Quella volta che conobbi Angelo “Boia Chi Molla” Tofalo
Tra tre giorni sarà passato un anno esatto da quando mi recai per la prima volta della mia vita a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Ci andai per lavorare: ero stato gentilmente chiamato dai curatori di una rassegna letteraria a presentare “Un Grillo Qualunque”, il mio libro sul Movimento 5 Stelle, la crisi della rappresentanza politica e l’emergere del marketing elettorale in rete.
Come capita a quelli che vanno in giro a parlare, non conoscevo nessuno a Cava. Avevo ricevuto l’invito e ritengo praticamente un obbligo andare anche dove non ho amici e compagni da incontrare. Avendo l’onere e l’onore di scrivere mi sento in dovere di confrontarmi, discutere, ragionare con chiunque voglia farlo eccetto che con fascisti e razzisti. Spesso mi capita di trovarmi in giro per l’Italia, riabbracciare fratelli e sorelle e sentirmi come se fossi a casa, ospite della grande comunità dei movimenti e dei bellissimi posti che abbiamo costruito e difeso in questi anni. Altre volte ho il piacere di recarmi in luoghi diversi. Insomma, quella sera nella ridente cittadina del salernitano doveva essere archiviata nel faldone della mia memoria che raccoglie la categoria “Sentire altre campane, conoscere altri mondi”.
Mi trovai in una sala non troppo gremita ma vivace, se ben ricordo all’interno di un circolo del tennis. Ben presto mi accorsi che buona parte dei posti era occupata da un gruppetto che ridacchiava emettendo suoni acuti e borbottava all’unisono. Erano esponenti del M5s salernitano. Si presentarono con tanto di telecamera, secondo il modello di Striscia la Notizia. Dapprima lo trovai divertente. Chi mi conosce sa che la polemica mi piace e che non mi sottraggo al confronto aspro, sono cose che trovo stimolanti. Nonostante l’imbarazzo dei cortesi organizzatori dell’evento, non mi sentii minacciato né dal numero dei miei contestatori (una proporzione di 10 a 1, all’incirca), né dall’obiettivo puntato in attesa di chissà quale gaffe o rivelazione del sottoscritto. Devo confessarlo: mi sentivo quasi lusingato.
Alla fine della presentazione, mi si avvicinò uno che poteva essere mio coetaneo, un tizio con gli occhiali e la barbetta. Mi allungò la mano sorridendo. Gliela strinsi. Lui mi disse: “Volevo farti i complimenti per come sfrutti il sudore di noi militanti del Movimento 5 Stelle per fare soldi”. Chiunque sa che coi libri non ci si arricchisce se non ci si chiama Fabio Volo, Marco Travaglio o Benedetta Parodi. E la logica dell’accusa è quantomeno dubbia: allora chi scrive libri sul Pd o Alba Dorata sta sfruttando i militanti di quei partiti? Ma lasciamo perdere la ragionevolezza. La cosa mi ferì perché nella mia scala di valori sfruttare qualcuno è grave quasi quanto uccidere o stuprare.
Devo ammettere che per qualche secondo ebbi la forte tentazione di allungare una testata al mio interlocutore. Poi mi guardai ai lati. Vidi la squadretta di grillini attorno a me e la lucetta rossa della telecamera da una parte. Nel giro di pochi attimi decisi che non era il caso di scendere ad argomentazioni più prosaiche. Subito dopo mi accorsi del fatto che, per usare un eufemismo, i miei interlocutori non erano esattamente dei leoni: mi trovavo praticamente da solo, in una città che non conoscevo, in mezzo a gente che non avevo mai visto, alla quale non era bastato sfotticchiare e alludere pesantemente. Bisognava spingersi fino all’intimidazione vis-à-vis.
Ma non fu la sproporzione numerica il maggiore indizio di arroganza. Scoprii poco dopo che quel tizio con gli occhiali e la barbetta che ghignava insulti si chiamava Angelo Tofalo. Sapeva già di essersi piazzato, grazie a un paio di centinaia di voti raccolti su un blog, in cima alla lista del Movimento 5 Stelle nel collegio “Campania 2”. Dunque, in virtù delle magie del Porcellum era già deputato in pectore. Tofalo sarebbe poi diventato membro del Comitato di controllo dei servizi. Quella sera aveva mostrato l’arroganza dei potenti, quella che siamo abituati a riconoscere negli occhi degli uomini di potere di qualunque tipo: uno che praticamente era già parlamentare aveva deciso di insultare gratuitamente un giornalista precario che non aveva mai visto e che con tutta evidenza non apparteneva a nessuna consorteria. Lo aveva fatto soltanto perché quel giornalista la pensava diversamente da lui.
Tornando in albergo, quella sera di dodici mesi fa mi dissi che c’era qualcosa di malato in quell’atteggiamento. Che la mia intuizione era giusta e che quello non era il modo di costruire un’alternativa al potere, che era un altro potere che si andava costruendo manipolando il sacrosanto rancore di tanta gente e la legittima insofferenza delle vittime della crisi.
Ps
Voglio aggiungere che non penso che Tofalo e i suoi coraggiosi amichetti siano tecnicamente “fascisti”, nonostante questi abbia orgogliosamente urlato “Boia chi molla!” dal suo scranno di Montecitorio. Quello che penso su grillismo e fascismo l’ho scritto qui(*).
Voglio aggiungere che non penso che Tofalo e i suoi coraggiosi amichetti siano tecnicamente “fascisti”, nonostante questi abbia orgogliosamente urlato “Boia chi molla!” dal suo scranno di Montecitorio. Quello che penso su grillismo e fascismo l’ho scritto qui(*).
http://suduepiedi.net/2014/01/la-volta-che-conobbi-angelo-boia-chi-molla-tofalo/
(*)Grillo e il fascismo: tre analogie che contengono differenze
Intruppati in una fila, si sa, gli italiani danno sempre il peggio. Vengono fuori gli istinti più bassi.
