HO TANTA VOGLIA DI OTTANTA – PANARARI: “E’ STATO IL PERIODO CHE HA RAPPRESENTATO IL TRIONFO DEL RITORNO AL PRIVATO E DEL 'RIFLUSSO' DI GENERAZIONI DESIDEROSE DI LASCIARSI ALLE SPALLE L'IMPEGNO COLLETTIVO (E CERTI SUOI ESTREMISMI) PER CONCENTRARSI SU DI SÉ. LA NUOVA ERA DELL'INDIVIDUALISMO SPINTO E DELL'EDONISMO REAGANIANO (PER DIRLA COL TORMENTONE INVENTATO DA ROBERTO D'AGOSTINO). DAL ‘TUTTO È POLITICA’ SI È PASSATI AL ‘TUTTO È COMUNICAZIONE’. È IL DECENNIO CHE HA CONSACRATO LA ‘CULTURA DEL NARCICISMO’. NEGLI ANNI OTTANTA, TRA TV E RADIO PRIVATE E LA PUBBLICITÀ, SI STABILÌ UN'INEDITA EGEMONIA SOTTOCULTURALE, SPARSA A PIENE MANI DAL BERLUSCONISMO CATODICO”
Massimiliano Panarari per “Specchio – La Stampa”
Dago -Edonismo reaganiano - Quelli della notte 1985
Cosa resterà degli anni Ottanta? Così cantava Raf al Festival di Sanremo nel 1989. Tanto, decisamente. L'inizio di questo periodo ha conosciuto la tragedia - non solo in Italia, ma specialmente nel nostro Paese - degli anni di piombo, prosecuzione della coda velenosa dei Settanta, una cappa cupa e sanguinosa che ha oscurato le strade e le speranze dei nostri connazionali con gli attentati e gli omicidi del terrorismo nero e del brigatismo rosso.
dago renzo arbore a quelli della notte
Gli Eighties furono così, per molti versi, anche una reazione a quanto avvenuto negli anni Settanta sotto il profilo politico-ideologico, nel quadro dell'ascesa del neoliberismo. Ovvero, il paradigma socioeconomico della rivoluzione neocon portata al potere dal thatcherismo e dal reaganismo, che trovò degli autentici manifesti cinematografici nelle saghe di Rambo (dal 1982) e Top Gun (dall'86).
Gli anni Ottanta - quelli che non sono mai finiti, a giudizio di alcuni osservatori - hanno rappresentato il trionfo del ritorno al privato e del «riflusso» di generazioni desiderose di lasciarsi alle spalle l'impegno collettivo (e certi suoi estremismi) per concentrarsi su di sé.
La nuova era dell'individualismo spinto e dell'edonismo reaganiano (per dirla col tormentone inventato da Roberto D'Agostino a Quelli della notte, poi divenuto una categoria tout court del dibattito culturale). Dal «tutto è politica» si è passati, per tanti versi, al «tutto è comunicazione», grazie al potenziamento anche tecnologico dei media, alla loro moltiplicazione, e ai mutamenti radicali della cultura e dello spirito dei tempi.
È il decennio che ha consacrato la «cultura del narcicismo» (come la denominò Christopher Lasch), in cui il culto del corpo - dal surf al body-building e al fenomeno sociale dell'andare in palestra - è letteralmente esploso, provenendo in primis (al pari di parecchie altre novità) dalla California, frontiera dell'Estremo Occidente.
Autorappresentazione di sé e autoperformatività che affondavano i loro albori simbolici in una celebre pellicola di John Badham di fine anni Settanta, La febbre del sabato sera con John Travolta. E che avrebbero gettato le basi per la ricerca sempre più frenetica di strumenti e opportunità per comunicare, una dimensione che rimanda anch' essa, in maniera eminente, all'espressione della soggettività (premessa per il successivo dilagare di quell'«autocomunicazione di massa» di cui ha scritto magistralmente Manuel Castells).
Il decennio dell'ascesa, nella triangolazione Parigi-West Coast-New York, della cultura postmoderna. Quella che, in un battibaleno, diventa di massa e pop(olare) con il successo planetario del romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco, pubblicato da Bompiani nel 1980.
E che incontra una macchina comunicativa e scenografica poderosa nelle varie edizioni dell'Estate romana, nata nel 1977 (anno seminale che chiude, di fatto, i «brevi Settanta» e inaugura i «lunghi Ottanta») su iniziativa di Renato Nicolini proprio per rianimare le piazze della capitale atterrita dalla violenza politica (e per animare le periferie), mescolando cultura alta e bassa, giustappunto secondo la visione di fondo del postmodernismo.
La colonna sonora del decennio - ricchissima - in Italia propone alcune hit storiche di ricerca del divertimento e di fuga dai "cattivi pensieri" e dalle preoccupazioni, come quelle dell'album Alè-oò di Claudio Baglioni ('82), Gioca jouer di Claudio Cecchetto ('81), Vacanze romane dei Matia Bazar ('83), Bello e impossibile di Gianna Nannini ('86), Gimme Five di Jovanotti ('88).
L'età aurea delle discoteche e del clubbing, anche nella versione di quella creatività individuale del look degli avventori che raggiungerà l'apice in locali quali il Tenax di Firenze, tempio della new wave. Soprattutto, gli anni Ottanta furono quelli del «diluvio commerciale» delle televisioni e radio private (come lo definì il sociologo dei media Jay Blumler) e della pubblicità, in grado di stabilire un'inedita egemonia sottoculturale, che in Italia venne sparsa a piene mani dal berlusconismo catodico.
ENRICO BERUSCHI DURANTE UNA PUNTATA DI DRIVE IN
Con le sue punte di diamante in trasmissioni tv come Drive In, un complesso «apparato finzionale», ispirato da alcune intuizioni del situazionismo rovesciate politicamente di segno che, dietro l'atmosfera ridanciana e disimpegnata, veicolava la nuova religione dell'iperconsumo (compreso quello sessuale, svestendo un gruppo di ragazze per la prima volta in prima serata) e un'ideologia de facto di taglio neoconservatrice.
E proprio allora ebbe inizio anche la marcia trionfale della rivoluzione informatica: Apple metteva sul mercato il suo pc Macintosh, accompagnandolo con lo spot 1984 diretto da Ridley Scott (reduce dal capolavoro Blade Runner); e il 20 novembre dell'85 Microsoft lanciava la versione originaria del sistema operativo Windows. -
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ho-tanta-voglia-ottanta-ndash-panarari-ldquo-rsquo-stato-321001.htm
Costanzo71
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