di Andrea Buono
A salvarsi dal naufragio di domenica sera (stesso inizio con handicap dell'anno scorso: un punto nelle prime due giornate con squadre sulla carta in lotta per non retrocedere) sono stati soltanto, a sorpresa, Baldanzi e Shomurodov, oltre che il solito Svilar.
Di giocatori con quella voglia e quel furore abbiamo assolutamente bisogno.
Per il resto, sembriamo non imparare mai dagli errori. Ritardo-fotocopia della passata stagione sul mercato (speriamo di chiudere oggi per Danso ed entro venerdì per Kone: alzerebbero il livello con le caratteristiche che De Rossi chiede da tempi non sospetti), ma già l'arrivo di Ghisolfi solo a giugno, quando piani e strategie dovrebbero essere già ben delineati, non lasciava presagire nulla di buono.
Così come la scelta caduta di nuovo, dopo Monchi e Pinto, su un direttore sportivo a secco di esperienza in Serie A e di conoscenza di una piazza difficile come Roma.
Speriamo di sovvertire il paradosso di Achille e la tartaruga, col quarto (ora quinto) posto sempre più sfuggente chimera.
Capitolo gioco: la squadra, nonostante i milioni spesi (perché 23 milioni subito per Le Fee, che non serviva quanto ad esempio un Bellanova, costato all'Atalanta appena due milioni in più?), è ancora stucchevolmente la stessa di maggio, vero (ed il centrocampo, in particolare, ha mostrato ancora una volta di essere incompleto), ma di gioco nelle prime due uscite non v'è stata traccia. Della solidità difensiva punto di forza con Mourinho, neanche.
Doveroso premettere tutta la grande stima, come professionista ed uomo, per De Rossi, che noi tutti ci auguriamo possa diventare grande con noi, malgrado le tante difficoltà.
Ma come l'anno scorso ha dimostrato (si guardi, per esempio, alla splendida gara di San Siro in Uefa) di saper fare necessità virtù col materiale a disposizione, non dovrebbe, al netto delle buone idee di calcio che vuole mettere in mostra, tendere ad irrigidirsi su moduli o interpretazioni tattiche, ma provare anche ad adeguare il gioco agli interpreti.
Perché la permanenza di Dybala, unico fuoriclasse di questa squadra, non può mai essere un problema. L'argentino non è (in primis anagraficamente) il Totti del lungo fine-carriera: nonostante gli acciacchi, è decisivo e prestante, come dimostrano gli incredibili numeri in termini di gol e assist in queste due stagioni. Si trovi un modo per far coesistere ed esaltare il talento. Ma la società assecondi Daniele. Meglio tardi che mai.
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