Il ricorso sempre più frequente all'utilizzo di nuovi biomateriali e l'applicazione di nuove tecnologie in Ortopedia sono ormai divenuti una importante realtà nella pratica chirurgica quotidiana. Le case produttrici, al giorno d'oggi, sono in grado di mettere a disposizione del chirurgo una gamma infinita di materiali e di strumentari che consentono di rendere sempre più agevole l'approccio chirurgico alla parte interessato. Nel caso del ginocchio, la continua ricerca di nuove tecnologie e l'introduzione di nuovi materiali rivestono un ruolo di notevole importanza sia nella chirurgia artroscopica sia nella chirurgia artrotomica. Ce ne parla il dottor Piero Volpi, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia del Ginocchio e di Traumatologia dello Sport dell’Istituto Clinico Humanitas.
Dov’è concentrata, oggi, l’attenzione dei ricercatori?
“Sempre più frequentemente ci troviamo di fronte a casi clinici complessi con deformità assiali importanti, pazienti che devono subire reinterventi, pazienti che riferiscono allergie a metalli (nichel, cromo) per cui può essere indicato il ricorso all'utilizzo di biomateriali specifici o il ricorso all’applicazione di opportune biotecnologie. Sulla base di queste necessità, nell'ambito della chirurgia artrotomica la maggior parte dell'attenzione dei ricercatori si è concentrata sulla chirurgia protesica. Nell’ambito dei biomateriali, invece, la ricerca è continua da parte dei bioingegneri per trovare nuovi materiali biocompatibili con caratteristiche sempre più simili al tessuto osseo, che offrano una buona osteointegrazione, sempre più resistenti all'usura con coefficienti di attrito sempre minori.
Quali materiali offrono le migliori prospettive?
“Negli ultimi anni sono stai introdotti in chirurgia ortopedica nuovi materiali come il tantalio trabecolare, il titanio poroso ed il titanio trabecolare. Il tantalio trabecolare, introdotto da qualche anno, ha una struttura (geometricamente simile all'osso spongioso) che sembra favorire l'osteointegrazione all'interfaccia protesi-osso. I risultati avuti sino ad ora sull’osteointegrazione sono incoraggianti, ma andranno comunque valutati in futuro, quando saranno possibili studi con un maggior numero di pazienti e a distanza di tempo dall'impianto. Il titanio trabecolare ed il titanio poroso sono due materiali di più recente introduzione nel campo ortopedico, e per avere risultati clinici attendibili è sicuramente necessario ancora del tempo. Il tantalio trabecolare può essere fornito dalle case produttrici anche sottoforma di blocchi di diverse forme e spessori. Si è visto che possono essere molto utili in caso di pazienti con grosse deformità, con gravi difetti ossei, soprattutto durante le revisioni protesiche, a livello femorale, tibiale o rotuleo. Tramite questo blocchi in tantalio trabecolare si riuscirebbero a riempire i difetti ossei creando così un'impalcatura in grado di integrarsi con l'osso sottostante impedendo l'affondamento delle componenti protesiche”.
Si studia anche per migliorare i design delle protesi?
“Certamente. Oltre allo sviluppo di nuovi materiali, le case produttrici si sono da tempo dedicate alla ricerca per lo sviluppo del design protesico, mettendo a disposizione dei chirurghi una serie di impianti sempre più vasta e completa. Di recente introduzione, le protesi femoro-rotulee e le protesi sesso specifiche (gender). In particolare l’attenzione si è concentrata soprattutto su queste ultime, le quali, tramite opportune modifiche eseguite sulla componente protesica femorale, sembrerebbero rispecchiare meglio l'anatomia femminile e quindi aiutare il chirurgo nella scelta della taglia protesica definitiva, limitando così la possibilità di disturbi femoro-rotulei nel post-operatorio. Andranno comunque eseguiti lavori a più ampia scala negli anni a venire per confermare i buoni risultati ottenuti in questi primi anni”.
E sul fronte della chirurgia artroscopia?
“Anche nel campo della chirurgia artroscopica il ricorso a nuove tecnologie e biomateriali è in continuo aumento. L'attenzione si è concentrata soprattutto sulla possibilità di ricostruire in maniera biologica parti dell'articolazione lesionate o rimosse durante interventi precedenti, come i menischi, la cartilagine e i legamenti crociati. Non si può quindi non parlare del ricorso sempre più frequente alle cellule staminali e ai fattori di crescita, campo in continua evoluzione e ricerca che sembra promettere di risolvere molte patologie fino ad ora considerate senza trattamento specifico”.
L’utilizzo delle cellule staminali è dunque realtà?
“Molti danni cartilaginei e meniscali oggi possono essere trattati utilizzando l'innesto locale di cellule staminali su appositi substrati o attraverso infiltrazione locale. Secondo i risultati di recenti studi questo sembra permettere la rigenerazione di tessuto cartilagineo fino alla riparazione del danno attraverso la differenziazione di filoni di cellule totipotenti. Tali risultati vanno valutati attentamente , perché le cellule staminali potrebbero essere la soluzione a numerose patologie articolari, senza comunque abusarne e farne uso smodato prima di avere ulteriori conferme cliniche”.
Una continua attenzione è riservata anche alla ricostruzione legamentosa.
“Da anni si sta cercando di trovare un materiale sintetico adatto alla ricostruzione legamentosa che abbia le stesse caratteristiche di un trapianto autologo. I risultati clinici negli anni passati non sono stati incoraggianti, anche se alcune esperienze hanno comunque offerto delle basi di partenza per continuare la ricerca in questo settore. Negli ultimi anni si è assistito anche ad una evoluzione continua delle tecniche chirurgiche, per eseguire ricostruzioni legamentose il più possibile anatomiche. Se fino ad alcuni anni fa la ricostruzione legamentosa del crociato anteriore veniva effettuata esclusivamente con la tecnica di ricostruzione a monofascio, oggi si tende a prendere sempre più in considerazione la tecnica a doppio fascio, che offre una stabilità ottimale del ginocchio”.
Infine, un cenno alla chirurgia computer assistita?
“Da molti anni accompagna la chirurgia ortopedica e viene utilizzata soprattutto nella protesica per valutare le dimensioni dei segmenti scheletrici in esame, i rapporti articolari e le deformità. Inoltre permette di constatare il corretto posizionamento delle componenti protesiche durante l'intervento chirurgico, offrendo l'opportunità di correggere in tempo reale l'orientamento delle componenti stesse. Di recente si stanno aprendo nuove frontiere all'utilizzo del navigatore anche nella chirurgia non protesica: sembra infatti possa essere applicato anche nella ricostruzione legamentosa o nelle osteotomie, valutando così in tempo reale l'orientamento dei tagli e dei tunnel ossei e potendo adattare meglio la tecnica chirurgica all’anatomia del singolo paziente. Tutte queste innovazioni certo rappresentano un’arma importante a disposizione del chirurgo ortopedico per poter gestire al meglio il paziente affetto da una patologia al ginocchio: non dimentichiamo, tuttavia, che l'esperienza del chirurgo e la corretta indicazione all’intervento restano comunque essenziali. e solo l’insieme di tutte queste condizioni può garantire un buon risultato”.
http://www.humanitasricerca.org/chirurgia-ginocchio.html
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