sabato 18 ottobre 2014

Una costituzione per il web

L’Italia vorrebbe proporre all’ Unione il suo Habeas Corpus Digitale
UNA COSTITUZIONE PER IL WEB – Riccardo Lala – Lettera aperta ai vertici dello Stato
Finalmente, la Camera dei Deputati  si è manifestata circa il complesso progetto del Parlamento Europeo in materia di “diritti sul web” – al quale l’Associazione Culturale Diàlexis aveva dedicato addirittura, ben 5 mesi fa,  il primo dei suoi “Quaderni di Azione Europeista” (L’Habeas Corpus Digitale, Alte Tecnologie per l’ Europa")-, lanciando l’idea di una “Costituzione Digitale” sul modello del “Marco Civil Digital” approvato dal Parlamento brasiliano
E’ singolare che questo, come altri temi di interesse centrale per la sopravvivenza stessa dell’ Europa e dell’ Umanità, passino sempre in secondo piano di fronte a questioni giudicate stranamente “più gravi” e “più urgenti”. Soprattutto, sembrerebbe che l’Italia voglia propoporre la bozza all’ unione Europea come contributo in quanto Paese che ha la Presidenza di questo semestre. Abbiamo perciò inviato, con una copia dei nostri e.book sull’argomento, una lettera aperta alla Presidente della Camera Boldrini, al Presidente della Commissione Rodotà, e al Primo ministro Renzi per la Presidenza Italiana della UE, come anticipo di quello che vuol essere un intervento molto più sostanziale, anche con il contributo dei nostri lettori.

Ecco il contenuto della lettera:
“Torino, 13/10/2014
Laura Boldrini
Presidente della Camera dei Deputati
Piazza di Montecitorio 10187 Roma
ROMA
Per Conoscenza
p.c. Stefano Rodotà
Presidente della Commissione Diritti sul web
Palazzo di Montecitorio 10187 Roma
Matteo Renzi
Presidente del Consiglio
Palazzo Chigi
Piazza Colonna 167 10186 Roma
Roma
Oggetto: Costituzione del Web e industria digitale europea
Signora Presidente!
Laura Boldrini lettera
La questione dell’immagazzinamento abusivo di dati (a colpi di centinaia di milioni)  su tutti i cittadini del mondo, su tutti gli Stati e su tutte le Istituzioni, imposta all’ ordine del giorno  dallo scandalo “DATAGATE”, ha una portata così vasta, ch’esso non potrà certo non lasciare tracce sulle vicende culturali, politiche e militari dei prossimi anni. Tuttavia, esso non è che  uno dei tanti sintomi dell’ importanza cruciale che le nuove tecnologie hanno per il futuro dell’ Europa e dell’ Umanità.
Infatti:
- Innanzitutto, se è vero, come risulta ormai chiaro da molte fonti,  che ogni nostra, seppur minima, azione viene, da tempo, non solo spiata, ma anche immagazzinata a nostra insaputa con la cooperazione di vari  Stati e imprese, in un luogo  lontano e segreto fuori dell’ Unione Europea e in palese violazione delle leggi di quest’ultima, al fine di trarne, anche solo in un remoto futuro, elementi sulla nostra personalità, sul nostro comportamento, su eventuali nostre colpe, possibilmente per ricattarci, o, addirittura,  per creare un nostro “doppio” virtuale, condizionandoci a distanza,  allora ci si può chiedere in che cosa consista oramai quella la libertà che viene spacciata come la quintessenza dell’attuale società e sulla quale si fondano, tra l’altro, la  costruzione europea e la Costituzione Italiana.  Come si può pensare, infatti, che ognuno di noi, fino ai vertici della società, dello Stato, della Chiesa, possa operare liberamente e secondo coscienza, se sa di poter essere ricattato in qualunque momento dai detentori dei suoi più intimi segreti?
