sabato 18 ottobre 2014

Stato-mafia. Siino: “Il Ros coprì Mannino in un’informativa”

mannino-Redazione-"Nel rapporto che vidi sei mesi prima di essere arrestato c’era il nome di Mannino. In quel rapporto Mannino veniva indicato come il ‘gestore’ di quella che era la gestione illecita di appalti ben determinati”.
Sono queste le parole del collaboratore di giustizia Angelo Siino, ascoltato nella giornata di oggi nell'ambito del processo sulla trattativa Stato mafia: grazie alle sue dichiarazioni è stato possibile confermare l'esistenza di due rappporti "mafia e appalti" del Ros, il quale protetto, a scapito della Procura palermitana, l'ex ministro.
Era stato il pm Roberto Tartaglia, dieci giorni fa, a render nota l'esistenza di due informative del Ros: nella prima,  depositata dai Carabinieri il 20 febbraio 1991, non vi era traccia del nome di politici, tanto meno quello di Calogero Mannino. Solo nella seconda venivano scritti in chiaro i nomi dell'ex ministro, di Salvo Lima e di Rosario Nicolosi. Venne comunque depositata oltre un anno dopo, il 5 settembre del ’92, a seguito di una “non prevista campagna di stampa che rischiava di far scoppiare lo scandalo”. In essa, inoltre, vi erano acquisizioni investigative sui politici di un anno antecedenti alla data del primo rapporto. 
Di fatto, dunque, il documento venne contraffatto, riempito di omissioni che, secondo l'accusa, sarebbero state “frutto di preliminari intese con gli stessi Nicolosi e Mannino, che avevano contattato i Carabinieri". Ma chi sarebbe stato il fautore della manomissione? L'unico a poter cancellare i nomi eccellenti era l’allora comandanteAntonio Subranni, amico, appunto, dell'ex ministro. 
“Salvo Lima mi disse che questo rapporto gli era stato dato, aggiungendo che dovevo stare attento in quanto c’erano personaggi che avevano intenzione di fregarmi e a lui dispiaceva perchè ero il suo unico referente nei grandi appalti nella provincia di Palermo”, ha raccontato, durante la sua deposizione, il pentito. Nel suo racconto, inoltre, emergono i nomi di due personaggi che, secondo la sua ricostruzione, furono coinvolti nel caso: "Il rapporto mi fu dato dal maresciallo Lombardo della stazione di Cinisi insieme a un personaggio che poi è scomparso (Brugnano, ndr). Lombardo mi disse che aveva la possibilità di farmelo leggere e di intervenire con certi personaggi per cercare di mitigare questa cosa”.
Entrambi i personaggi, Brugnano e Lombardo furono trovati morti in circostanze misteriose.
Le rivelazioni del pentito, però, non si fermano qui: "Quando ci fu l’accusa di vicinanza mafiosa del Mannino immediatamente partì l’input di mettersi a disposizione di Mannino da parte di Guazzelli", ha infatti raccontato, riferendosi al maresciallo dei Carabinieri assassinato il 4 aprile 1992. "Me lo disse Rosario Cascio che sapeva della sua conoscenza con Mannino”.
Guazzelli, ha aggiunto, "non mi disse di essere amico di Mannino, ma che se gli avesse chiesto una cortesia gliel’avrebbe fatta”. E, d'altronde, secondo Siino, nei primi anni Settanta vi era una vicinanza tra il maresciallo e mafia: "L’ho visto incontrarsi con esponenti di Cosa nostra", ha spiegato infatti. "Con Rosario Cascio, una persona avvicinata dalla famiglia mafiosa di Castelvetrano Francesco Messina Denaro e da suo figlio, un confidente dei carabinieri. Guazzelli era un uomo per tutte le stagioni a volte era un amico altre volte era un nemico."
"Una volta", ha proseguito, "l’ho visto uscire dopo aver incontrato Totò Di Gangi, reggente della famiglia di Sciacca, mi preoccupai ma mi dissero di non preoccuparmi, era la fine degli anni ’80”. 
Inoltre, "c’erano rapporti anche con Peppe De Caro, mi disse che non c’erano problemi con Guazzelli, me lo disse quando De Caro era latitante in contrada Grassa, contrada di Canicattì, questo episodio risale a qualche anno prima dell’uccisione del De Caro da parte degli stiddari. In quella giornata ero con Peppe Capizzi, con Di Gangi, e con Antonio Guarneri famoso latitante. Guazzelli l’ho visto che usciva da una stradella che era vicina a delle case dove si incontrava il De Caro con tutta la società mafiosa di Agrigento. Ho visto uscire una macchina dopo che è uscito Guazzelli ho visto che c’era De Caro. Ho chiesto a De Caro se c’era Guazzelli e lui mi disse di non preoccuparmi”.
Poi, improvvisamente, Guazzelli prese le distanze da Cosa Nostra: "cominciai a guardarlo non più come amico del colonnello Russo, e quindi amico mio, ma con sospetto", ha ammesso Siino. "De Caro mi disse che era un poco sbirro, era uno che si metteva a disposizione."


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