venerdì 29 agosto 2025

Sierra Leone: la sentenza dell’Ecowas condanna la mutilazione genitale femminile

 

Da decenni le organizzazioni per i diritti umani a livello internazionale si battono per criminalizzare la pratica della mutilazione genitale femminile (MGF) con particolare attenzione in Sierra Leone, dove è profondamente radicata nelle tradizioni culturali.

Anche nota come "taglio", prevede la rimozione di tutti o parte dei genitali esterni per motivi non medici e per questo viene spesso eseguita senza anestesia da qualcuno senza formazione medica usando coltelli, forbici, bisturi, pezzi di vetro o rasoi. 

Tutte le forme di MGF rimuovono e danneggiano i tessuti sani interferendo con le funzioni biologiche del corpo, e chi l’ha subita va incontro a dolore cronico, sanguinamento, shock, aumento del rischio di trasmissione di HIV, ansia, depressione, difficoltà a urinare, infezioni, difficoltà durante il travaglio, disturbo da stress post-traumatico e in casi estremi alla morte.

La Sierra Leone ha tra i più alti tassi di MGF in tutta l’Africa. Nel 2019 un’indagine ha portato alla luce che l’83% delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni hanno subito l’intervento, percentuale ridotta rispetto a pochi anni prima, quando si aggirava attorno al 90%. Di queste, una gran parte aveva in realtà tra i 10 e i 14 anni.

Ad aver contribuito ad avviare il cambiamento è stata la morte di tre ragazze a gennaio 2024 a causa della MGF: Kadiatu Bangura, 17 anni, Salamatu Jalloh, 13 anni, e Adamsay Sesay, 12 anni, scomparse appena due anni dopo la morte di Maseray Sei, 21 anni, causata da emorragia acuta e shock dopo aver subito la stessa tortura nel dicembre 2021.

A continuare a legittimare indirettamente queste tragedie è la mancanza nel Paese di una legge specifica che criminalizza la MGF, che insieme alla mancata azione del governo mette migliaia di donne e bambine a rischio.

Sebbene l’ONU abbia approvato nel 2012 una risoluzione per vietare la pratica, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF) stima che più di 230 milioni di ragazze e donne viventi abbiano subito mutilazioni genitali femminili nei 31 paesi in cui essa è praticata. Inoltre, ogni anno più di 4 milioni di ragazze sono a rischio, la maggior parte di età inferiore a 15 anni.

La MGF è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani e delle donne e come una forma estrema di discriminazione di genere, oltre che una violazione dei diritti dei bambini. Le MGF violano i principi di uguaglianza e non discriminazione in base al sesso, oltre che i diritti alla salute, alla sicurezza e all'integrità fisica, alla dignità, il diritto di essere liberi da torture e trattamenti crudeli, inumani o degradanti e il diritto alla vita quando la procedura provoca la morte.

Perché continua ad esistere?

Alcune società lo ritengono un rito di passaggio all’età adulta, ma viene usata soprattutto per sopprimere la sessualità delle ragazze o garantire la loro castità, giustificata quindi dai testi religiosi.

Talvolta le MGF sono considerate un prerequisito matrimoniale, ed è per questo che molti genitori vi sottopongono le figlie temendo che altrimenti possano essere ineleggibili per il matrimonio.

Esattamente un anno fa, nel luglio 2024, la Sierra Leone ha vietato il matrimonio infantile, ma per liberare veramente le donne deve anche porre fine alle MGF, in quanto entrambi sono legati all’oppressione patriarcale.

Il Paese, tra quelli con il più alto tasso di matrimonio infantile (800.000 spose bambine), mortalità materna e gravidanza adolescenziale al mondo, ha fatto la storia quando il presidente ha firmato il Prohibition of Child Marriage Act 2024.

La legislazione stabilisce che i colpevoli siano puniti con la reclusione fino a 15 anni e le sopravvissute possano chiedere giustizia e risarcimento. Tuttavia, la legge non riesce ad intervenire per sradicare la MGF.

Un grande progresso è stato fatto l’8 luglio 2025, quando con una sentenza la Corte di Giustizia della Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale (Ecowas) ha ordinato alla Sierra Leone di criminalizzare le mutilazioni genitali femminili dopo aver ascoltato il caso di una donna brutalmente costretta a sottoporsi alla pratica. La storia a cui si riferiscono è quella di Kadijatu Balaima Allieu, che ne è stata vittima nel 2016 e ha poi avuto la forza di rivolgersi alle istituzioni.

La Corte ha definito la MGF come "una delle peggiori forme di violenza contro le donne".

È una sentenza che giunge in un periodo di forte attenzione sul tema, in seguito all’elezione il 21 giugno scorso di Julius Maada Bio, già presidente del Paese, come presidente dell'Ecowas.

La speranza diffusa è stata smorzata da un comunicato stampa del 7 luglio in cui il Parlamento sierraleonese afferma che la legge "non contiene alcuna disposizione che imponga una multa, una sanzione o una punizione specificamente rivolta alle MGF"

Attualmente l'atto è in attesa dell'assenso presidenziale, e si dice che tale decisione determinerà se egli verrà ricordato come il più grande presidente dalla parte dei diritti umani di tutti i tempi o meno.

La Repubblica della Sierra Leone è membro della Commissione dell'Unione Africana (UA) che si è impegnata a porre fine alle MGF e chiede la ''sradicazione di tutte le forme di violenza di genere...compresa la mutilazione genitale femminile".

L'iniziativa mira a raggiungere zero mutilazioni genitali femminili entro il 2030 in tutta l’Africa, uno tra gli obiettivi sostenibili che si è posta anche l’intera comunità globale.

La speranza è che il Paese segua l'esempio di Kenya, Camerun e Tanzania, vieti la MGF e metta in atto misure severe per rendere responsabili coloro che praticano l'orribile crimine.

L'UNICEF, che lavora con i governi a livello nazionale e regionale, guida insieme all’UNFPA il più grande programma al mondo per porre fine alle MGF, lanciato nel 2008 con lo scopo di sensibilizzare sui danni causati dalle stesse.

Per raggiungere un cambiamento sono necessari sforzi coordinati e sistematici sul piano internazionale, che devono coinvolgere intere comunità e concentrarsi sulla tutela dei diritti umani e dell'uguaglianza di genere.

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