- Ma, ancor peggio, noi viviamo oggi, oramai, solo attraverso la macchina, abbiamo accesso solo a ciò che la macchina ci permette di vedere, facciamo solo ciò che la macchina ci permette di fare. E, soprattutto, il fatto di essere tutti condannati quotidianamente, per poter ottenere informazioni, documenti, denaro, riconoscimento di diritti, a passare attraverso il filtro di una nostra personalità virtuale, iscritta, ancora una volta, dentro la macchina (il nostro cosiddetto “PROFILO”), ci rinchiude sempre più nella nostra gabbia d’acciaio (il cosiddetto “INCAPSULAMENTO”), che è la risultante di un nostro passato ormai pietrificato e delle ferree leggi segrete che, attraverso un algoritmo, ci vengono  imposte dal gestore della rete. Nessuna possibilità di dialogo autentico con gli altri. Anche se questa tirannide informatica è solamente  agli inizi, abbiamo cominciato già ora, come nei romanzi di Frantzen e di Auster, a essere, prima che degli spettri virtuali,  null’altro che le pallide vestigia di noi stessi, mentre cresce e ci sovrasta quel nostro “profilo” che risiede nel lontano server, coordinato da un “general intellect” macchinico di cui siamo solamente più un infimo componente.
- L’ ulteriore sviluppo di questo progetto teo-tecnocratico, se non bloccato tempestivamente, potrebbe comportare conseguenze ancor più pesanti, prima fra le quali la radicale sostituzione dell’ Umanità con le macchine (il “RISCHIO ESISTENZIALE”). Vi è pertanto un estremo bisogno di una regolamentazione internazionale,  sotto l’ egida delle Nazioni Unite, contro i possibili abusi.
- L’Europa è certamente coinvolta sotto molti punti di vista in questo sistema informatico mondiale, ma soprattutto in qualità di vittima, consenziente o meno.
- Le vicende del DATAGATE  hanno fornito, alle Istituzioni, l’occasione per manifestare un’ inedita propositività: un patto euroatlantico contro lo spionaggio(DPA),di cui non si è più sentito parlare dopo il sostanziale diniego del Presidente Obama, una risoluzione dell’ ONU sullo stesso argomento, oramai adottata; un’intelligence europea(anche qui, non se ne è più sentito parlare); un cloud europeo; un Google europeo; la rilocalizzazione in Europa dei dati degli Europei; il tutto sintetizzato dall’ “Habeas Corpus Digitale Europeo” adottato con la Risoluzione del Parlamento Europeo del 12/3/2014;
- La nuova legislatura europea ha di fronte a sé un’eccezionale, e forse ultima, occasione, per ostacolare l’affermarsi della tirannide robotica mondiale, ma, prima ancora, per provocare uno studio, una riflessione e un dibattito su come riuscirci;
- L’approccio adottato nelle discussioni in corso presenta degli inconvenienti, fra i quali:
(i)Quello di essere troppo settoriale (da un lato, la protezione dei dati; dall’ altro, la promozione delle nuove tecnologie);
(ii)Quello di non  concentrarsi abbastanza sulla questione più grave, quella del “RISCHIO ESISTENZIALE”, né su quella più urgente, la creazione DI UN WEB EUROPEO.
L’idea che proponiamo come sintesi di queste riflessioni, vale a dire quella del WEB EUROPEO, dovrebbe avere un duplice pregio:
- da un lato, essa può essere portata avanti fin da subito fra privati, in modo da poterci presentare fra breve al legislatore europeo con qualcosa di concreto fra le mani;
- dall’ altro, costituirebbe comunque un elemento fondamentale di aggregazione, per poi partire per ulteriori campagne.
Per questo, mettiamo in guardia  contro la concezione dell’ “Habeas Corpus Digitale” come rivolto esclusivamente a stabilire una serie di “Diritti fondamentali”, e non preoccupato, nello stesso modo, dello sviluppo di un’industria digitale europea. Infatti, se e nella misura in cui il potere effettivo sulla rete continui a spettare esclusivamente alle multinazionali dell’ informatica, alla NSA e alle parallele organizzazioni spionistiche internazionali, e queste continuino, come ora, a rifiutarne una cessione per quanto minima e parziale, non si vede come, non diciamo i cittadini o la società civile europei, ma, addirittura, l’Unione Europea o qualunque Stato del mondo possa fare valere effettivamente qualsivoglia diritto relativo al web. Ad esempio, dopo che, con dure battaglie legislative e giudiziarie, si sono imposte severe restrizioni alle intercettazioni giudiziarie da parte della Magistratura italiana, quelle stesse comunicazioni che sono state bloccate e distrutte per i giudici italiani continuano ad essere accessibili alle società telefoniche, alle multinazionali del web e ai servizi segreti internazionali, i quali conoscono, dunque, delle indagini penali italiane e degli stessi Segreti di Stato, di cui è depositario il Presidente della Repubblica, più della nostra Magistratura, e non vengono perseguiti, come succede alle Autorità italiane, nel caso di violazione della legislazione nazionale applicabile.
