di Vania Colasanti
Dall'attico in cui aveva vissuto con Ilaria Occhini, lo scrittore vedeva un "panorama con la profondità che solo il mare sa dare. Sono vicino al Pantheon e mi sento anche un po' nella mia Napoli"
"La longevità è l'amore. Non voler lasciare chi ami e chi ti ama". Lo scrittore Raffaele La Capria, che avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 3 ottobre, nella sua ultima intervista - a soli pochi giorni dalla sua scomparsa - aveva detto che il segreto per attraversare con saggezza e lucidità un secolo di storia era Amare. L'amore per la figlia Alexandra che per coinvolgerlo nella quotidianità aveva organizzato l'incontro, aprendo a La Repubblica le porte della sua casa e della sua vita.
Dal Pantheon la profondità del mare
Dalla terrazza era come se posasse Le mani sulla città: il film di denuncia che aveva scritto nel '63 con Francesco Rosi. E con proverbiale ironia aveva detto: "Questo panorama ha la profondità che solo il mare sa dare. Sono vicino al Pantheon e mi sento anche un po' nella mia Napoli. In quest'attico ci viveva già mia moglie Ilaria Occhini. Da quando la conobbi nel '61 alla serata del Premio Strega, che vinsi per Ferito a morte, non ci siamo più lasciati e d'allora ho sempre vissuto qui". Sotto i grandi occhiali scuri, lo sguardo era ancora vivace e una polo azzurra ravvivava il suo volto pieno, solo qualche ruga, che non sembrava certo quello di un centenario.
"Mia figlia è la felicità quotidiana"
La lezione del canarino, quella forte suggestione provata da bambino quando un cardellino si posò sulla sua spalla, suscitando in lui il desiderio di ricreare le emozioni attraverso la scrittura, quella commozione, negli ultimi tempi, la riviveva in compagnia di sua figlia: "È lei il mio canarino. Alla mia età si diventa più sensibili, più desiderosi di abbracci. Alexandra, con la quale vivo, è la mia felicità quotidiana, oltre naturalmente all'affetto dei miei nipoti. Vestale di questa casa ora è diventata la collaboratrice Emma. Nelle sue mani amorevoli sono tornato bambino. E poi c'è il fisioterapista Ulisse che mi ricorda di Omero".
"La longevità è l'amore. Non voler lasciare chi ami e chi ti ama". Lo scrittore Raffaele La Capria, che avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 3 ottobre, nella sua ultima intervista - a soli pochi giorni dalla sua scomparsa - aveva detto che il segreto per attraversare con saggezza e lucidità un secolo di storia era Amare. L'amore per la figlia Alexandra che per coinvolgerlo nella quotidianità aveva organizzato l'incontro, aprendo a La Repubblica le porte della sua casa e della sua vita.
Dal Pantheon la profondità del mare
Dalla terrazza era come se posasse Le mani sulla città: il film di denuncia che aveva scritto nel '63 con Francesco Rosi. E con proverbiale ironia aveva detto: "Questo panorama ha la profondità che solo il mare sa dare. Sono vicino al Pantheon e mi sento anche un po' nella mia Napoli. In quest'attico ci viveva già mia moglie Ilaria Occhini. Da quando la conobbi nel '61 alla serata del Premio Strega, che vinsi per Ferito a morte, non ci siamo più lasciati e d'allora ho sempre vissuto qui". Sotto i grandi occhiali scuri, lo sguardo era ancora vivace e una polo azzurra ravvivava il suo volto pieno, solo qualche ruga, che non sembrava certo quello di un centenario.
"Mia figlia è la felicità quotidiana"
La lezione del canarino, quella forte suggestione provata da bambino quando un cardellino si posò sulla sua spalla, suscitando in lui il desiderio di ricreare le emozioni attraverso la scrittura, quella commozione, negli ultimi tempi, la riviveva in compagnia di sua figlia: "È lei il mio canarino. Alla mia età si diventa più sensibili, più desiderosi di abbracci. Alexandra, con la quale vivo, è la mia felicità quotidiana, oltre naturalmente all'affetto dei miei nipoti. Vestale di questa casa ora è diventata la collaboratrice Emma. Nelle sue mani amorevoli sono tornato bambino. E poi c'è il fisioterapista Ulisse che mi ricorda di Omero".
I libri più amati
Un'intera parete del suo studio è tappezzata con i Meridiani Mondadori, dedicati ai grandi della letteratura e La Capria era fiero di essere tra loro: "Sono l'unico scrittore italiano celebrato in vita con ben due edizioni. Ma non mi piace essere ricordato solo per il premio Strega. In questo studio ho scritto Lo stile dell'anatra, L'estro quotidiano e Capri non più Capri che sono i miei preferiti. Ogni frase è nata sui tasti di quella macchina da scrivere". Una gloriosa Olivetti Valentine, rosso fiamma, gli ricordava i tempi legati alla scrittura. "Non mi sono mai piegato al computer, né ricorro agli audiolibri. Preferisco che sia Alexandra a rileggermi qualche passo di Cechov, Dostoevskij, Tolstoj, Proust, Faulkner: gli autori che in questo soggiorno mi fanno ancora compagnia".
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