Quando tornò a casa dalla prigione, scoprì di aver perso tutti i figli, sette. La moglie, Genoeffa, venne poi a mancare poco dopo di crepacuore per lo strazio subito dai suoi figli.
I nazifascisti gli avevano portato via tutto. La casa bruciata, la famiglia sterminata. Tutto perché Alcide Cervi era un partigiano e in Emilia aiutava chi cercava aiuto, supporto. Dava riparo e rifugio a chi fuggiva dalle rappresaglie.
Resistette, tirò avanti nonostante lo strazio. Perché “con quattro donne e undici nipoti piccoli…dovevo campare ancora qualche anno, avere ancora forza di lavorare”. A settant’anni, vedovo e con quella tragedia alle spalle, si rimise a lavorare, a fare il contadino, e si prese cura di tutti. Tutti i suoi nipoti rimasti orfani, le nuore rimaste vedove. Fino a 95 anni, resistette.
Era il 28 dicembre quando la sua famiglia veniva sterminata. Quando per rappresaglia furono trucidati tutti e sette i suoi figli.
In questo giorno, ricordiamo allora Alcide Cervi. Uomo, italiano, partigiano la cui memoria non va dimenticata.
Leonardo Cecchi
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