La presidentessa della Camera ha correttamente affermato che una legislazione in questa materia non può che essere internazionale. Aggiungeremo: internazionale e europea. Anche perché, dopo Echelon, il Datagate e le trattative svoltesi a tutti i livelli fra UE e Stati Uniti, è ormai chiarissimo che questi ultimi non intendono modificare in alcun modo la loro legislazione, che subordina qualunque diritto all’esigenza dello spionaggio militare e antiterroristico, così come le multinazionali del web non intendono rinunziare in alcun modo al loro “core business”, che è quello di spiare, immagazzinare, conservare, rielaborare, perfezionare, utilizzare, rivendere e monetizzare in ogni modo possibile i dati sulla mentalità, le inclinazioni, le idee, le abitudini, le attività commerciali o sociali di tutti i cittadini, le organizzazioni e le imprese del mondo. Né gli uni, né gli altri, intendono cessare la loro mutua integrazione,  che rafforza gli effetti negativi di quanto sopra.
E’ ovvio, quindi, che i diritti sul web che dovremmo, e vorremmo, riconoscere ai cittadini italiani ed europei,  potranno essere tali solo nella misura in cui essi potranno essere agiti efficacemente e celermente almeno dinanzi ai tribunali italiani ed europei. Ma, giacché, per fare ciò, si richiede che esistano una comunità informatica europea, un’intelligence europea, una rete telefonica europea, un web europeo, senza che, in questa mondo informatico europeo, possano continuare a dominare soggetti giuridicamente obbligati, direttamente o indirettamente, al rispetto delle regole, opposte, che vigono negli Stati Uniti, tutte le azioni politiche che si limitassero a sancire dei diritti senza fornire nello stesso tempo strumenti di difesa contro quei comportamenti sarebbero delle pure ‘gride manzoniane’, alle quali siamo purtroppo abituati, ma delle quali non abbiamo certamente bisogno in questo momento di vera e propria implosione della cultura, della società e dell’ economia europee.
L’”Habeas Corpus Digitale Europeo” approvato dal Parlamento europeo   il 12/3/2014 , documento d’indirizzo che dovrebbe essere preso in seria considerazione da tutti i legislatori nazionali, aveva il pregio di considerare quest’ottica globale. D’altra parte, anche il Presidente designato della Commissione, Jean-Paul Juncker, ha inserito, fra le priorità sue e della nuova Commissione, la creazione di nuovi posti di lavoro attraverso il Web. Infine, le Nazioni Unite e l’ UNESCO hanno avviato embrionali attività, che andrebbero accelerate e rafforzate.
Se, come pare, l’ Italia intende, giustamente, in quanto Paese che presiede in questo momento l’ Unione Europea, proporre all’Unione Europea un testo su cui lavorare, deve porre al centro  della nuova legislatura europea due questioni:
- una disciplina internazionale del principio di precauzione, volta a monitorare tutte le nuove tecnologie (informatiche, spaziali, chimico-fisiche, biotecnologiche, neurobiologiche) per prevenire il RISCHIO ESISTENZIALE, vale a dire la distruzione del genere umano e/o la sua sostituzione con le macchine;
- un web europeo, comprendente: una cultura informatica europea, infrastrutture europee di comunicazione, un’ intelligence europea, un cloud europeo. Si allega questo proposito il Quaderno “Restarting EU Economy via Knowledge-Intensive Industries” .Quest’aspetto è di vitale importanza soprattutto per un’Europa, e soprattutto, per un’Italia, avviate lungo un impressionante pendio di declino. Il legislatore non può limitarsi all’ affermazione di generici principi generali, ignorandone le enormi, e potenzialmente positive, implicazioni concrete per il nostro Paese.
