Bicampione olimpico fermato a causa delle sue origini somale
Mohamed Farah
Mohamed Farah festeggia con la moglie Tania e la figlia Rihanna
Che l'atletica negli Usa non sia fra gli sport più popolari è un dato di fatto, ma che il bi-campione olimpico Mo Farah (a Londra ha vinto l'oro nei 5000 e nei diecimila) venga arrestato perché scambiato per un terrorista sembra veramente troppo. Eppure è successo, e a raccontarlo al 'Sun', che pubblica la storia sia nella sua edizione in edicola che su quella online, é stato lo stesso Farah, autentico idolo della Gran Bretagna. Il 29enne Farah è di origini somale, ma vive in Gran Bretagna da quando era bambino.
Ma il solo fatto di essere nato in Somalia lo rende persona sospetta per le autorità americane e per questo è stato messo in stato di fermo dopo essere arrivato all'aeroporto di Portland, dove era arrivato con la famiglia per le feste natalizie. "Non ci potevo credere - ha raccontato Farah -, eppure è così, e succede ogni volta. A causa delle mie origini somale ogni volta che mi presento alle autorità doganali americane vengo trattenuto alla frontiera e ho problemi. Questa volta mi ero portato perfino le mie due medaglie d'oro olimpiche per far capire chi sono, eppure non è servito".
In passato Farah ha tentato di ottenere un permesso di soggiorno, in quanto trascorre lunghi periodi negli States, proprio nei pressi di Portland e della sede del suo sponsor Nike, per allenarsi con il suo coach Alberto Salazar. "Quella volta ero in Oregon con il visto turistico - ha raccontato il campione olimpico -, quindi ho dovuto lasciare il paese e poi rientrare come residente grazie al documento che il mio sponsor mi aveva procurato. Così sono volato per stare quattro giorni a Toronto, ma quando poi sono tornato a Portland mi hanno fermato e detto che ero sotto inchiesta per terrorismo, e che dovevo stare in stand-by, o tornare a Toronto, per almeno 90 giorni. Non sapevo come fare, avevo vestiti solo per 4 giorni e se non fosse stato per Salazar, che aveva un amico alla Fbi grande appassionato di atletica, solo Dio sa cosa sarebbe successo: probabilmente sarei ancora a Toronto"
(ANSA)
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