ALMIRANTE fondatore del MSI, con fiamma (ancora lì).
Giorgio Almirante fece affiggere in Maremma, nel maggio 1944, quello che i locali chiamavano “il manifesto della morte” in virtù del quale furono fucilati alcune centinaia di italiani che avevano rifiutato di andare a fare i camerieri di Hitler, tra cui 83 minatori nella sola notte tra il 13 e 14 giugno. A mio padre andò meglio: si fece solo due anni di vacanza in un lager tedesco. Tornò a casa che pesava 38 chili.
Inizialmente, Almirante disconobbe il manifesto che aveva firmato e sostenne fosse “vergognosamente falso”, “calunnioso”, stampato ad arte contro di lui, “un’infamia”, “una vergognosa campagna stampa” e querelò l’Unità che l’aveva definito “fucilatore di partigiani e “servo dei nazisti”.
Durante i sette anni di processo per la presunta diffamazione, funestato da una serie di tattiche dilatorie, improvvise sostituzioni della pubblica accusa, fandonie sbugiardate una via l’altra, emerse che il manifesto era autentico, come da copia notarile, ma soprattutto fu rinvenuto un telegramma di Almirante, datato 8 maggio 1944, che dava l’ordine di esporre la grida e applicarne le disposizioni.
Inoltre emerse che il fondatore del Movimento Sociale, il quale aveva esordito davanti ai giudici sostenendo di non aver mai subito alcun provvedimento per collaborazione con le forze occupanti, era stato oggetto di un confino di polizia di due anni per la sua attività filonazista. Il Pubblico Ministero che trasformò Almirante da accusatore ad accusato si chiamava Vittorio Occorsio: fu ucciso il 10 luglio 1976 dai terroristi neri di Ordine Nuovo.
Dopo la sua morte, l’Unità venne comunque assolta da ogni accusa di calunnia e oggi possiamo a buon titolo definire Giorgio Almirante “servo dei nazisti” e “fucilatore di partigiani”.
Quanto alla corresponsabilità morale degli italiani morti nei lager, poco mi cale che “la matrice” dell’attuale partito di maggioranza abbia balbettato qualche parola di scusa. La sua parabola politica testimonia una coerenza col passato nazifascista e con i suoi articoli antisemiti che innervarono la nostra servile partecipazione all'Olocausto. Per questo, a differenza di altri che scrissero su La Difesa della Razza, ogni tentativo di lavarsi la coscienza mi risulta falso e ipocrita.
Quindi sì: come ho scritto e ribadisco, Giorgio Almirante aveva sulle mani il sangue di più italiani rispetto a Jozip Tito.
Questo significa forse giustificare i crimini di guerra jugoslavi? Certamente no. Come ho già scritto, gli italiani infoibati, come le decine di migliaia di civili sloveni massacrati da Mussolini prima delle foibe, sono vittime innocenti. Le prime, di una vendetta ingiustificabile dei partigiani comunisti. Le seconde, dell’imperialismo nazifascista.
Almirante era un fucilatore di partigiani e servo dei nazisti.
Luca Bottura
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