Discutendo con il Primo Ministro della Repubblica Popolare Cinese, che, realizzando ogni giorno nuovi successi nelle industrie digitali, costituisce l’antitesi positiva della crisi europea, si dovrebbe vedere ), per incominciare a costruire un Web italiano ed europeo, di stabilire delle sinergie con le ineguagliabili industrie cinesi del Web Baidu Alibaba e Qihoo 360 (che non solo sono riuscite ad erodere in pochi mesi business per molti miliardi di dollari ai concorrenti americani, ma anche hanno creato, sul mercato cinese, una concorrenza vivissima, quale certo non esiste in Occidente.
Di fronte alle dimensioni delle sfide in essere, la Costituzione del Web, così pure il Marco Civil Digital brasilano a cui essa s’ispira, non possono che rivelarsi insufficienti. E, tuttavia, anche   limitandoci, per ora, ai diritti costituzionali all’ interno del Paese (e, in un domani, dell’ Europa),  si dovrebbero almeno trattare alcune questioni come:
- il web e l’eccezione culturale;
- il web e l’antitrust;
- il diritto penale e il web;
- il diritto fiscale e il web;
- il “cloud europeo”.
Quanto al primo punto, dovrebbe venire chiarito che il Web fa parte a pieno titolo della cultura di un Paese, e, pertanto, ad esso non si applicano i principi giuridici, nazionali o internazionali, in materia di commercio di merci.
Quanto all’ Antitrust, le procedure attualmente in corso contro Google dimostrano che l’Antitrust è inefficace per tutelare contro il potere dominante delle multinazionali informatiche, le quali influenzano, prima ancora della concorrenza, addirittura la struttura esistenziale dei cittadini, i vertici dello Stato, l’insieme delle imprese nazionali e internazionali. Occorrerebbe almeno incominciare a sancire principi costituzionali nuovi in questa materia, che colpiscano anche questo potere sociale.
Quanto al diritto penale, dev’essere chiaro che la violazione dei diritti dei cittadini italiani è comunque un reato per l’ordinamento italiano (e/o europeo). Se “profilare” gli utenti viola il diritto alla privacy, se intercettare senza il mandato della Magistratura viola il diritto alla segretezza della corrispondenza, allora i corrispondenti reati debbono essere perseguiti dal diritto penale italiano(e/o europeo), con sanzioni graduate per casi singoli, casi ripetuti, violazioni sistematiche, violazione di segreti commerciali, politici o militari, e i responsabili debbono essere processati e condannati anche se residenti all’ estero(e/o dell’ Unione Europea).
Quanto al Diritto fiscale, debbono essere stabiliti chiari principi di individuazione del luogo dove si genera il reddito tassabile, per evitare l’attuale elusione generalizzata.
Quanto al “Cloud Europeo” dev’essere chiaro che l’unico strumento efficace per impedire molte delle violazioni di cui sopra è rendere obbligatorio che i dati degli Europei siano custoditi in territorio europeo, sotto il controllo del diritto europeo e dei giudici europei. Questo creerebbe anche, tra l’altro, un enorme incremento di posti di lavoro nel nostro territorio. E se poi si ritenesse che la professione informatica della UE non sia ancora pronta per un simile compito, la Svizzera ha già offerto la propria collaborazione
Utilizzando l’opportunità che  è stata offerta a tutti i cittadini, di intervenire sulla nuova proposta di legge,  presenteremo un nostro intervento definitivo, i nostri due “Quaderni” citati in precedenza (“Habeas Corpus Digitale” e “Restarting EU Economy”, che si allegano).
Costituendo, il tema della democrazia digitale, la radice profonda del nostro impegno esistenziale, culturale, civile ed imprenditoriale, la nostra azione su questi temi è totale. La nostra Casa Editrice Alpina sta pubblicando una serie di e.book su questi temi. Abbiamo già coinvolto a questo proposito i vertici dell’ Unione e l’ industria digitale nazionale.UNA COSTITUZIONE PER IL WEB
Ci accingiamo perciò a predisporre, con il supporto della Società Civile,  un intervento circostanziato sulla bozza del Progetto, che inseriremo nel Vostro sito come contributo al testo in preparazione. 
RingraziandoVi anticipatamente per l’attenzione,
Distinti saluti,
per l’Associazione Culturale Diàlexis,
Riccardo Lala




http://www.articolotre.com/2014/10/una-costituzione-per-il-web/

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