piacere avere un punto di vista nuovo.
Le domande degli studenti inoltre suscitano spesso nuove ricerche. Sono domande profonde, sulle quali magari ho riflettuto in passato prima di abbandonarle, per così dire, temporaneamente. Mi fa bene applicarmici di nuovo per cercare di progredire.
Ritengo quindi che l’insegnamento sia molto stimolante. Non accetterei mai un incarico accompagnato dalla situazione, cosiddetta felice, in cui non dovrei insegnare. Mai.”
Richard Feynman.
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