lunedì 10 febbraio 2025

"La vita ai supplementari"

 


"Il giorno dopo la morte di Niccolò abbiamo fatto un’ulteriore scoperta; sul suo corpo avevano praticato per ben due volte l’autopsia. 

Ho sentito crescermi dentro un’ira profonda e orrenda.

L’ho percepito come un insulto, come una violenza gratuita che nessun padre dovrebbe subire per nessuna ragione al mondo.

E poi, ancora adesso mi domando, cosa volevano dimostrare? Che Niccolò era sano? Cercavano indizi per addossargli almeno un po’ di colpa per l’incidente? Cercavano tracce di droghe o di alcol?

Non c’è nulla di più terribile delle foto di una autopsia, è qualcosa di devastante, la più drammatica esperienza della mia vita. 

Non ho mai avuto la forza di mostrarle ad Anna.


Quando ho visto mio figlio sul lettino dell’ospedale era nudo, coperto solo da un lenzuolo.

Ho guardato e toccato tutto il suo corpo, per capire cosa fosse successo. Non aveva un graffio addosso, non aveva fratture di sorta – gambe, braccia, piedi, mani, dita – era integro, non si notava niente di strano. A parte una piccola ferita a forma di C sull’addome, nel punto in cui era penetrato lo spuntone di ferro che l’aveva ucciso.

Per il resto non aveva nemmeno una sbucciatura. Sembrava che dormisse, aveva il volto sereno, bello come sempre, solo le labbra svelavano che in quel ragazzo non soffiava più l’alito della vita. 


Poi l’abbiamo rivisto per l’ultimo saluto prima di rientrare a Firenze, Niccolò era già nella bara. 

Anna gli ha messo una mano sotto la testa, per sollevarlo, per dargli un ultimo bacio e lì, sulla nuca, ha avvertito qualcosa: «Guarda Giova, allora ha battuto la testa».

«No, Anna, lascia stare, quello non è niente» le ho risposto. In realtà sapevo benissimo cosa aveva toccato Anna: le cicatrici dell’autopsia.

Dalla nuca, infatti, gli avevano analizzato il cervello; volevano sincerarsi che l’incidente non fosse dovuto a un ictus. Volevano avere la certezza che Niccolò non si fosse messo alla guida dopo avere ingerito qualche pasticca o avere bevuto un bicchiere di troppo.


Dai rilevamenti fatti per ricostruire la dinamica dell’incidente si è scoperto che Niccolò viaggiava a trenta all’ora, con il casco allacciato e con grande prudenza.

Se quel guardrail fosse stato regolare, Niccolò non si sarebbe fatto nulla. Sarebbe ancora vivo. E invece uno spuntone nello stomaco gli ha trapassato un’arteria addominale".


[Giovanni Galli]


Fonte: autobiografia "La vita ai supplementari"


24 anni senza l'indimenticabile Niccolò Galli... ❤️

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