Erano in coda davanti al Viminale per registrare il loro simbolo, l’altra notte, i militanti del Movimento 5 Stelle capitanati dal loro Capo-Comico Beppe Grillo. Quando ecco che davanti alle telecamere dei “fascisti del terzo millennio” di CasaPound, anche loro da quelle parti per presentarsi alle elezioni, Grillo ha finalmente ammesso quanto sospettavamo da tempo: l’antifascismo, per l’attore genovese improvvisatosi leader politico, è roba vecchia. Le questioni “importanti” sono altre, ha detto in soldoni il socio di Casaleggio, tanto che uno di CasaPound potrebbe anche entrare nel suo “Movimento”. Non ci sarebbero problemi.
È un paragone pericoloso, da maneggiare con molta cura, quello tra grillismo e fascismo. Perché rischia di apparire ideologico e di essere semplificatorio, di costituire una scorciatoia che ci impedisce di comprendere le specificità della situazione contemporanea. Eppure, vista la storia di questo paese, è un accostamento inevitabile, che presenta delle analogie che al loro interno contengono differenze. Proviamo ad elencare alcune questioni, fermandoci su quelle più generali legate al metodo e alla costituzione materiale del grillismo ed omettendo in questa sede di segnare alcuni goal a porta vuota parlando di analogie che riguardano questioni di merito e di contenuti (in primis, le vergognose posizioni di Grillo su migranti e cittadinanza).
La prima riguarda la composizione sociale del grillismo. Quando ci accorgemmo che Beppe Grillo stava organizzando gerarchicamente – secondo gerarchie di vecchio e nuovo tipo, organizzative e mediatiche - la frustrazione di tanta gente ci si parò davanti la celebre immagine evocata da Walter Benjamin nelle sue “considerazioni sull'opera di Nikolaj Leskov”: gli uomini che tornano dalle trincee della Prima guerra mondiale e non hanno parole per raccontare l’orrore della guerra. Accadde che qualcuno riuscì a trovare le parole per ri-costruire la storia al posto loro e nacque il fascismo, il movimento che ebbe il compito di trasformare la rivoluzione in reazione, trasportare parole di ribellione dentro frame di conservazione.
Tornano dalle trincee della grande guerra che il capitale ha dichiarato al lavoro i soldati dell’esercito precario. E molti di loro si sono messi, disciplinati e ipnotizzati, in fila ad applaudire i comizi-spettacolo di Beppe Grillo. Sono abituati all’orrore dello sfruttamento flessibile e dell’impossibilità di progettare il futuro. Abituati a farsi maltrattare, tanto da trovarsi a loro agio nel grillismo proprio per il fatto che chi tira le fila e possiede il logo dei 5 Stelle (il famigerato “Staff”, termine che non a caso viene dall’universo aziendale) maltratta, mobbizza, espone al pubblico ludibrio, mette in concorrenza tra di loro i militanti.
La seconda analogia riguarda l’uso della tecnologia e dei media come strumento totalitario.Anche qui, ovviamente, ci sono delle differenze di contesto col fascismo tradizionale. Il web di Grillo&Casaleggio non è un’arena di confronto e conflitto, uno spazio striato dentro al quale far valere le proprie posizioni e conquistare consensi. È uno strumento usato in maniera verticale, per appiattire le differenze, uno spazio presentato come liscio e aconflittuale dentro al quale Grillo fa valere il proprio capitale di notorietà (acquisito in televisione) per imporre il proprio linguaggio (fatto sempre più di quelle “idee senza parole”, irrazionali e al fondo inspiegabili, che secondo Furio Jesi caratterizzano la cultura di destra) ed esercitare la sua autorità. Nel famoso fuorionda, l’epurando bolognese Giovanni Favia, disse tra le altre cose che dentro il Movimento 5 Stelle l’unico a poter parlare a milioni di persone è Grillo. Gli altri al massimo dispongono del loro profilo Facebook. Quindi o si adeguano o scompaiono dalla comunicazione pubblica. Una dichiarazione che fa il paio con il divieto ai comuni mortali di partecipare a trasmissioni televisive. Ecco dunque che, come nei sogni di ogni reazionario che si rispetti, la fantomatica “Rete” diventa lo strumento perfetto per trasformare i Molti in Uno, per ricondurre la moltitudine a popolo.
L’uso dei media (e della Rete) per costruire obbedienza rimanda alla terza analogia.L’aspirazione, più volte ribadita, dei grillini è quella di rappresentare “tutto il popolo italiano”. Non esistono parzialità, differenze di classe, conflitti. Il “popolo” è la massa omogenea e pacificata, unita in nome di chissà quale identità. "Noi siamo fuori da queste guerre ideologiche. Ecco la nostra forza, poter discutere con tutti i cittadini liberamente e senza pregiudizi. Qui non si tratta di fascismo o anti fascismo, si tratta di far pensare le persone e fargli capire che queste barriere sono morte e che se si vuole veramente cambiare le cose si devono abbandonare questi vecchi ideali che ci dividono e fatto ingrassare la casta, seguite bene il discorso di Beppe . La vostra è una vecchia contrapposizione tanto vecchia quanto inutile". Sono parole scritte oggi su Facebook dal Movimento 5 Stelle di Fiano Romano. E il cerchio si chiude.
Tratto da:
http://www.globalproject.info/it/in_movimento/grillo-e-il-fascismo-tre-analogie-che-contengono-differenze/13287
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