Il Piemonte e l’Egitto legati a doppio filo
-G.C.- Non è una leggenda: non si tratta, in fondo, di un caso che a Torino sorga il secondo più importante Museo Egiziodel mondo, dopo quello de Il Cairo. Un filo invisibile collega le due città, attraversando la storia e le epoche, passando per un piccolo paese adagiato sulle colline del Monferrato, Monteu da Po.
E' qui che iniziò tutto: era il 123 a.C e due importanti famiglie del centro Italia, I Lollii e gli Avilii, occuparono il villaggio celto-ligure di Bodincomagus e lo riorganizzarono in base ai dettami romani: nacque così Industria, un centro commerciale che si rivelò fondamentale nel collegare le miniere di Cogne alla Repubblica Romana, che necessitava continuamente dei materiali delle Alpi per le sue nuove costruzioni in tutto il territorio dominato.
Tali miniere erano gestite proprio dagli Avilii. Fu uno di loro, Lucius Gavianus, a rendersi conto di come i lavori all'interno delle cave potessero essere compiuti da schiavi: per questo motivo, fece deportare migliaia di egiziani in Valle d'Aosta e, successivamente, nella città di cui era patrono, Industria. Grazie a loro conobbe il culto di Iside, che riconobbe come protettrice del commercio.
In Egitto associata al culto del Bue Api, Iside era la dea moglie di Osiride, la grande madre di Horus, dio Sole. Una divinità che lo affascinò tanto da convincerlo a dedicarle la vita e a far erigere nella sua città, a pochi chilometri da Augusta Taurinorum, oggi Monteu da Po, un tempio a lei dedicato.
Oggi Industria è un sito archeologico dimenticato dai più. Attraversando il paesino, si possono notare le rovine e gli scavi: si riconoscono chiaramente le fondamenta delle botteghe, delle abitazioni e dei templi. Sono due: uno dedicato alla dea madre, l'altro, esattamente all'opposto dell'area sacra, dedicato a Serapide. Una divinità originaria di Menfi, che unificava in sé il dio greco Zeus-Hades a quello egiziano Osiride-Apis, il quale possedeva le sembianze di un toro.
Nel V secolo d.C., Industria venne spazzata via. Abbandonata dai suoi abitanti, probabilmente a causa delle continue invasioni unne nel territorio, con i barbari che saccheggiavano la città e la distruggevano. Si fece spazio al cristianesimo: Iside e Serapide vennero dimenticati, e il tempo contribuì a nascondere le tracce di quella presenza “esotica” in terra piemontese.
Fino all'800, quando cominciarono i primi scavi nella zona. Gli archeologi non faticarono poi molto per rendersi conto di come, in quella città, si coltivasse il culto di dei egiziani. I sistri -strumenti utilizzati dalle sacerdotesse di Iside- ritrovati non lasciavano spazio a molti dubbi. Al tempo stesso, durante i lavori di ricerca, erano emersi numerosi bronzetti votivi, attorno ai templi.
La maggior parte presentava le fattezze di bovini. Iside “bue” e Serapide “toro”.
Gran parte di tali manufatti sono custoditi oggi al Museo delle Antichità di Torino. Affascinanti reperti di un passato che, attraverso un piccolo paese delle colline piemontesi, rievoca l'Egitto delle piramidi. Colpisce particolarmente come, tra questi, vi sia anche un toretto scalciante che tutti i piemontesi conoscono: è uno dei simboli contraddistinguono Torino nel mondo, e che in pochi sanno derivi proprio dalla storia egizia.
http://www.articolotre.com/2014/10/il-piemonte-e-legitto-legati-a-doppio-filo/
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