lunedì 15 marzo 2021

ERNST FRIEDRICH, INTERNATO IN MANICOMIO, IN “GUERRA ALLA GUERRA!” RACCONTÒ CON LE IMMAGINI DEI SOLDATI MUTILATI QUELLO CHE LA PROPAGANDA DI STATO OMETTEVA SULLA GRANDE GUERRA

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“Chiunque costringa una persona ad andare in guerra o faccia propaganda a favore del genocidio, sarà ritenuto responsabile della vita dei soldati e garantirà con i propri beni e con la propria vita! Se il re fa appello alla bandiera, la proteggerà lui stesso! Se il soldato è ridotto in miseria, il re andrà a mendicare con lui! Per ogni capanna bruciata in guerra sarà incendiato un palazzo o un castello! E per ogni morto al fronte, anche un re o un ministro "troverà riposo" servendo la patria "nei campi d'onore"! E ogni 10 giornalisti che fanno propaganda a favore della guerra, uno verrà preso in ostaggio per riscattare la vita di un soldato!”

Un piccolo estratto dal testo “Guerra alla guerra” che Ernst Friedrich, un giovane anarchico tedesco, decise di pubblicare nel 1924 per fornire nel suo paese, e non solo, una reale immagine di quello che era stato il primo conflitto mondiale. Nel libro, che sarà poi tradotto in diverse lingue e letto in numerose nazioni, vi era un’ampia rassegna di fotografie. Immagini durissime, che ben raffiguravano la terribile violenza che si era scatenata sui campi di battaglia. Una immane carneficina a cui Ernst si era rifiutato di partecipare, pagando con l’internamento in manicomio il suo rifiuto a combattere per la patria.
Dietro la patria, in Germania come altrove, in realtà c’erano solo gli interessi delle classi dirigenti istituzionali e amministrative, degli apparati militari, dell’industria bellica. Interessi per cui milioni di uomini versarono il sangue, rimasero mutilati, persero la vita, uccisero altri poveri cristi come loro, colpevoli solo di avere un’uniforme diversa.
Ernst riuscì anche ad organizzare un museo anti-guerra a Berlino, che chiaramente venne chiuso dai nazisti appena preso il potere. Perseguitato, fu costretto all’esilio. Tornò dopo il secondo conflitto mondiale. Visse fino all’ultimo dei suoi giorni denunciando la strisciante propaganda nazionalista che usava i morti, i mutilati, i fucilati dai plotoni d’esecuzione, per costruire divisioni e conquistare facili consensi.
Una propaganda che purtroppo va avanti ancora oggi.
Una propaganda contro cui ribadì sempre che la guerra come ogni fenomeno universale può e deve avere una fine. Chi dice il contrario è perché, dall’alto della sua posizione sociale, dei suoi privilegi, del suo scranno, è sicuro che a morire in una trincea non ci andrà mai.


Cronache Ribelli
 

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