Il taglio doveva essere eseguito da sinistra verso destra e poi verso l'alto mentre ci si trovava nella classica posizione giapponese detta seiza, cioè in ginocchio con le punte dei piedi rivolte all'indietro; ciò aveva anche la funzione di impedire che il corpo cadesse all'indietro poiché, secondo il codice morale allora seguito, il guerriero deve morire cadendo onorevolmente in avanti.Per preservare ancora di più l'onore del samurai, un fidato compagno, chiamato kaishakunin, previa promessa all'amico, decapitava il samurai appena egli si era inferto la ferita all'addome in modo che il dolore non gli sfigurasse il volto. La decapitazione (kaishaku) richiedeva eccezionale abilità e infatti il kaishakunin era l'amico più abile nel maneggio della spada: un errore derivante da poca abilità o emozione avrebbe infatti causato notevoli ulteriori sofferenze. L'importanza e l'abilità erano vitali visto che la testa non doveva staccarsi dal corpo (sarebbe stato un disonore se avesse toccato terra distante dal corpo), ma il colpo doveva recidere di netto solo la parte posteriore del collo (recante spina dorsale e midollo) e lasciare la parte anteriore, formata solo dai muscoli e tessuti molli, come collegamento.Il più noto caso di seppuku collettivo è quello dei quarantasette ronin, celebrato anche nel dramma Chūshingura, mentre uno tra i più recenti è quello dello scrittore Yukio Mishima, avvenuto nel 1970; in quest'ultimo caso il kaishakunin Masakatsu Morita, in preda all'emozione, sbagliò ripetutamente il colpo di grazia e pertanto dovette intervenire Hiroyasu Koga, che decapitò lo scrittore.Una delle descrizioni più accurate di un seppuku è quella contenuta nel libro Tales of old Japan (1871) di Algernon Bertram Mitford[6], ripresa in seguito da Inazo Nitobe nel suo libro Bushidō, l'anima del Giappone (1899). Mitford fu testimone oculare del seppuku eseguito da Taki Zenzaburo, un samurai che, nel febbraio 1868, aveva dato l'ordine di sparare sugli stranieri a Kōbe e, assuntasi la completa responsabilità del fatto, si era dato la morte con l'antico rituale.Nel 1889, con la costituzione Meiji, venne abolito come forma di punizione. Un caso celebre fu quello dell'anziano ex-daimyō Nogi Maresuke, che si suicidò nel 1912 alla notizia della morte dell'imperatore. Casi di seppuku si ebbero al termine della seconda guerra mondiale tra quegli ufficiali, spesso provenienti dalla casta dei samurai, che non accettarono la resa del Giappone.Con il nome di jigai il seppuku era previsto, nella tradizione della casta dei samurai, anche per le donne; in questo caso il taglio non avveniva al ventre bensì alla gola dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte durante l'agonia. Anche di ciò è presente una descrizione nel citato libro di Mishima A briglia sciolta. La protagonista dell'opera Madama Butterfly di Puccini muore facendo uno jigai.L'arma usata poteva essere il tantō, anche se più spesso, soprattutto sul campo di battaglia, la scelta ricadeva sul wakizashi, detto anche "guardiano dell'onore", la seconda lama,più corta della katana,che era portata di diritto dai soli samurai.
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